L’ordinanza del Ministro Sirchia, pubblicata nella G.U. n° 212 del 12/09/2002, riguardante il benessere animale e il rapporto tra uomo e cane, ha creato tra i colleghi un certo sconcerto. Ancora una volta, infatti, il medico veterinario, non è stato ascoltato in veste di consulente tecnico prima di procedere alla stesura della …
L’ordinanza del Ministro Sirchia, pubblicata nella G.U. n° 212 del 12/09/2002, riguardante il benessere animale e il rapporto tra uomo e cane, ha creato tra i colleghi un certo sconcerto. Ancora una volta, infatti, il medico veterinario, non è stato ascoltato in veste di consulente tecnico prima di procedere alla stesura della stessa. Ciò è accaduto nonostante la nostra sia la figura professionale che, più di tutte le altre, sviluppa le conoscenze in materia di comportamento e linguaggio animale. Alla luce di questa omissione ne leggiamo i limiti e gli aspetti problematici. In primo luogo, così come è stata strutturata, l’Ordinanza non tiene conto della “realtà etologica”. Non esistono, infatti, cani naturalmente aggressivi, tanto è vero che alcune tra le razze ritenute pericolose, inserite dal Ministro nel 1° e 2° gruppo, sono contemporaneamente utilizzate, proprio per la loro indole mansueta, nei programmi di Pet Terapy. Non si è nemmeno valutata l’importanza della mimica facciale e dei marker biochimici emessi dagli animali, quali elementi essenziali nel linguaggio intraspecifico e interspecifico. L’utilizzo forzato della museruola, durante la fase della socializzazione del cucciolo, annulla questa lettura e non consente allo stesso di integrarsi nella società animale. Inoltre, l’ordinanza, da una parte è estremamente restrittiva ai fini della tutela della salute pubblica, penalizzando sia l’animale sia il proprietario. Dall’altro, all’art. 2 punto 4, sembra cambiare tendenza aprendo una voragine nel controllo sanitario: “i detentori che non intendono mantenere il possesso dell’animale nel rispetto –Omissis- debbono interessare le autorità veterinarie competenti nel territorio al fine di ricercare idonee soluzioni di affidamento del proprio cane”. La Disposizione Ministeriale non ha, infatti, considerato le probabili ripercussioni derivanti da tale enunciato: “in primis” l’incremento del fenomeno dell’abbandono-randagismo. Per quanto riguarda “l’affidamento” è evidente la scarsa conoscenza sulla realtà della maggior parte dei canili rifugio esistenti nel territorio nazionale, dove l’elevata densità dei cani ospitati induce alla trasformazione di tali strutture in agglomerati di serbatoi naturali per malattie infettive ed infestive, spesso trasmissibili all’uomo. Certamente quello delle aggressioni da parte di cani è un problema presente, probabilmente eccessivamente enfatizzato dai media, al quale va comunque data una risposta. Tuttavia il fatto stesso che molte delle disposizioni in materia già esistenti fossero largamente disattese, dovrebbe indurre ad una maggiore riflessione prima di intraprendere una campagna di criminalizzazione animale come quella messa in atto. Quello che il S.I.Ve.L.P. suggerisce al Ministro Sirchia è di ritirare l’Ordinanza emanata ed aprire un ampio e serio confronto sul problema, attraverso il coinvolgimento di validi esperti in materia di salute, benessere e bioetica animale, al quale fin da ora assicuriamo il nostro attivo contributo. Allo stesso tempo lo invitiamo a sollecitare le Regioni affinché promuovano, di concerto con la Veterinaria (Pubblica e Privata), una campagna d’informazione/educazione alla detenzione di animali. Troppo spesso, infatti, l’introduzione di un cucciolo nel nucleo famigliare risulta un fallimento perché si ignorano le regole elementari di comportamento e linguaggio animale, creando quei deficit di socializzazione con gli esseri umani e tra conspecifici, causa principale di manifestazioni aggressive.
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