Liberi professionisti: quale pensione? Prevale generalmente un certo senso di sfiducia quando si parla di pensioni tra veterinari liberi professionisti. La sfiducia di una categoria di lavoratori che entra tardi nel mondo del lavoro a causa del lungo percorso di preparazione, che impiega parecchi anni per ammortizzare i cospicui investimenti necessari …
Liberi professionisti: quale pensione? Prevale generalmente un certo senso di sfiducia quando si parla di pensioni tra veterinari liberi professionisti. La sfiducia di una categoria di lavoratori che entra tardi nel mondo del lavoro a causa del lungo percorso di preparazione, che impiega parecchi anni per ammortizzare i cospicui investimenti necessari per l’attività, e che comunque ha dei redditi medi tra i più bassi delle categorie professionali. Tutto questo si traduce nella difficoltà di versare contributi sostanziosi e di garantirsi dunque un trattamento non di assistenza sociale (minimo pensionistico), ma allineato al tenore di vita degli anni di attività (assicurazione pensionistica). Il lavoro svolto in questi anni dall’ENPAV per ottenere i migliori risultati è proficuo, competente e meritorio, ma rimane inquadrato nella cornice delle normative vigenti. Non possiamo nasconderci che l’età media si allunga, e con essa migliora mediamente la qualità della vita: a 70 anni saremo assai meno “vecchi” dei nostri nonni. Il professionista poi, abituato a ritmi ben diversi dalle 36 ore settimanali, e generalmente disposto in modo positivo verso la propria attività, non sempre si sente adatto alle pantofole, allo scadere dei 65 anni. La proposta del Sindacato potrebbe essere quella di permettere – su base volontaria- il posticipo della pensione, in cambio di una rivalutazione della stessa, come, ad esempio, in Germania dove si ottengono 5 punti annui per anno di attività in più. Così si offrirebbe un aiuto al bilancio complessivo del sistema pensionistico, e si migliorerebbe l’assegno mensile di chi si trova in situazioni da sopravvivenza. Un altro nodo da affrontare è quello dell’aumento della presenza femminile nella nostra categoria. Donne, cui dobbiamo trovare il modo di garantire decorosi assegni di maternità, e adeguati contributi figurativi nei mesi in cui si dedicano ai figli neonati. Gli anni dedicati all’arduo impegno parentale, sono per una donna assai più critici dal punto di vista economico, di quelli oltre i sessanta. Le Colleghe traggono più giovamento di un aiuto vero in quelle circostanze, piuttosto che dall’essere messe precocemente a riposo, con la pensione. Dobbiamo avere un atteggiamento di responsabilità e di realismo nei confronti del futuro e della tutela sociale. Auspichiamo che il Legislatore permetta alle casse previdenziali virtuose, l’autonomia e la libertà di manovra necessarie ad instaurare riforme coraggiose. Per una volta, si eviti di mettere le mani su Enti che funzionano bene, piuttosto che riordinare quelli che hanno le peggiori gestioni, e si cerchi di ridurre almeno in parte, l’abissale differenza di trattamento esistente tra certe forme di lavoro dipendente, iper garantite, ed i lavoratori autonomi, lasciati a se stessi anche in momenti decisamente sfavorevoli. Angelo Troi – SIVELP
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