L’Italia è un Paese “particolare” nella gestione del randagismo. Si spostano cani da sud a nord, da est a ovest e viceversa; si esportano ed importano dall’Europa e dal mondo. Si persegue chi trasporta animali in modo ufficiale (importazioni) ma nessuno si accorge seriamente delle “staffette”, degli spostamenti in barba alle anagrafi canine regionali (con tanto di riferimento nazionale presso il Ministero della Sanità), della diffusione tramite siti e pagine facebook persino di soggetti colpiti da malattie trasmissibili all’uomo o ad altri animali. Nell’opinione pubblica non ci sono rapporti razionali con il problema: pochi si occupano seriamente di una animale bisognoso del vicino ma il “sistema” organizza spostamenti e importazioni, raccolte di soldi e notizie. Per molti è un autentico e lucroso “mestiere”, travestito da volontariato esentasse.
Pochi giorni fa è accaduto un fatto nei pressi di Venezia (Spinea) e queste sono state le prime reazioni di cui consiglio soprattutto di leggere i commenti ed ascoltare le interviste.
Poi si sono chiarite le cause e tutto è stato smentito, compresa la piramide di pareri culminati in quelli dal Presidente della Regione.
Dovremmo pensarci, perchè il randagismo è un problema drammatico per gli animali, in tutti i sensi, e costoso per tutti gli Italiani; eppure a troppi conviene non risolverlo.
Riflettiamo perchè le notizie sugli animali sono troppo spesso emozioni del tutto irrazionali, elargite da chi ci guadagna.
SIVeLP