26/07/2001 Leggi & Fisco75 Minuti

PIANO SANITARIO NAZIONALE 98/2000 PARTE 1

Sivelp

310. SANITA’ PUBBLICA Z) Provvedimenti vari Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000 (1/circ). IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l’art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che demanda al Governo la predisposizione e l’adozione del Piano sanitario nazionale, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, d’intesa con la Conferenza permanente per i …

310. SANITA’ PUBBLICA Z) Provvedimenti vari Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000 (1/circ). IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l’art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che demanda al Governo la predisposizione e l’adozione del Piano sanitario nazionale, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; Visto l’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Visto l’art. 3, comma 1, lettera a) della legge 15 marzo 1997, n. 59; Visto l’art. 115, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che conserva allo Stato l’adozione, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano unificata con la Conferenza Stato città ed autonomie locali, del Piano sanitario nazionale; Vista la preliminare deliberazione adottata dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 15 maggio 1998; Acquisito il parere delle Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Preso atto dell’intesa intervenuta nell’ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano unificata con la Conferenza Stato città ed autonomie locali nella seduta del 9 luglio 1998; Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione del 16 luglio 1998; Sulla proposta del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e gli affari regionale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; Decreta: 1. È approvato il Piano sanitario nazionale 1998-2000 nel testo risultante dall’atto di intesa tra Stato e Conferenza unificata, di cui all’allegato. Piano sanitario nazionale 1998-2000 Un patto di solidarietà per la salute La salute è un bene fondamentale per la persona e per la collettività. Un sistema di servizi sanitari equo ed efficace è un determinante essenziale, anche se non esclusivo, per garantire la partecipazione alla vita sociale e l’espressione delle capacità individuali a tutti i cittadini, nel rispetto del principio di uguaglianza delle opportunità all’interno dell’intera collettività di cittadini. La garanzia di uguali opportunità di accesso ai servizi sanitari rappresenta l’obiettivo principale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e l’elemento fondamentale che ne determina la forma di finanziamento e i criteri di organizzazione. Il finanziamento attraverso la fiscalità generale, la distribuzione dei servizi secondo criteri di equità, la gratuità al momento del consumo rappresentano le tre condizioni necessarie (ancorché non sufficienti) per impedire che barriere finanziarie, geografiche o sociali ostacolino l’efficace fruizione del diritto alla salute. I princìpi fondamentali dei sistemi sanitari di tipo universalistico, ai quali si ispira il Ssn, sono: 1. universalità di accesso. L’accesso ai servizi sanitari non deve essere subordinato alla verifica di criteri di eligibilità “sociale” né di disponibilità finanziaria, ma soltanto alla valutazione professionale della necessità di interventi sanitari. 2. eguaglianza nella accessibilità ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti. L’eliminazione di barriere geografiche all’accesso deve essere garantita dalla programmazione territoriale dei servizi, mentre la gratuità al momento del consumo deve assicurare la rimozione di eventuali barriere economiche alla utilizzazione dei servizi. 3. condivisione del rischio finanziario. Il sistema di finanziamento deve garantire che il contributo individuale sia indipendente dal rischio di malattia e dai servizi ricevuti, ma determinato esclusivamente dalla capacità contributiva. Le evidenze internazionali dimostrano che i sistemi sanitari ispirati a questi princìpi non solo producono maggiore equità sociale, ma permettono anche un migliore controllo della spesa sanitaria. Il sistema sanitario del nostro Paese ha contribuito in modo significativo al miglioramento delle condizioni di salute della popolazione. I principali indicatori di salute, quali la mortalità infantile e perinatale, e l’aspettativa di vita pongono l’Italia ai primi posti nel mondo, ben al di sopra di molti paesi che dedicano alla sanità una quota più alta del loro Prodotto Interno Lordo (Pil). In Italia, la quota di risorse finanziarie complessivamente destinate alla sanità, sia in rapporto al Pil sia in termini pro-capite, è nella media dei paesi dell’Ocse, inferiore a quella impegnata dai paesi europei a più elevato sviluppo economico e molto più bassa di quella osservata in Usa e Canada. Il Ssn presenta tuttavia necessità di cambiamento e opportunità di miglioramento. L’elevata frequenza di cittadini che si dichiarano insoddisfatti di numerosi aspetti del Ssn impone l’individuazione di modelli di risposta più adeguati alle crescenti aspettative della popolazione. L’esigenza di rispettare i vincoli imposti dagli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, esigenza resa più stringente dai parametri fissati dall’Unione Europea, richiede uno sforzo di tutti gli attori del sistema sanitario volto al miglioramento dei livelli di efficienza del sistema. La necessità del cambiamento non è peraltro soltanto italiana né è un problema semplicemente congiunturale. La riforma dei sistemi sanitari è un fenomeno mondiale. Negli ultimi dieci anni, i governi di tutti i paesi del mondo hanno tentato di ripensarne i princìpi generali. Anche il Ssn italiano ha partecipato a questo vasto, e spesso incoerente, movimento di riforme. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 costituisce un momento fondamentale di tale processo, in concomitanza con il dibattito sulla revisione del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche e integrazioni. Il cambiamento è reso necessario da fattori endogeni al sistema sanitario (come l’innovazione tecnologica e lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, relative alle possibilità di trattamento così come alle forme di organizzazione dell’assistenza) e fattori esogeni (come la dinamica demografica e i mutamenti sociali). Tale cambiamento non si esaurisce in una maggiore produttività, ma richiede un profondo ripensamento della organizzazione e del funzionamento del Ssn nel suo insieme. La riorganizzazione dei servizi da sola non basta; sono anche necessari interventi esterni al sistema, che possono avere un impatto sulla salute pari, o addirittura superiore, a quello dei servizi sanitari. Un sistema sanitario moderno, che guarda al terzo millennio, non può ritornare ai modelli degli anni ’70 né può limitarsi alla transizione degli anni ’90, ma deve svilupparsi promuovendo la collaborazione dei diversi livelli di responsabilità in modo da realizzare un sistema al contempo autenticamente nazionale e locale. Nazionale, in quanto capace di garantire livelli di assistenza uniformi sull’intero territorio e all’intera collettività di cittadini, assicurando servizi accreditati secondo criteri uniformi, sia per gli aspetti strutturali sia per quelli organizzativi. Locale, in quanto valorizza le responsabilità regionali e aziendali nella programmazione, nella produzione e nella erogazione dei servizi sanitari. E’ quindi necessario proseguire e rendere più incisivo il processo di regionalizzazione e di aziendalizzazione del sistema, improntando il servizio sulla collaborazione fra tutti i livelli del Ssn, oltre che fra il Ssn stesso e le istituzioni e i soggetti sociali con i quali interagisce. Il contesto sociale mutevole e complesso pone l’esigenza di avviare nel Paese un vero e proprio patto di solidarietà per la salute, che impegni le