In questi giorni si discute della possibilità di gestire in forma privata un bene primario come l’acqua. Gestire la distribuzione, beninteso, non privatizzare l’acqua. Ebbene, il tema dovrebbe far riflettere in modo particolare i liberi professionisti perché noi rivendichiamo continuamente, di fronte allo Stato, la nostra adeguatezza a fornire un …
In questi giorni si discute della possibilità di gestire in forma privata un bene primario come l’acqua. Gestire la distribuzione, beninteso, non privatizzare l’acqua. Ebbene, il tema dovrebbe far riflettere in modo particolare i liberi professionisti perché noi rivendichiamo continuamente, di fronte allo Stato, la nostra adeguatezza a fornire un servizio ai cittadini. Nel nostro caso quello della medicina veterinaria che attiene ad un bene primario, costituzionalmente garantito, come la salute. Curare un animale ha infatti implicazioni dirette sulla salute umana per diversi aspetti che vanno dalle malattie infettive trasmissibili dall’animale all’uomo, alla sicurezza alimentare, passando per l’uso responsabile dei farmaci e la biosicurezza, aspetti che rendono vera la formula “ONE WORLD-ONE HEALT . Per citare il programma salute della UE “un veterinario libero professionista diagnostica i problemi sanitari, tratta infezioni e malattie, vaccina gli animali contro le principali malattie. Rappresenta il tramite per informare i cittadini sulle modalità di profilassi e su come effettuare viaggi con gli animali da compagnia.” Lo Stato dovrebbe essere in grado, laddove riconosce un vantaggio per i cittadini nell’efficienza, nell’economicità o nella qualità del servizio, di affidare al privato tali servizi, ispirandosi al fondamentale principio del vantaggio per la collettività. Tuttavia nel nostro Paese, ogni qual volta si affrontano questi temi, si agita lo spettro dell’elusione delle regole, della ricerca del profitto, dell’impossibilità di dare garanzie paragonabili a quelle che avrebbe un sistema pubblico. Benché siano di fronte agli occhi di tutti, quotidianamente, innumerevoli esempi di corruzione, di mala gestione, di utilizzo irresponsabile delle tasse dei contribuenti, si finisce per credere che “pubblico” sia uguale a “bello”. Vorrei far riflettere invece su come sia impossibile pretendere che uno Stato che non è in grado di dare regole certe e controlli efficaci, pur attraverso un apparato elefantiaco e pletorico, possa invece sublimarsi nel regime di monopolio. Monopolio che si traduce in un meccanismo in cui chi stabilisce le linee normative, controlla se stesso che le applica. Noi proponiamo la gestione privata ed il controllo pubblico, consapevoli del fatto che non si possono rivestire contemporaneamente i ruoli confliggenti di controllore e controllato. Siamo certi che sia la formula più adeguata per la sostenibilità di un sistema-paese moderno, che valorizzi al massimo le sue potenzialità, tanto nel pubblico, quanto nel privato.
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