06/01/2010 Editoriali6 Minuti

Rabbia: costi diversi per i cittadini.

Sivelp

I consumatori possono essere legittimamente disorientati dal costo diverso della vaccinazione “rabbia” tra pubblico e privato. Riteniamo necessario informare che l’obiettivo della vaccinazione pubblica è quello di vaccinare quanti più cani possibile, per motivi di ordine epidemiologico (ridurre il più possibile la diffusione della patologia). Viceversa, una vaccinazione protettiva non può …

I consumatori possono essere legittimamente disorientati dal costo diverso della vaccinazione “rabbia” tra pubblico e privato. Riteniamo necessario informare che l’obiettivo della vaccinazione pubblica è quello di vaccinare quanti più cani possibile, per motivi di ordine epidemiologico (ridurre il più possibile la diffusione della patologia). Viceversa, una vaccinazione protettiva non può essere fatta senza accertare lo stato di salute del singolo animale, o senza conoscerne la storia clinica. Per questo il veterinario libero professionista visita l’animale, che può essere trattato solo se “SANO”, come prevedono le stesse case produttrici del vaccino. Chi è consapevole del rischio rappresentato dalla rabbia, ha interesse prevalente nell’avere un animale ben protetto, perchè in definitiva solo questa condizione tutela i proprietari ed i loro familiari. Non possiamo quindi dare prestazioni “a catena di montaggio”,cioè inoculando il farmaco ad un animale ogni cinque minuti, perchè dobbiamo accertarci del suo stato di salute e siamo responsabili di un eventuale inefficacia del vaccino (che potrebbe avere gravissime conseguenze sul singolo caso), se il nostro comportamento non segue determinate regole. In Ospedale, il ticket pagato dal cittadino è spesso corrispondente, almeno per alcune prestazioni, a quanto un veterinario fa pagare normalmente come intera tariffa ai propri clienti. Se si tratta di prestazioni equivalenti, non vi è motivo di ritenere che i costi reali siano tanto diversi. Gli stipendi del personale medico (Brunetta docet), sono perfettamente sovrapponibili. Perché dunque la sanità veterinaria pubblica non fa rientrare la spesa sanitaria con altrettanta solerzia, applicando gli stessi parametri ? Potremmo invocare questioni di numeri, ma sicuramente la medicina umana li avrebbe dalla sua, dovendo soddisfare un’esigenza territoriale molto cospicua. Oppure potrebbe esserci tanto esubero di personale veterinario, da poterlo impegnare a qualsiasi costo, come quando nella vecchia Germania Est, mandavano i dipendenti statali in esubero ad elevare contravvenzioni sulle strade di collegamento con Berlino, pur di trovare loro un impiego. Fatto sta che nel momento in cui un ordinanza del Ministero della Salute parla di obbligo di vaccinazione per la rabbia “a carico del proprietario” si esce sui mass-media con sfavillanti iniziative assistenzialiste: vaccinazioni in locali “arrabattati” dei Comuni, praticamente a prezzo di costo del farmaco. In provincia di Belluno, intanto, i liberi professionisti, nei primi venti giorni dall’annuncio dell’epidemia hanno vaccinato circa settemila animali . Da aggiungere ai moltissimi che avevano richiesto la protezione nei mesi precedenti, pur in assenza di un qualsiasi obbligo. Con la sinergia dei controlli pubblici, e senza l’effetto annuncio di prestazioni praticamente gratuite, si sarebbe potuto coprire in poco tempo l’intera Provincia di Belluno, avamposto della malattia virale. A queste condizioni avrebbe avuto luogo anche l’intervento sui felini, evitando il pericoloso meccanismo mentale che lega l’opportunità di vaccinare all’intervento economico del pubblico (se è importante, sarà gratis). Resta poi da chiarire quale comportamento terranno coloro che rivestono il ruolo di pubblici ufficiali nel momento in cui dovesse presentarsi loro per la profilassi un animale adulto privo di microchip. Applicheranno le sanzioni previste o saranno omissivi? E praticheranno le operazioni in sicurezza e con personale adeguatamente istruito e vaccinato, o esporranno i collaboratori a rischi tutt’altro che trascurabili? Fin dal primo momento il Sindacato ha proposto di concentrare le risorse pubbliche sulle situazioni di bisogno economico o sui randagi (es. colonie feline nelle zone del contagio). Ha suggerito di intensificare i controlli, partendo dagli animali vaccinati prima dell’epidemia, evitando sovrapposizioni tra chi vaccina e chi controlla la vaccinazione, per massima trasparenza ed efficacia nell’azione di monitoraggio. Ha chiesto di evitare iniziative populiste che rechino ritardo o disorientamento nei proprietari degli animali. In Veneto, unica Regione che sino ad ora ha dato modo ai liberi professionisti di intervenire nella profilassi senza particolari convenzioni(in totale libertà di aderire al piano Regionale), abbiamo dimostrato la nostra disponibilità concertando un intervento a tariffa calmierata, ma non possiamo non rilevare che il coinvolgimento è ancora insufficiente, le ordinanze dei Sindaci ed i giornali recano solo i riferimenti delle Aziende Sanitarie e solo raramente spiegano in modo esaustivo le ragioni dei costi diversi. Difficilmente quest’epidemia si arresterà in tempi brevi; vale la pena di ragionare anche nelle altre Regioni non con una logica di emergenza ma di efficacia e contenimento dei costi.

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