istituzioni preposte alla tutela della salute e una pluralità di soggetti: i cittadini; gli operatori sanitari; le istituzioni; il volontariato; i produttori, non profit e profit, di beni e servizi di carattere sanitario; gli organi e gli strumenti della comunicazione; la comunità europea e internazionale. I risultati di salute non dipendono infatti solo dalla qualità tecnica delle prestazioni, ma trovano radici più profonde nella responsabilizzazione dei soggetti coinvolti e nella loro capacità di collaborare. La promozione della salute non può prescindere dalla maturazione di una coscienza civile e dalla assunzione da parte di tutti i cittadini di una responsabilità personale diretta e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, in termini di diritti così come di doveri, avvalendosi di tutti gli organismi di partecipazione e concertazione utili per una gestione territoriale della salute. La valorizzazione delle competenze e delle disponibilità professionali ed umane degli operatori del Ssn rappresenta uno degli obiettivi fondamentali del PSN 1998-2000. Gli operatori sanitari sono lo strumento essenziale per assicurare il buon funzionamento del servizio, l’efficacia degli interventi e la soddisfazione dei cittadini. L’umanizzazione del rapporto medico-paziente e di tutte le situazioni di incontro fra cittadini e Servizio sanitario nazionale è la strada prioritaria per realizzare il patto di solidarietà per la salute. Gli sforzi in questa direzione costituiscono un investimento etico, qualificano la relazione terapeutica e la rendono più efficace. La ricerca sui determinanti non sanitari della salute ha evidenziato il ruolo critico di fattori sociali ed economici, che si pongono al di fuori delle possibilità di controllo individuale ed esulano dalla sfera di intervento del sistema dei servizi sanitari. Gli interventi su questi determinanti della salute richiedono un coordinamento intersettoriale, a livello sia governativo sia regionale e locale, che si traduca in strategie condivise per obiettivi comuni. La salute, intesa come benessere fisico, psichico e sociale, non è il mero prodotto dell’amministrazione sanitaria e dei correlati servizi articolati nel Paese. Deve rappresentare, piuttosto, un obiettivo perseguito da tutte le istituzioni che, pur non avendo una diretta competenza sanitaria, esercitano funzioni che possono incidere sullo stato di salute della popolazione. Il volontariato rappresenta un momento forte del nuovo patto solidale, in ragione del suo contributo alla umanizzazione del servizio e per le istanze etiche di cui è portatore. Con la sua presenza contribuisce a dar voce ai bisogni dei soggetti svantaggiati e svolge un ruolo importante nella valutazione partecipata della qualità dell’assistenza. La tutela del diritto del cittadino a prestazioni tempestive e qualificate implica che i pubblici poteri non solo eroghino direttamente tali servizi, ma definiscano gli spazi in cui si sviluppano il settore pubblico e il privato. I produttori di beni e servizi sanitari (non profit e profit) sono elementi rilevanti del panorama sanitario e, nel contesto di una definizione strategica degli obiettivi, sono chiamati a concorrere al progetto di tutela e promozione della salute. Il mondo della comunicazione riveste un ruolo rilevante nel diffondere l’informazione e le conoscenze scientifiche, nel favorire l’adozione di modelli di comportamento e di stili di vita, nel determinare aspettative e bisogni nei confronti della salute e dei servizi sanitari. La crescente attenzione dei mezzi di informazione ai fenomeni della sanità, nella cronaca quotidiana e nella divulgazione scientifica, richiede un impegno preciso del mondo dell’informazione in termini di equilibrio, obiettività e completezza e un loro coinvolgimento attivo nel progetto di promozione e tutela della salute. La strategia sanitaria del nostro Paese deve trovare connessioni e sinergie efficaci a livello internazionale, anzitutto coi paesi europei e dell’area del Mediterraneo, sia in relazione alla intensità dei flussi migratori sia nei confronti dei paesi meno sviluppati, per motivazioni di solidarietà e di promozione umana oltre che di efficacia degli interventi. Nell’ambito del nuovo Mercato Comune Europeo assume una particolare importanza l’attività di prevenzione e controllo sulla circolazione delle merci e dei prodotti. Il potenziamento delle attività di prevenzione per garantire qualità e sicurezza dei prodotti e dellemerci rappresenta in particolare un investimento, per la salute della popolazione e per lo sviluppo economico del paese, in quanto assicura competitività in campo internazionale. Alla luce di tali considerazioni, il Psn 1998-2000 assume come idee forti i seguenti nove punti qualificanti: 1. rafforzare l’autonomia decisionale degli utenti 2. promuovere l’uso appropriato dei servizi sanitari 3. diminuire le diseguaglianze nei confronti della salute 4. favorire comportamenti e stili di vita per la salute 5. contrastare le patologie più importanti 6. aiutare a convivere attivamente con la cronicità 7. percorrere le strade dell’integrazione socio sanitaria 8. rilanciare la ricerca 9. investire nelle risorse umane e nella qualità del sistema La possibilità di una scelta consapevole tra diverse opzioni diagnostiche e terapeutiche da parte dell’utente implica che l’informazione divenga uno degli aspetti decisivi nel rapporto tra Ssn e cittadini. La transizione da una concezione paternalistica ad una concezione democratica dell’assistenza sanitaria incontra ancora molti ostacoli, sia sul versante delle professioni sanitarie sia su quello degli utenti. A questo scopo, nel corso della formazione (di base e in servizio) del personale sanitario è indispensabile fornire conoscenze e competenze concernenti: – elementi di epidemiologia clinica, volti a consentire al personale sanitario di presentare in modo razionale e probabilistico gli effetti delle diverse opzioni diagnostico-terapeutiche; – elementi di teoria della comunicazione, sociologia e antropologia, miranti al riconoscimento e al rispetto, di fronte alla salute e alla malattia, delle diverse identità culturali; – elementi di economia, volti a rafforzare la consapevolezza delle ricadute economiche delle decisioni e della necessità di allocazioni soddisfacenti dal punto di vista della collettività; – elementi di etica nei rapporti fra professionista e paziente, volti a promuovere un’attenzione costante ai fondamenti etici delle scelte professionali e alla umanizzazione del servizio. Il rafforzamento della capacità decisionale degli utenti trova limiti obiettivi nelle asimmetrie informative proprie di tutti i settori ad elevata specializzazione professionale. La maggiore capacità delle professioni sanitarie di ridurre l’ampia variabilità che oggi caratterizza l’erogazione delle prestazioni a fronte di problemi clinici e assistenziali simili costituisce un presupposto necessario per l’esercizio consapevole del diritto alla salute. L’ampia variabilità nella risposta assistenziale rinvia a problemi di appropriatezza nell’utilizzazione delle risorse e a potenziali iniquità nell’accesso e nella utilizzazione dei servizi sanitari. A questo scopo il Piano sanitario nazionale 1998-2000 avvia un processo di definizione di linee di guida consensuali, che rappresentano, da un lato, un terreno di accordo professionale sulle migliori strategie diagnostico-terapeutiche alla luce delle conoscenze scientifiche e, dall’altro, un elemento di trasparenza nei rapporti con il pubblico. Nel nostro Paese si osservano diseguaglianze rilevanti relativamente alle condizioni di salute: le persone, i gruppi sociali e le aree geografiche meno avvantaggiati presentano un maggior rischio di morire, di ammalarsi, di subire una disabilità, di praticare stili di vita rischiosi. Le cause sono complesse e risiedono nelle condizioni di vita e di lavoro della popolazione, nella dotazione di risorse materiali, nelle relazioni sociali, negli stili di vita e nell’accesso ai sistemi di cura. Le politiche per la salute devono contrastare le diseguaglianze irrobustendo le capacità delle persone e delle comunità di adottare comportamenti sani, migliorando l’accesso ai servizi e incoraggiando il cambiamento culturale ed economico. Con queste premesse, un modo importante per raggiungere gli obiettivi del Piano è migliorare la salute dei gruppi di popolazione meno sani riducendo le differenze rispetto ai gruppi più favoriti. Nella popolazione sana la prevenzione della malattia e il mantenimento dello stato di salute si basano sull’identificazione e sul controllo dei fattori di rischio e dei comportamenti individuali che favoriscono l’insorgenza delle patologie, nonché sull’identificazione e sul controllo dei fattori ambientali nocivi alla salute. