Progetto di Legge Binetti: nuovo approccio al farmaco veterinario
Chiariamo subito che siamo assolutamente favorevoli al farmaco veterinario se questo ha motivo di essere, vale a dire se si tratta di un presidio che
per formulazione, appetibilità, praticità di somministrazione, dosaggio etc., rappresenta un vantaggio per il proprietario dell’animale e per chi lo cura.
Con la Proposta di legge di modifica dell’art. 10 del D. Lgs 193/2006, in materia di uso di medicinali in deroga per il trattamento di animali non destinati alla produzione di alimenti, d’iniziativa dei Deputati Binetti, Calgaro, Mosella, Pezzotta, n. 5008, finalmente potremmo tornare ad esseri i veri attori nella cura delle patologie dei nostri pazienti, senza che una legge farraginosa e vecchia ci imponga dall’alto l’uso dei farmaci solo perché registrati per una patologia specifica, non tenendo conto che il veterinario, per poter attuare la migliore terapia deve ragionare in termini di molecole attive, eccipienti e vie di somministrazione, in considerazione anche che le conoscenze scientifiche ci indirizzano all’uso di molecole sempre più valide ed innovative anche se non ancora registrate per l’ uso negli animali. Siamo al paradosso di dover -per legge- frequentare corsi di aggiornamento con la formazione medica continua obbligatoria, senza poterne mettere in pratica le più recenti acquisizioni scientifiche.
Senza questa proposta di legge ci troviamo quotidianamente a fare i conti con l’ottusità di una burocrazia che rende impossibile l’ utilizzo del farmaco registrato per l’ uso in umana, o per gli altri animali, applicando alla lettera l’ art 10 del D. Lgs 193/2006 che, recependo la Direttiva 2004/28 CE, disciplina l’ utilizzo e l’ approvvigionamento del farmaco da impiegare per curare le malattie degli animali da compagnia.
Il decreto ci obbliga a non prescrivere, a non utilizzare ed a non tenere, nella sua struttura, alcun medicinale registrato per l’ uso in umana, o per gli altri animali, se già esiste lo stesso medicinale registrato per gli animali da compagnia per la stessa patologia, oppure registrato per altra patologia pur della stessa specie animale che si intende curare. Negando, in tal modo, la possibilità di poter attuare le migliori cure farmacologiche, basate sulle ultime evidenze scientifiche validate dalla comunità scientifica internazionale. Con l’ obbligo, sostanzialmente, di dover purtroppo ricorrere a farmaci spesso vecchi, desueti o superati da molecola più valide.
Quando ci occupiamo esclusivamente della cura, della salute e del benessere degli animali d’ affezione, non destinati alla produzione di alimenti per l’uomo quindi con nessuna implicazione sulla salute del consumatore, non ci e’ consentito di poter decidere di usare secondo scienza e coscienza, la migliore molecola attiva. Pena una sanzione amministrativa pecuniaria salatissima che, da poco più di 1500 euro, può superare abbondantemente i 9000 euro.
L’ articolo in questione, recita troppo genericamente che “ove non esistano medicinali veterinari autorizzati per curare una determinata affezione di specie animale non destinata alla produzione di alimenti e’ possibile l’ uso in deroga del farmaco ad uso umano, pero’, soltanto dopo essersi prima accertati che non esista già registrato un medicinale veterinario autorizzato per l’ uso in un’ altra specie animale e per la medesima affezione, oppure per un’ altra affezione della stessa specie animale”. Mentre una precedente Direttiva Comunitaria, la 2001/82 , che accorpava tutte le precedenti norme esistenti sul farmaco veterinario, pur obbligando a non usare il farmaco in deroga, negli animali non destinati alla produzione di alimenti, se già esisteva registrato l’ analogo veterinario, invitava contemporaneamente ad una sua interpretazione più “elastica” per la cura degli animali da compagnia, lasciando al Medico Veterinario più libertà di scelta, di approvvigionamento e detenzione, del farmaco che, secondo scienza e coscienza, riteneva più utile ed efficace per la cura della patologia in atto in tutti gli animali non destinati alla produzione di alimenti per l’ uomo.
Allo stato attuale delle conoscenze, grazie all’enorme progresso tecnologico ed alle notevoli evidenze scientifiche registrate nella medicina veterinaria per piccoli animali, non è più’ possibile ritenere di poter curare una patologia, spesso multifattoriale, prescrivendo un farmaco genericamente registrato ad uso veterinario per quella determinata patologia. Non di rado tale farmaco, ancorché esistente, non è facilmente reperibile proprio per quella dimensione ridotta di un settore, come quello dell’animale da compagnia che non è neanche lontanamente paragonabile a quello di umana. Per questo il paziente potrebbe rimanere in attesa per giorni.
Altra problematica, non di poco conto, è il costo del farmaco registrato per l’ uso in veterinaria.
L’evidente crisi economica in atto non ne facilita l’ acquisto, anche perché, nella maggior parte dei casi, il suo prezzo di fustella supera enormemente quello dell’analogo registrato per l ‘uso in umana.
Questo spinge moltissimi proprietari di animali da compagnia, che per loro sfortuna rientrano nelle fasce socialmente più’ deboli, a non poter occuparsi degnamente della salute e del benessere del loro compagno di vita. Le ricadute di tutto questo non sono solo sul proprietario dell’animale ma anche sulla spesa pubblica e sul volontariato, chiamati ogni giorno ad assistere centinaia di migliaia di animali in tutta Italia.
Riccardo Truncellito
Medico Veterinario LP
Torino
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