Si suol dire che “il cane è il miglior amico dell’uomo”. Quest’ultimo –tuttavia – non sempre è all’altezza di tanta fedeltà e dedizione, soprattutto all’approssimarsi delle vacanze estive quando gli amici quattrozampe si trasformano in una “seccatura” di cui sbarazzarsi, in un modo o nell’altro. Gli animali da “domestici” (ovvero che …
Si suol dire che “il cane è il miglior amico dell’uomo”. Quest’ultimo –tuttavia – non sempre è all’altezza di tanta fedeltà e dedizione, soprattutto all’approssimarsi delle vacanze estive quando gli amici quattrozampe si trasformano in una “seccatura” di cui sbarazzarsi, in un modo o nell’altro. Gli animali da “domestici” (ovvero che vivono presso l’uomo) si trasformano così –loro malgrado- in randagi (ovvero che vagano soli senza padrone). Le conseguenze per la collettività di tale irresponsabile comportamento dei singoli sono note: incidenti stradali, canili sovraffollati, costi notevoli per il mantenimento degli animali sopravvissuti alla strada, ecc. Il legislatore è intervenuto al fine di prevenire e reprimere il fenomeno del c.d. “randagismo”, nonché per disciplinare il rapporto uomo-animale allorquando problematico (si ricordano: L. 281/1991- Legge quadro in materia d’animali di affezione e prevenzione del randagismo-; L. 189/2004 – in materia di divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate; le Ordinanze del Ministero della Salute del 27.08.2004 e del 12.12.2006 – in materia di tutela dell’incolumità’ pubblica dall’aggressività’ di cani- ; Decreto del Ministero dell’Interno del 23 marzo 2007 in materia di coordinamento tra Forze di polizia e Corpi di Polizia Municipale e Provinciale per prevenire e contrastare gli illeciti penali commessi nei confronti degli animali, ecc.). Scorrendo la normativa nazionale susseguitasi nel corso degli ultimi sedici anni, risulta evidente il cambiamento dell’atteggiamento nei confronti dell’animale, non più considerato come un oggetto materiale, bensì come un (s)oggetto da tutelare, di cui è necessario prendersi adeguata cura configurandosi altrimenti situazione connotate da un forte disvalore sociale e qualificate –in taluni casi- come reati (si vedano –ad esempio- i reati di uccisione –art. 544 bis c.p.-, di maltrattamenti –art. 544 ter c.p.- , di abbandono di animali –art. 727 c.p.-, ecc.), per prevenire i quali le diverse Forze dell’Ordine si trovano a coordinare le loro attività (si veda il recente Decreto del Ministero dell’Interno del 23 marzo u.s.). Tutta la normativa richiamata si fonda sulla constatazione che nella relazione uomo-animale è il primo a dover essere responsabile del secondo sia nei rapporti per cosi dire “interni” (alimentazione, salute, stato dell’animale, ecc.) sia nei rapporti “esterni” (ad esempio: gravi comportamenti tenuti dall’animale lesivi dell’incolumità di estranei, in ragione dei quali oggi –per certe razze di cani- è obbligatoria la stipula di una polizza assicurativa). Ma il proprietario, affinché sia effettivamente responsabile del proprio cane, deve necessariamente poter essere individuato in modo rapido e facile. Tale finalità, nell’intento del legislatore, dovrebbe essere soddisfatta da un’efficiente anagrafe canina, la cui legge quadro risale addirittura al 1991, ma di fatto recepita dalle Regioni con notevole ritardo (addirittura otto, nove anni -come rilevato con Circolare del Ministero della Sanità n. 5/2001). Come noto, ogni proprietario o detentore di un cane ha l’obbligo di iscriverlo nell’apposita anagrafe e, qualora non vi provveda, è passibile di sanzione amministrativa (ex art. 5 comma 2 L. 281/1991). Di fatto, purtroppo, mancando un efficiente e generalizzato sistema di controllo degli animali in apparenza provvisti di proprietario, molti individui omettono la registrazione o l’identificazione ed i loro animali –(che si aggiungono alle cucciolate indesiderate, ecc.)- rappresentano dei potenziali randagi, sprovvisti di un padrone “ufficiale” a cui ricondurli. Detta situazione risulta considerata in talune legislazioni regionali, che impongono a determinati soggetti (veterinari, pubblici ufficiali, ecc.) di segnalare alle ASL o alle altre istituzioni aventi poteri di vigilanza l’esistenza di cani non iscritti o non identificati al fine di intervenire ed avere un effettivo controllo deterrente e preventivo del randagismo (ad esempio si veda: a) art. 10 comma 3 D.P.G. Reg. Toscana 30.06.2004 n. 33/R , secondo cui: “Tutti i soggetti di cui al comma 2 (guardia ambientali e zoofile volontarie, ndr), gli appartenenti ai corpi e servizi di polizia provinciale e municipale di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), nonché i medici veterinari che, nell’esercizio della loro professione o attività, vengano a conoscenza di cani non iscritti o non identificati ai sensi della LR 43/1995 e del presente regolamento, lo segnalano alla azienda USL competente sul territorio ove esercitano la loro attività, indicando le generalità e l’eventuale recapito telefonico del relativo responsabile.”; b) art. 8 comma 1 L.R. Emilia Romagna 07.04.2000 n. 27, secondo cui: “I Comuni, all’atto dell’iscrizione di un cane all’anagrafe canina, assegnano all’animale un codice di riconoscimento che contraddistingua, in modo specifico e senza duplicazione, ciascun cane e rilasciano documentazione ufficiale comprovante l’avvenuta iscrizione. Tale documentazione dovrà essere custodita dal proprietario per l’esibizione agli addetti alla vigilanza ed al controllo. “; c) art. 3 comma 6 L.R. Sicilia 03.07.2000 n. 15, secondo cui: “I medici veterinari e le associazioni di cui al comma 1 dell’articolo 19 (associazioni per la protezione degli animali, ndr) che, nell’esercizio della loro attività, vengano a conoscenza dell’esistenza di cani non iscritti all’anagrafe, hanno l’obbligo di segnalarlo entro sette giorni al comune ed all’azienda unità sanitaria locale competenti per territorio.”). Tuttavia, tale condivisibile modalità di prevenzione del randagismo non sembra perseguita in modo sistematico, a tutti i livelli e da tutte le Regioni. Nell’intento di contenere ab origine il fenomeno in oggetto, è auspicabile un ulteriore intervento legislativo volto a rendere effettivo l’obbligo di iscrizione all’anagrafe canina, con attribuzione alle autorità di un esplicito potere di controllo su iscrizione ed individuazione anche nelle aree private (giardini, spazi recintati, ecc.), ovvero in relazione anche a quelle situazioni in cui un cane sembra avere “un amico” responsabile, ma che di fatto rappresentano il serbatoio a cui il randagismo attinge. (Avv. Amalia Cristiana Riboli)
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