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 si propone di promuovere la condivisione fra i cittadini di stili di vita per la salute. Il Piano sanitario nazionale individua le patologie che colpiscono la popolazione italiana e che provocano il maggior carico di morte, disabilità e malattia. Si propone di contrastarle attraverso interventi di prevenzione primaria e secondaria e di promuovere l’efficacia dei programmi assistenziali. L’incremento delle persone malate e non autosufficienti, in particolare anziane, pone il problema di gestire la propria condizione sviluppando al contempo le opportunità di partecipazione alla vita sociale. Per affrontare la cronicità è anzitutto necessario garantire continuità all’intervento di cura, privilegiando tutti i fattori che contribuiscono a rendere accettabile la qualità di vita a quanti, persone malate e loro familiari, vivono per lungo tempo in situazioni di difficoltà. In particolare è necessario garantire, fin quando è possibile, la permanenza a casa delle persone malate croniche non autosufficienti fornendo cure domiciliari, interventi di sostegno alle famiglie, assistenza domiciliare integrata. La complessità di molti bisogni richiede la capacità di erogare risposte fra loro integrate, in particolare sociosanitarie. Se non vengono predisposte condizioni istituzionali e gestionali per coordinare gli interventi dei diversi settori impegnati nella produzione di servizi, l’integrazione professionale non può bastare per migliorare la qualità e l’efficacia delle risposte. Per questo le Regioni devono incentivare le collaborazioni istituzionali entro ambiti territoriali adeguati a partire dalla dimensione distrettuale, formulando in via preferenziale piani unitari dei servizi sanitari e sociali, a livello regionale e sub-regionale, tenendo distinti i flussi di finanziamento dei rispettivi ambiti di attività. La elaborazione di piani di zona dei servizi, in particolare dei servizi ad elevata integrazione sociosanitaria, può essere un’utile premessa per ottimizzare le risorse, facilitare le responsabilizzazioni e le collaborazioni. Gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale 1998-2000 sono fortemente innovativi rispetto alle aree di intervento, all’assetto organizzativo e ai modelli di funzionamento del Ssn. Lo sviluppo di un’efficace strategia di ricerca, finalizzata a fornire le conoscenze scientifiche su cui basare le politiche sanitarie, la programmazione degli interventi e l’organizzazione della pratica clinica e assistenziale rappresenta la condizione necessaria per perseguire tali obiettivi e per valutare l’efficacia degli interventi. Gli investimenti per la prevenzione, la cura e la riabilitazione fondano in grande misura la loro efficacia sui contenuti relazionali del rapporto tra operatori del Ssn e utenti. Gli ostacoli e le resistenze che gli operatori sanitari devono superare sono considerevoli, soprattutto quando il loro campo visivo si concentra su singoli aspetti dei problemi da affrontare, non garantendo un approccio globale. Per questo vanno approfondite le condizioni per qualificare l’efficacia e l’umanizzazione degli interventi. A tale scopo è necessario un profondo cambiamento di mentalità ai diversi livelli, a partire dai fondamenti etici del lavoro di cura, attraverso la diffusione di sistemi premianti, la formazione permanente, la sperimentazione, le collaborazioni intersettoriali, lo sviluppo delle funzioni manageriali. Parte I Gli obiettivi di salute Un Progetto nazionale per la salute Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 ha come obiettivo principale la promozione della salute, a cui finalizzare l’organizzazione e l’erogazione di prestazioni e servizi sanitari. Tale scelta, legata al riconoscimento che i determinanti della salute si estendono ben oltre le possibilità di intervento dei servizi sanitari, impone un’ampia assunzione di responsabilità, a livello individuale e collettivo. Impone inoltre modificazioni culturali e strategiche volte alla elaborazione di politiche intersettoriali di promozione della salute. Il Progetto nazionale per la salute si articola nei seguenti obiettivi prioritari: I. promuovere comportamenti e stili di vita per la salute; II. contrastare le principali patologie; III. migliorare il contesto ambientale; IV. rafforzare la tutela dei soggetti deboli; V. portare la sanità italiana in Europa. Gli obiettivi di salute identificati dal Psn 1998-2000 sono il frutto di un’analisi del quadro epidemiologico della popolazione italiana, come evidenziato dalla Relazione sullo stato sanitario del paese 1996 del Ministero della Sanità, del confronto con le indicazioni e gli obiettivi proposti per l’anno 2000 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per le nazioni appartenenti alla Regione Europea, oltre che della valutazione delle concrete possibilità di intervento nel corso del prossimo triennio. Il triennio 1998-2000 segna l’avvio di un Progetto nazionale per la salute che si estende lungo un arco temporale che va oltre l’anno 2000. Il periodo di validità del Psn 1998-2000 coincide con la prima fase di un percorso di miglioramento dei livelli di salute che si propone traguardi realizzabili nel medio e lungo periodo. Gli obiettivi individuati non esauriscono tutti i bisogni di salute del Paese. Altri obiettivi, non espressamente richiamati, costituiscono aree di grande interesse che potranno essere assunti dalle Regioni a partire da analisi epidemiologiche specifiche. Per ciascun obiettivo di salute sono enunciati i traguardi da raggiungere e le azioni da privilegiare. I traguardi da raggiungere sono esplicitati in termini generali, con riguardo alla direzione di tendenza da promuovere o da rafforzare, e ove possibile in termini puntuali, con riferimento ai valori da raggiungere a livello nazionale. Tendenze e traguardi sono riassunti nella tabella n. 1 riportata al termine della parte II del presente Piano. La linea base e le fonti a cui fare riferimento per il monitoraggio delle tendenze osservate nel triennio sono indicate contestualmente ai singoli obiettivi. Le azioni enunciate con riguardo ai singoli obiettivi forniscono prime indicazioni circa gli interventi da privilegiare e le attività da sviluppare nei piani regionali e aziendali. In virtù dell’intersettorialità degli interventi proposti, le azioni funzionali alla realizzazione degli obiettivi di Piano risultano spesso complementari. Pertanto, con riguardo ai singoli obiettivi, sono state indicate le attività principali a cui dovranno ispirarsi le azioni, tralasciando l’inserimento (ed evitando la duplicazione) di interventi già compresi tra quelli relativi ad altri obiettivi individuati in altre parti del Psn. Ai fini della valutazione delle azioni intraprese, oltre agli indicatori di obiettivo di cui sopra, sono comuni a tutti gli obiettivi due parametri verificabili a livello centrale, regionale e locale, relativi al numero di: – linee guida prodotte, adottate e diffuse, – campagne di prevenzione e informazione realizzate, tenuto conto della numerosità della popolazione effettivamente