L`Antitrust si è accorta che chiedere alle Regioni il futuro fabbisogno di veterinari in base a presunte necessità di impiego nel Sistema Sanitario Nazionale è sbagliato. Finalmente! La ricetta dell`Autorità però non è quella di valutare la situazione occupazionale e reddituale reale, dato oggettivo e nella piena disponibilità di chi voglia utilizzarlo, ma di …
L`Antitrust si è accorta che chiedere alle Regioni il futuro fabbisogno di veterinari in base a presunte necessità di impiego nel Sistema Sanitario Nazionale è sbagliato. Finalmente! La ricetta dell`Autorità però non è quella di valutare la situazione occupazionale e reddituale reale, dato oggettivo e nella piena disponibilità di chi voglia utilizzarlo, ma di osservare l’indebita limitazione del mercato. Addirittura è stato ipotizzato che la presenza degli Ordini professionali al Tavolo tecnico di programmazione, rappresenti un limite, determinato da “portatori di interessi confliggenti con l`ampiamento del numero dei soggetti fornitori dei servizi”, cioè di prestazioni veterinarie. Sinceramente ci aspettavamo un intervento per chiarire la gravissima situazione di conflitto d’interessi controllore-controllato che da sempre denunciamo in veterinaria, laddove il pubblico può entrare nel mercato del lavoro -forte del suo ruolo di controllore- e quindi sottrarre occupazione ai liberi professionisti che tale ruolo non hanno. Niente di tutto questo. Per l`antitrust non è un problema che il reddito dei veterinari italiani sia il più basso tra quelli dei professionisti; che abbiamo un numero di facoltà di veterinaria tre volte superiore agli altri paesi europei; che i giovani dopo cinque anni di università siano sotto occupati e quand`anche occupati, sotto pagati; che gli ambulatori veterinari, ultima spiaggia per chi non trova lavoro diversamente, siano ormai uno per borgata. Non c`è problema se lo Stato investe ingenti risorse pubbliche per preparare dei neo-dottori inutili. Se anche vi fosse conflitto nel limitare il numero di futuri veterinari in base alle istanze degli Ordini, come non scorgerne uno ben superiore (ed è un dato incontrovertibile) nel programmarlo in base alle esigenze di chi vorrebbe un ulteriore proliferare di facoltà in tutta Italia? Per indurre i giovani a frequentare queste facoltà abbiamo visto di tutto, dall`ammiccante foto del Lupo che invoglia a curare i selvatici (ambito occupazionale esiguo, per non dire inesistente), alle allusioni all`utilità del titolo di studio per entrare nel Sistema Sanitario nazionale, omettendo tuttavia di informare che ormai da anni i concorsi per tale professione, in decisa contrazione al pari della spesa della sanità, sono come le stelle comete: ne passa uno ogni dieci anni. Probabilmente sarebbe più corretto che l`orienamento alla professione provenisse dal Ministero Del Lavoro -non dall`Università- e fosse basato su dati oggettivi che tengano conto dei vari aspetti occupazionali e del mercato del lavoro, mettendo al centro l`interesse dello Stato, che eviterebbe di finanziare formazione inutile e creare false aspettative, e dei suoi Giovani Cittadini, indirizzati verso concrete e reali prospettive. La formazione potrebbe così integrare sia l`interesse strategico per il futuro del Paese, che l`aspetto sociale. Entrambi, a nostro modo di vedere, assai più importanti di un astratto concetto di “concorrenza” che pare essere l`unica attenzione dell`Antitrust.
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