raggiunta. Ulteriori precisazioni tecnico-operative sui traguardi da raggiungere, sugli interventi da privilegiare e sugli indicatori da utilizzare per il monitoraggio dei risultati saranno oggetto di successivi documenti di indirizzo, sotto forma di Linee guida, proposte metodologiche e supporti informativi. Obiettivo I Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute. Numerose condizioni di morbosità, disabilità e mortalità prematura possono essere prevenute attraverso l’adozione di modelli comportamentali e stili di vita positivi, socialmente condivisi. Con l’Obiettivo I, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 propone di promuovere l’adozione di comportamenti e stili di vita in grado di favorire la salute e di sostenere la diffusione di attività di controllo e di riduzione dei fattori di rischio, soprattutto con riguardo ai gruppi sociali più svantaggiati, attraverso azioni concernenti: – Alimentazione – Fumo – Alcol – Attività Fisica Alimentazione Nell’ambito dei fattori in grado di aumentare la capacità individuale a controllare, mantenere e migliorare lo stato di salute, l’alimentazione riveste un ruolo fondamentale. In particolare, il conseguimento di alcuni standard nutrizionali raccomandati (Linee guida per una sana alimentazione italiana dell’Istituto Nazionale della Nutrizione, 1997) appare in grado di determinare importanti riduzioni nell’incidenza e nella mortalità per patologie cardio e cerebrovascolari e per tumore del colon-retto, oltre che per numerose altre patologie (diabete, ipertensione, ecc.). Analogamente, la riduzione dell’obesità è un importante obiettivo di salute collegato all’alimentazione e all’attività fisica. In tale ottica appare necessario promuovere l’adozione di modelli alimentari mediterranei basati principalmente su cibi di origine vegetale, attraverso il perseguimento del seguente obiettivo di carattere generale: L’alimentazione della popolazione italiana dovrà tendenzialmente adeguarsi agli standard nutrizionali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici. In particolare, appare prioritario il perseguimento dei seguenti obiettivi specifici. Nella alimentazione della persona adulta, la percentuale di energia derivante dai grassi non deve essere superiore al 30%, quella derivante dai grassi saturi deve essere inferiore al 10%, quella derivante da carboidrati deve essere superiore al 55% e quella derivante da zuccheri deve essere inferiore al 10%. La quantità di sale da cucina deve essere inferiore ai 6 grammi/die. La prevalenza di persone obese (più di 30 di Imc, indice di massa corporea) deve essere ridotta. NEL PERIODO 1990-94 L’INDAGINE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DELLANUTRIZIONE HA RILEVATO I SEGUENTI VALORI:percentuale di energia da grassi totali35,7%percentuale di energia da grassi di origine animale13,0%percentuale di energia da carboidrati totali48,4%percentuale di energia da zuccheri semplici12,6%percentuale di energia da proteine15,9% NELL’ANNO 1994 SONO STATE RILEVATE DALL’ISTAT LE SEGUENTI PREVALENZE DI PERSONE OBESE NELLE PERSONE DI 18 ANNI E PIÙ:uomini7,5%donne7,0% A tal fine, vengono indicate le seguenti azioni specifiche, che comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali: – programmi di educazione alimentare mirati a sviluppare un orientamento critico e responsabile nei riguardi dei comportamenti alimentari e a favorire l’adozione di standard nutrizionali sani; – interventi di promozione della conoscenza della qualità dei prodotti alimentari e di verifica della correttezza delle informazioni ai consumatori; – attività di promozione della produzione e della diffusione di prodotti consoni ad una corretta alimentazione; – azioni di monitoraggio della ristorazione collettiva, in particolare nei contesti scolastici, lavorativi e di comunità, e di incentivo alla diffusione di proposte alimentari dietetiche. A tal fine sarà elaborato uno specifico Progetto Obiettivo per l’alimentazione e la nutrizione. Fumo Consolidate evidenze scientifiche dimostrano la relazione esistente tra abitudine al fumo di tabacco, esposizione a fumo passivo e stato di salute. È attribuibile al fumo il 90% delle morti per tumore polmonare, i due terzi delle morti per broncopneumopatia cronica e un quarto delle morti per malattie cardiovascolari. I rischi aumentano in modo proporzionale al crescere del numero di sigarette fumate ma appaiono parzialmente reversibili nel tempo: a 15 anni dall’interruzione dell’abitudine al fumo i rischi di morte degli ex-fumatori si avvicinano a quelli dei non fumatori. Anche l’esposizione passiva al fumo di sigaretta costituisce un importante fattore di rischio; è stato osservato un aumento della frequenza di tumori polmonari, dell’infarto del miocardio e delle malattie delle vie respiratorie nei soggetti esposti a fumo passivo. Il Psn 1998-2000 propone di perseguire i seguenti obiettivi di carattere generale. La prevalenza di fumatori e la quantità quotidiana di sigarette fumate devono ridursi. In particolare, appare prioritario il perseguimento dei seguen ti obiettivi specifici. La prevalenza di fumatori di età superiore ai 14 anni non deve superare il 20% per gli uomini ed il 10% per le donne. Deve tendere a zero la frequenza delle donne che fumano durante la gravidanza. Deve ridursi la prevalenza dei fumatori fra gli adolescenti. NELL’ANNO 1996 SONO STATI RILEVATI DALL’ISTAT I SEGUENTI VALORI NELLE PERSONE DI 14 ANNI E PIÙ: prevalenza fumatoriuomini 34,9%donne 17,6%percentuale ex fumatoriuomini 26,9%donne 12,2%numero medio di sigarette fumate al giorno nei fumatoriuomini 16donne 12 A tal fine, vengono indicate le seguenti azioni specifiche, che comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali: – promuovere il rispetto del divieto del fumo nei locali pubblici e negli ambienti di lavoro; – promuovere l’attuazione di interventi di educazione sanitaria, con particolare riferimento alla popolazione in età scolare, selezionando rigorosamente gli interventi di cui è nota l’efficacia; – realizzare campagne mirate a promuovere l’interruzione del fumo fra le donne in gravidanza; – diffondere misure preventive basate sulle prove; – vigilare sulla corretta applicazione dei limiti alla pubblicità diretta e indiretta; – sostenere azioni volte a favorire la disassuefazione dal fumo, impegnando anche i medici di medicina generale con programmi strutturati di provata efficacia; – promuovere iniziative volte alla limitazione del consumo di tabacco fra i minori di 16 anni. Alcol L’abuso di alcol è causa diretta di malattia e uno dei principali determinanti di incidenti. Gli effetti acuti dell’ingestione di quantità eccessive di alcol possono condurre ad un aumento del rischio di mortalità o morbosità per incidenti stradali e domestici e possono minare la sicurezza di condizioni e ambienti di lavoro. L’abuso cronico di alcol ha un ruolo eziologico diretto in alcune patologie specifiche (cirrosi alcolica, sindrome feto-alcolica, psicosi alcolica, ecc.) e favorente in numerose altre. Alla luce delle attuali evidenze scientifiche relative agli effetti di fattori biologici, genetici, ambientali e comportamentali e delle tendenze registrate nel corso degli ultimi anni in Italia (significativa riduzione dei consumi alcolici pro-capite) appare opportuno orientare prioritariamente l’intervento di promozione della salute verso i forti consumatori a più alto rischio. Il Psn 1998-2000 propone la realizzazione dei seguenti obiettivi (in riferimento alla situazione rilevata nel 1995). La prevalenza dei consumatori di bevande alcoliche che eccedono i 40 grammi/die di alcol, per i maschi, ed i 20 grammi/die di alcol, per le donne, dovrà ridursi del 20%. Inoltre, la prevalenza dei consumatori di bevande alcoliche fuori pasto dovrà tendenzialmente ridursi del 30%. NELL’ANNO 1995 SONO STATI RILEVATI DALL’ISTAT I SEGUENTI VALORI NELLE PERSONE DI 14 ANNI E PIÙ: bevono oltre 1/2 litro di vino al giornouomini 12,2%donne 1,8%bevono oltre 1/2 litro di birra al giornouomini 1,9%donne 0,3%bevono alcolici fuori pastouomini 35,3%donne 10,1% A tal fine, sono indicate le seguenti azioni specifiche, di prevenzione primaria e di promozione della moderazione dei consumi, che comprendono provvedimenti nazionali e interventi regionali e locali: – interventi di regolamentazione della pubblicità dei prodotti alcolici; – misure di regolamentazione dell’informazione sul contenuto alcolico delle bevande, con esplicito riferimento ai possibili effetti dannosi; – azioni di controllo della qualità dei prodotti alcolici e di riduzione del grado alcolico delle bevande; – campagne di educazione sanitaria, differenziate per i diversi gruppi di popolazione; – campagne mirate a controllare i consumi alcolici fra le donne in gravidanza e a promuovere l’interruzione del consumo; – sostegno ad iniziative volte alla disassuefazione dall’alcol, impegnando anche i medici di medicina generale con programmi strutturati di provata efficacia; – attività di regolamentazione e monitoraggio della distribuzione degli alcolici in ambito collettivo e di comunità; – misure volte a favorire il rispetto dei limiti di concentrazione ematica di alcol durante la guida; – regolamentazione della vendita di alcolici in coincidenza di manifestazioni sportive e culturali e nelle autostrade; – misure fiscali volte a disincentivare il consumo di alcolici; – promozione di iniziative che limitino la vendita di bevande alcoliche ai minori. Sono inoltre necessarie azioni mirate al miglioramento dell’assistenza e della riabilitazione dei soggetti alcol-dipendenti. Attività fisica Nell’ambito dell’adozione di stili di vita sani l’attività fisica riveste un ruolo fondamentale. Il ruolo protettivo dell’esercizio fisico regolare è stato dimostrato soprattutto nei riguardi delle patologie cardio e cerebrovascolari, ma anche di quelle osteoarticolari e metaboliche. Appare possibile prevedere il perseguimento dei seguenti obiettivi (il riferimento è alla rilevazione del 1995): La prevalenza di persone (giovani e adulti) che praticano regolarmente (almeno una volta la settimana) attività fisico-sportiva nel tempo libero dovrà aumentare in media del 10%, e comunque non meno del 10% fra gli anziani. NELL’ANNO 1995 SONO STATI RILEVATI DALL’ISTAT I SEGUENTI VALORI RELATIVI ALLA PRATICA DI ATTIVITÀ FISICO-SPORTIVA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA O PIÙ: uomini 23,2%donne 13,3%uomini 15-19 anni 46,3%donne 15-19 anni 26,0%uomini 65 anni e più 4,2%donne 65 anni e più 1,1% A tal fine, possono essere indicate le seguenti azioni specifiche, da sviluppare nei piani regionali e aziendali: – iniziative rivolte a promuovere l’attività fisica nella popolazione generale; – campagne mirate specificamente a promuovere l’attività fisica fra gli anziani; – coordinamento e sviluppo di iniziative, da attivare con il coinvolgimento delle organizzazioni del settore, per la promozione dell’attività fisica tra i giovani. Obiettivo II Contrastare le principali patologie. L’obiettivo II del Psn 1998-2000 si propone di contrastare le principali patologie che colpiscono la popolazione italiana e provocano il maggior carico di morte e disabilità o malattia prevenibili attraverso interventi di prevenzione primaria e/o secondaria. I criteri adottati per l’individuazione delle aree cruciali di intervento sono: 1. l’importanza della patologia, in termini di mortalità prematura, di malattia e/o di disabilità evitabile, 2. la disponibilità di interventi efficaci di prevenzione primaria o di diagnosi precoce. Le aree cruciali di intervento individuate sono: – Malattie cardio e cerebrovascolari – Tumori – Malattie infettive – Incidenti e malattie professionali. Per le aree di intervento selezionate saranno evidenziati gli interventi di prevenzione primaria e di diagnosi precoce (quando possibili). Miglioramenti nell’assistenza sanitaria potranno sensibilmente contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della mortalità e della disabilità nonché di aumento della qualità della vita. Le quattro aree di intervento selezionate non esauriscono il quadro delle condizioni cui il Ssn deve far fronte. In un apposito paragrafo sono indicate altre condizioni morbose, che richiedono particolare attenzione, e per le quali sono previsti progetti speciali e normative specifiche ai quali si rimanda. Malattie cardio e cerebrovascolari Le patologie del sistema circolatorio sono responsabili del 44% dei decessi registrati in Italia nel 1993. La mortalità per malattie cardio e cerebrovascolari è in diminuzione nel periodo 1971-1993. Particolare attenzione meritano le differenze registrate nella incidenza e nella mortalità in relazione alle diverse aree geografiche e condizioni socioeconomiche dei diversi gruppi di popolazione. I principali fattori di rischio riconosciuti a livello individuale e collettivo per le malattie ischemiche del cuore e per gli accidenti cerebrovascolari sono l’abitudine al fumo di tabacco, la ridotta attività fisica, gli elevati livelli di colesterolemia e di pressione arteriosa. Tali fattori di rischio possono essere influenzati attraverso la modificazione delle abitudini alimentari e dello stile di vita già affrontati nell’Obiettivo I del Piano sanitario nazionale 1998-2000. Quando la riduzione dell’esposizione ai fattori di rischio non è sufficiente, è necessario ricorrere ad un adeguato trattamento farmacologico dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia. Il Psn 1998-2000 si propone di realizzare i seguenti obiettivi (in riferimento alla situazione della mortalità del 1993): La mortalità derivante da malattie ischemiche del cuore dovrà ridursi di almeno il 10%. La mortalità derivante da malattie cerebrovascolari dovrà ridursi di almeno il 10%. Le diseguaglianze in termini mortalità fra aree geografiche e fra gruppi sociali dovranno ridursi. La qualità della vita del paziente affetto da patologie cardio e cerebrovascolari dovrà migliorare. LE STATISTICHE DI MORTALITÀ DELL’ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITÀ (PER 10.000 AB., ETÀ 45 – 74 ANNI): malattie ischemiche del cuore: uomini 23,0malattie ischemiche del cuore: donne 7,0malattie cerebrovascolari: uomini 10,0malattie cerebrovascolari: donne7,0 A tal fine, vengono indicate le seguenti azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: a) Interventi finalizzati alla prevenzione nella popolazione generale Gli interventi dovranno essere focalizzati sui benefìci derivanti dalla abolizione o dalla riduzione del fumo, dalla adozione di stili di vita caratterizzati da una sana alimentazione e da un aumento dell’attività fisica, dal perseguimento di livelli ottimali per quanto riguarda la colesterolemia e la pressione arteriosa. Le azioni potranno avvalersi di campagne di educazione sanitaria e di sensibilizzazione degli operatori sanitari, per il controllo dei fattori di rischio nella popolazione. b) Interventi finalizzati alla prevenzione nelle persone a rischio Gli interventi dovranno essere mirati alla diminuzione dei livelli dei fattori di rischio e alla prevenzione delle complicanze nelle persone già affette da una patologia cardiovascolare. Le azioni potranno essere finalizzate a: – l’identificazione e l’assistenza differenziata dei soggetti ad alto rischio, – la produzione, la diffusione e l’adozione di Linee guida per l’assistenza ai soggetti ipertesi e ipercolesterolemici,- l’attivazione di programmi di riabilitazione. Tumori In Italia i tumori rappresentano circa il 30% delle cause di morte. Le neoplasie del polmone, del colon-retto e dello stomaco sono le cause di morte più frequenti fra gli uomini, cui si aggiungono, per le donne, i tumori della mammella e dell’utero. È possibile stimare in circa 270.000 i nuovi casi di tumore diagnosticati ogni anno in Italia e in circa un milione i pazienti con tumore. Sulla base delle dinamiche registrate tra il 1970 e il 1990, la diminuzione dei tumori dello stomaco e il contestuale incremento dei tumori colorettali e della mammella lasciano prevedere, per il futuro, una stabilizzazione complessiva dei tassi di incidenza dei tumori maligni per gli uomini e un consolidamento della riduzione dei tassi per le donne (pari, nel periodo esaminato, al 7%). La sopravvivenza, a cinque anni dalla diagnosi, è complessivamente in lieve aumento (in analogia con il resto dell’Europa) e pari, per l’insieme dei tumori maligni, al 40%, con intuibili differenze fra i tumori a prognosi più sfavorevole, quali quelli polmonare e gastrico, rispetto a quelli con prognosi più favorevole, quali le neoplasie della mammella e dell’utero. Particolare attenzione meritano le differenze registrate nella incidenza, nella sopravvivenza e nella mortalità per tumori in relazione alle diverse aree geografiche del territorio nazionale e alle differenti condizioni socioeconomiche dei diversi gruppi di popolazione. Numerose evidenze scientifiche documentano i fattori di rischio favorenti l’insorgenza delle neoplasie maligne. I fattori legati al comportamento (fumo e alimentazione) e all’ambiente di vita e di lavoro (inquinamento e esposizione ad alcuni cancerogeni, in particolare amianto, benzene e cloruro di vinile monomero) possono essere direttamente o indirettamente modificati attraverso le attività finalizzate alla prevenzione primaria indicate negli Obiettivi I e III del Piano sanitario nazionale 1998-2000. La realizzazione di programmi di screening selettivi e di diagnosi precoce possono contribuire a contrastare specifiche forme di neoplasie. I risultati in termini di mortalità di questi interventi di prevenzione potranno essere osservati solo nel medio termine, ben oltre i limiti temporali di validità formale del Piano sanitario nazionale 1998-2000, e comunque nell’ipotesi di azioni costanti e durature. Si ritiene comunque necessario individuare fin d’ora il programma di intervento ed indicare i relativi obiettivi tendenziali, specifici per le diverse neoplasie. Indicazioni operative di settore sono state individuate dalla Commissione Oncologica Nazionale nelle apposite Linee guida pubblicate sulla G.U. del 20 febbraio 1996 (n. 42) e del 1š giugno 1996 (Supplemento Ordinario n. 88). In considerazione delle tendenze dell’incidenza, della mortalità e della sopravvivenza per tumori e alla luce degli interventi proposti, il Psn 1998-2000 si propone di realizzare i seguenti obiettivi generali: La mortalità derivante da tumori maligni dovrà ridursi. Le differenze di sopravvivenza relative ai tumori maligni all’interno del territorio nazionale dovranno ridursi. Le diseguaglianze per i principali tumori in termini di incidenza, sopravvivenza e mortalità fra classi sociali di popolazione dovranno ridursi. La qualità della vita del paziente oncologico dovrà migliorare. In particolare, con riguardo all’obiettivo di riduzione della mortalità per tumori, appare possibile il perseguimento dei seguenti obiettivi specifici nella classe di età 0 -64 anni (in riferimento alla situazione della mortalità del 1993): – la mortalità da tumori maligni dovrà essere ridotta del 10% per gli uomini e del 5% per le donne; – la mortalità derivante da tumore del polmone dovrà essere ridotta del 10% per i maschi e stabilizzarsi per le donne; – la mortalità derivante da tumore della mammella dovrà essere ridotta del 5%; – la mortalità derivante da tumore dello stomaco dovrà essere ridotta del 10%; – la mortalità derivante da tumore del colon-retto dovrà stabilizzarsi; – la mortalità derivante da tumore della cervice dell’utero dovrà essere ridotta del 10%. LE STATISTICHE DI MORTALITÀ DELL’ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITÀ (PER 10.000 AB., ETÀ 0 – 64 ANNI): tumori maligni: uomini11,3donne7,3tumore del polmone:uomini3,7donne0,6tumore della mammella:donne2,0tumore dello stomaco:uomini0,8donne0,4tumore del colon-retto:uomini0,9donne0,7tumore dell’utero:donne0,4 Oltre agli interventi di prevenzione primaria sugli stili di vita e sull’ambiente di vita e di lavoro, di cui agli obiettivi di salute I e III del Psn, sono indicate le seguenti azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: a) Interventi di diagnosi precoce Campagne di screening per la diagnosi precoce e per il controllo periodico dei fattori di rischio. In particolare, risultano efficaci a fronte delle risorse utilizzate i programmi per la diagnosi precoce dei tumori della mammella, del collo dell’utero e, per alcune popolazioni, dell’apparato digerente (in particolare del colon-retto). Sono pertanto da estendere a tutto il territorio nazionale: – lo screening mammografico con periodicità biennale per le donne tra 50 e 69 anni, per il carcinoma mammario; – lo screening tramite pap test con periodicità triennale per le donne tra 25 e 64 anni, per il carcinoma del collo dell’utero; – la diagnosi precoce delle patologie tumorali eredo-familiari invasive e preinvasive nei soggetti riconosciuti ad alto rischio, limitatamente alle patologie per le quali la diagnosi precoce si è dimostrata efficace nel modificare la storia naturale della malattia. Oltre a garantire la valutazione periodica dei livelli di partecipazione da parte della popolazione selezionata, soprattutto dei gruppi meno istruiti e avvantaggiati, i programmi di screening dovranno prevedere: – la predisposizione di Linee guida per la conferma diagnostica dei casi sospetti identificati ed il trattamento tempestivo deicasi confermati; – l’istituzione di un sistema di controllo di qualità dei programmi di diagnosi precoce. b) Interventi per il miglioramento della qualità della vita Programmi di intervento dovranno essere attuati per il miglioramento della qualità della vita dei pazienti affetti da tumore, con particolare riguardo all’umanizzazione dell’assistenza, alla prevenzione delle complicanze e alla riparazione e riabilitazione degli esiti. Le iniziative possono avvalersi dei seguenti interventi: – produzione, diffusione e adozione di Linee guida per l’assistenza ai pazienti oncologici terminali, – attivazione di appropriati programmi di riabilitazione e per la terapia palliativa e del dolore, – diffusione di forme di assistenza domiciliare che favoriscano il concorso della famiglia e della rete sociale del paziente. Va infine promossa la rilevazione della incidenza dei tumori tramite la rete dei Registri Tumori e la realizzazione di stime di incidenza, prevalenza e sopravvivenza per l’intera popolazione italiana. Malattie infettive Le malattie infettive continuano a rappresentare un rilevante problema sanitario, nonostante la disponibilità, per molte di esse, di efficaci interventi preventivi e terapeutici. Ciò può essere attribuito a molti fattori fra cui: – l’incompleta adozione di misure di provata efficacia, come nel caso della prevenzione di talune infezioni ospedaliere e delle malattie prevenibili mediante vaccini; – le mutate condizioni sociali ed epidemiologiche, che favoriscono il riemergere di malattie in via di eradicazione, quali la tubercolosi; – la comparsa di malattie infettive prima sconosciute e la selezione di germi particolarmente virulenti o resistenti agli antibiotici. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua quattro aree prioritarie di intervento: la prevenzione delle infezioni da Hiv; la prevenzione delle infezioni ospedaliere; la prevenzione e il trattamento della tubercolosi; la prevenzione mediante vaccini di quelle malattie per le quali i programmi di vaccinazione presentano un rapporto rischio-beneficio e costo-beneficio favorevole. La prevenzione delle malattie infettive mediante i vaccini è un intervento di sanità pubblica caratterizzato da rapporti rischio-beneficio e costo-beneficio con pochi analoghi fra gli interventi sanitari. L’incidenza di infezioni acquisite in ospedale, che in Italia colpisce tra il 5% e il 10% di tutti i pazienti ricoverati, è un importante e sensibile indicatore della qualità dell’assistenza prestata. Accanto ai tradizionali rischi legati ai problemi di igiene ambientale, particolare rilevanza nella prevenzione delle infezioni ospedaliere assume infatti l’adozione di comportamenti e pratiche professionali e di assetti organizzativi orientati a minimizzare il rischio di trasmissione dell’infezione. La tempestiva identificazione e il trattamento, secondo i regimi raccomandati e per il periodo di tempo necessario delle malattie infettive emergenti e riemergenti, rappresentano gli interventi più efficaci per ridurre il danno individuale nonché le fonti di infezione ed il rischio di trasmissione nella popolazione. La diffusione di ceppi di microrganismi multiresistenti o resistenti ai farmaci di ultima generazione rappresenta una emergenza sanitaria in tutto il mondo e deve essere attentamente sorvegliata e contrastata con interventi efficaci. Sulla base di tali considerazioni sono definiti i seguenti obiettivi specifici. La copertura vaccinale per la popolazione di età inferiore ai 24 mesi, anche immigrata, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente in materia di vaccinazioni obbligatorie, dovrà raggiungere almeno il 95% su tutto il territorio nazionale per Morbillo, Rosolia, Parotite, Pertosse, Haemophilus influenzae. La copertura vaccinale contro l’influenza per la popolazione al di sopra dei 64 anni dovrà raggiungere il 75%. Dovranno essere monitorati gli effetti indesiderati di tutte le vaccinazioni. Il virus della Poliomielite dovrà essere eradicato dal territorio nazionale. L’esito del trattamento dei casi di tubercolosi dovrà essere monitorato, dimostrando che il trattamento farmacologico è stato completato in almeno l’85% dei casi diagnosticati. L’incidenza delle infezioni ospedaliere dovrà ridursi di almeno il 25%, con particolare riguardo a infezioni delle vie urinarie, infezioni della ferita chirurgica, polmoniti post operatorie o associate a ventilazione assistita e infezioni associate a cateteri intravascolari. NELL’ANNO 1995 IL MINISTERO DELLA SANITÀ REGISTRA I SEGUENTI TASSI DI COPERTURA VACCINALE NELLA POPOLAZIONE DI ETÀ INFERIORE AI 24 MESI DI VITA: morbillo 50%pertosse 40%poliomielite 95%Hemophilus >10%Incidenza infezioni ospedaliere5%-10% La lotta alle malattie infettive emergenti e riemergenti si realizza attraverso: – la realizzazione di interventi volti alla sensibilizzazione della popolazione e di tutti gli operatori sanitari nei confronti della prevenzione delle malattie infettive e della importanza di una efficace copertura vaccinale; – l’attivazione o l’adeguamento di sistemi di sorveglianza integrati, che includano sistemi di sorveglianza basati sul laboratorio; – l’attivazione di sistemi informativi di rapida allerta, collegati ad analoghi sistemi europei ed extraeuropei; – l’attivazione di sistemi di sorveglianza della farmacoresistenza, con particolare riguardo alla Tbc umana; – l’adozione di politiche dell’uso del farmaco antimicrobico, nel mondo umano e in quello animale, volte a contrastare lo sviluppo di germi antibiotico-resistenti; – la sorveglianza delle infezioni trasmesse da e con alimenti; – il monitoraggio delle zoonosi; – l’attivazione di un programma per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle infezioni in ogni presidio ospedaliero, orientato sia ai pazienti sia agli operatori sanitari. Tale programma rappresenta un criterio di accreditamento della struttura e deve prevedere l’istituzione di un Comitato di controllo delle infezioni ospedaliere, l’assegnazione di specifiche responsabilità gestionali a personale qualificato e la definizione di politiche di intervento e di protocolli scritti. Particolare attenzione va posta alla sorveglianza e alla prevenzione delle infezioni da Hiv/Aids. Per questo settore, la strategia di intervento è fissata dall’emanando Progetto Obiettivo Aids 1998-2000. Incidenti e malattie professionali Gli incidenti, gli infortuni e le malattie professionali, nonché le loro conseguenze in termini di costi sociosanitari e di qualità della vita, costituiscono un problema prioritario per la sanità pubblica. In questa sezione vengono considerati gli incidenti stradali, gli incidenti domestici, gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali. Incidenti stradali La mortalità associata agli incidenti stradali rappresenta l’1,5-2% della totalità dei decessi. Un numero elevato di morti avviene in età giovanile: fra gli uomini con meno di quaranta anni gli incidenti stradali costituiscono la prima causa di morte. La morbosità associata agli incidenti stradali è rilevante, così come la frequenza di disabilità residue. Il Psn si propone i seguenti obiettivi (in riferimento alla situazione relativa al 1993). La mortalità derivante dagli incidenti stradali dovrà essere ridotta in media del 20% e comunque non meno del 20% nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni. Le menomazioni gravi permanenti conseguenti a incidenti stradali dovranno ridursi. LE STATISTICHE DI MORTALITÀ DELL’ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITÀ (PER 100.000 ABITANTI) PER INCIDENTI STRADALI: tutte le etàuomini 23,7donne 6,515-24 anniuomini 40,9donne 8,9 Oltre agli interventi sugli stili di vita di cui all’Obiettivo I del Psn, sono indicate le seguenti azioni prioritarie: – aumentare l’utilizzo del casco da parte degli utenti di veicoli a motore a due ruote; – aumentare gli standard di sicurezza dei veicoli e diffondere l’uso corretto dei dispositivi di sicurezza (cinture e seggiolini); – migliorare le condizioni di viabilità (segnaletica stradale, illuminazione, condizioni di percorribilità, ecc.) nelle zone ad alto rischio di incidenti stradali, – favorire la guida sicura, attraverso interventi per il rispetto dei limiti di velocità e per ridurre la guida in stato di ebbrezza, in particolare nelle ore serali e notturne; – potenziare i trasporti pubblici. Incidenti domestici Gli incidenti domestici rappresentano un fenomeno di grande rilevanza nell’ambito dei temi legati alla prevenzione degli eventi evitabili. Le persone tendono ad associare situazioni di rischio di infortunio prevalentemente ai luoghi di lavoro e ai mezzi di trasporto. L’ampiezza del fenomeno degli infortuni in ambiente domestico deve peraltro rendere consapevole la collettività che le mura domestiche rappresentano un ambito di sicurezza solo se sono rispettate condizioni di corretto utilizzo degli spazi e degli oggetti. Particolare attenzione deve essere dedicata agli incidenti che coinvolgono gli anziani, soprattutto quelli istituzionalizzati. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 si pone i seguenti obiettivi generali. Il numero di infortuni domestici dovrà ridursi. In particolare, dovrà diminuire l’entità del fenomeno nelle categorie più a rischio, specificamente i bambini e gli anziani. LE STATISTICHE DI MORTALITÀ DELL’ISTAT DEL 1993 FORNISCONO I SEGUENTI TASSI DI MORTALITÀ PER INCIDENTI NON STRADALI PER 100.000 ABITANTI: tutte le etàuomini 22,8donne 24,8età 0-5 anniuomini 4,0donne 3,6età 65 anni e piùuomini 94,8donne 122,7 N.B.: SI STIMA CHE CIRCA LA METÀ DEGLI INCIDENTI AVVENGA IN CASA O NELLE PERTINENZE (INCIDENTI DOMESTICI) Possono essere indicate le seguenti azioni da privilegiare nella definizione dei piani di intervento: – incentivazione delle misure di sicurezza domestica strutturale ed impiantistica e di requisiti di sicurezza dei complementi di arredo e dei giocattoli; – predisposizione di programmi intersettoriali volti a favorire l’adattamento degli spazi domestici alle condizioni di disabilità e di ridotta funzionalità dei soggetti a rischio; – sviluppo di campagne finalizzate all’informazione e alla sensibilizzazione nei confronti dei rischi presenti negli spazi domestici, rivolte particolarmente alle categorie più “a rischio”; – costruzione di un sistema di sorveglianza epidemiologica del fenomeno infortunistico e individuazione di criteri di misura degli infortuni domestici. Incidenti sul lavoro La salute e il benessere nei luoghi di lavoro costituiscono gli obiettivi prioritari da raggiungere per assicurare lo sviluppo di attività lavorative sicure, produttive e competitive. Sebbene questo convincimento sia ampiamente consolidato in tutti i paesi industrializzati e gli sforzi intrapresi in questa direzione risultino significativi, il numero degli eventi dannosi che si verificano nei luoghi di lavoro rimane ancora elevato. In Italia, il fenomeno infortunistico, pur in leggera flessione, risulta ancora troppo consistente per non rappresentare un motivo di forte preoccupazione. Secondo i dati di fonte INAIL, gli infortuni avvenuti nel 1996 sono oltre 630 mila, di cui 1.081 mortali. I settori a più alto rischio di infortunio sono l’agricoltura, l’edilizia, i trasporti, l’industria estrattiva e del legno. Nell’ambito della popolazione infortunata, 4 infortuni su 100 riguardano, nel settore industriale, lavoratori con età inferiore o uguale a 18 anni, mentre nel settore agricolo, 15 infortuni su 100 coinvolgono addetti con più di 60 anni e in 29 casi su 100 colpiscono le donne. Il quadro statistico risulta peraltro sottostimato poiché non comprende alcune aree lavorative non assicurate dall’INAIL e non tiene conto del fenomeno “sommerso”. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi generali. La frequenza degli infortuni sul lavoro dovrà ridursi del 10%. In particolare, dovrà ridursi la frequenza nei settori produttivi a maggior rischio e per gli infortuni più gravi. CASI DI INFORTUNIO PER MILIONE DI ORE LAVORATE (1996; INAIL, ISPESL): agricolturatotale 38,8di cui: inabilità permanente o morte 2,5industriatotale 22,7di cui: inabilità permanente o morte 1,0 Le strategie d’intervento volte a limitare il fenomeno infortunistico dovrebbero privilegiare: – il potenziamento ed il coordinamento di tutte le attività di prevenzione e vigilanza svolte dagli organismi istituzionali interessati; – la piena applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994 e successive modificazioni e l’immediata emanazione di tutti i decreti attuativi previsti dallo stesso dispositivo di legge; – la promozione di iniziative che favoriscano la circolazione dell’informazione, la formazione e l’aggiornamento dei principali soggetti della prevenzione; – i processi di verifica della qualità e dell’efficacia delle azioni preventive attuate; – la costruzione di sistemi di sorveglianza epidemiologica orientati alla prevenzione (con particolare attenzione all’organizzazione del lavoro) che consentano di monitorare il fenomeno infortunistico e di evidenziare le modalità e le cause degli eventi dannosi. Azioni specifiche, da parte delle Regioni e delle Aziende sanitarie interessate, dovranno essere sviluppate relativamente alle “Grandi opere” che si attueranno nel triennio di validità del Piano (Alta velocità, Opere per il Giubileo), anche con un adeguato monitoraggio degli infortuni e degli interventi di prevenzione messi in atto. Malattie professionali Il numero delle malattie professionali denunciate, pur in diminuzione, oscilla intorno a 30.000 casi all’anno, mentre quelle riconosciute si aggirano intorno a 6.000 casi l’anno. I settori industriali maggiormente coinvolti sono il metallurgico, le costruzioni, il minerario, il chimico, il tessile ed i trasporti. Le patologie di più frequente riscontro sono, nell’industria, l’ipoacusia da rumore, le malattie cutanee, le pneumoconiosi e le malattie osteo-articolari e, in agricoltura, l’asma bronchiale, l’ipoacusia da rumore e le alveoliti allergiche. Tuttora poco conosciuto è il settore delle patologie correlate con il lavoro, associate frequentemente alla organizzazione del lavoro e ai carichi di fatica, fisica o mentale. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi generali. Il numero delle malattie professionali e delle patologie correlate al lavoro deve diminuire. NUMERO DI MALATTIE PROFESSIONALI DENUNCIATE NEL 1996 SECONDO L’INAIL E L’ISPESL: agricoltura 972industria e terziario 30.821totale 31.793 A tal fine, possono essere indicate le seguenti azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: – potenziamento e razionalizzazione delle attività di formazione degli addetti alla vigilanza e controllo; – realizzazione di un’informazione continua e completa nei confronti dei lavoratori; – monitoraggio di parametri indicativi e realizzazione di una funzionale rete di epidemiologia occupazionale; – perseguimento della piena realizzazione dell’adeguamento alle esigenze di prevenzione e sicurezza sancite dalla recente normativa di settore; – perseguimento sanzionatorio e giudiziario delle inadempienze alla legge; – interventi volti a migliorare la qualità e la completezza delle rilevazioni sulle malattie professionali e a sviluppare indagini sulle patologie correlate con il lavoro. Altre patologie di particolare rilievo sociale Oltre alle quattro aree di intervento già indicate nei paragrafi precedenti (malattie cardio e cerebrovascolari, tumori, malattie infettive, incidenti e malattie professionali), altre condizioni morbose rientrano nel quadro delle patologie cui va riconosciuto carattere di particolare rilievo sociale. Per alcune condizioni morbose sono già disponibili, o in via di definizione, provvedimenti normativi e documenti di indirizzo di carattere generale volti a precisare, per ciascun ambito, gli obiettivi da raggiungere, gli interventi da privilegiare e le indicazioni di ordine organizzativo. Ci si riferisce in particolare a: – diabete mellito, patologia per la quale il Piano si impegna a favore del continuo miglioramento e della costante verifica della qualità dell’assistenza, anche in relazione alla normativa esistente in tema di prevenzione e cura (L. n. 115/1987), – fibrosi cistica (interventi di prevenzione e cura, legge n. 548/1993), errori metabolici congeniti e morbo celiaco (assistenza sanitaria integrativa, D.M. 1š luglio 1982). Meritano specifica attenzione, in quanto importanti cause di invalidità, altre condizioni morbose rappresentate da: – malattie reumatiche croniche, soprattutto nelle forme gravi che colpiscono l’età giovanile e adulta; – malattie allergiche, specialmente in età pediatrica nelle forme respiratorie; – malattie dell’apparato cardio-respiratorio, con particolare riguardo all’asma bronchiale e alla bronchite cronica; – malattie del sistema nervoso centrale, sia acute sia cronico-degenerative; – nefropatie, soprattutto nelle forme che esitano in insufficienza renale con conseguente necessità di emodialisi o di dialisi peritoneale; – disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia nervosa; – malattie dell’apparato digerente, specificamente nelle forme croniche e, in particolare, le epatopatie di origine virale. Per tali condizioni il Piano Sanitario Nazionale prevede la elaborazione e la diffusione di apposite Linee guida, secondo i criteri di priorità e la metodologia discussi nell’apposito capitolo. Nel quadro delle patologie di rilevanza sociale, va inoltre considerata con particolare attenzione la fascia di popolazione dei portatori di handicap (cui si riferiscono specifiche disposizioni: legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge 27 ottobre 1993, n. 423.) Si tratta di soggetti destinati a convivere con una limitazione spesso rilevante della propria autonomia funzionale ed esposti al rischio di possibili ulteriori involuzioni, da contrastare con interventi di prevenzione di secondo e terzo livello. Va osservato infine come l’intero ambito delle malattie di rilevanza sociale si caratterizzi in funzione dell’importanza che assumono gli interventi di carattere preventivo, soprattutto quelli diretti a modificare comportamenti e stili di vita (di cui agli Obiettivi I e III del Psn), gli interventi di riabilitazione (di cui all’Obiettivo V) e gli interventi di integrazione sociosanitaria (di cui alla parte II del Psn sulle strategie di cambiamento).

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