26/07/2001 Leggi & Fisco46 Minuti

PIANO SANITARIO NAZIONALE 98/2000 PARTE 2

Sivelp

Obiettivo III Migliorare il contesto ambientale. Qualsiasi contaminante presente nell’ecosistema interagisce con gli organismi viventi. L’attivazione del processo finalizzato al mantenimento e al miglioramento della salute non può pertanto prescindere dalla valutazione dei determinanti ambientali. In particolare la qualità dell’aria, dell’acqua, degli alimenti e dell’ambiente in toto riveste un ruolo determinante. La qualità dell’ambiente dipende sostanzialmente dai modelli di …

Obiettivo III Migliorare il contesto ambientale. Qualsiasi contaminante presente nell’ecosistema interagisce con gli organismi viventi. L’attivazione del processo finalizzato al mantenimento e al miglioramento della salute non può pertanto prescindere dalla valutazione dei determinanti ambientali. In particolare la qualità dell’aria, dell’acqua, degli alimenti e dell’ambiente in toto riveste un ruolo determinante. La qualità dell’ambiente dipende sostanzialmente dai modelli di vita e di produzione dei beni in essere sul territorio; essa quindi è direttamente orientata dalla scelte di governo del sistema. Gli elementi descrittivi del sistema non sono attualmente sufficientemente conosciuti; ancor più, mancano informazioni sulle correlazioni tra tali elementi – allorché rappresentano fattori di rischio – e lo stato di salute della popolazione. Anche utilizzando le informazioni derivanti dalle esperienze acquisite, occorre in via prioritaria colmare il debito informativo. La pluralità di soggetti coinvolti e la multisettorialità degli approcci necessari prospettano attività di medio e lungo termine ed investono competenze e risorse che non possono essere limitate a quelle sanitarie. Nell’ambito di un progetto nazionale per la salute appare dunque opportuno privilegiare le attività destinate al monitoraggio ambientale con riguardo alle situazioni definite ad elevato rischio e alle fasce più deboli di popolazione. Anche in relazione alla complessità di interventi richiesti ed alle conoscenze del territorio acquisite, è indispensabile realizzare un sistema di connessione a rete tra i diversi soggetti impegnati nel settore (Dipartimento di Prevenzione Aziendale, PMP o ARPA, ANPA e altre istituzioni) al fine di promuovere ogni possibile sinergia e di evitare indesiderate ridondanze. La creazione di tale network permette tra l’altro di impostare correttamente la valutazione del rischio per la salute connessa alle matrici ambientali e la sua conseguente gestione. In tal senso è indispensabile valutare con opportuni modelli l’impatto di un inquinante sull’ecosistema, censire i punti o i fattori di rischio e graduarne il rilievo, valutare la popolazione coinvolta e la durata dell’esposizione e le correlazioni comunque intercorrenti, onde accertare i riflessi sanitari e l’eventuale entità del danno. Solo sulla base della valutazione effettuata è possibile gestire l’ipotetico rischio individuando, ove necessario, le possibilità di intervento (economico, giuridico, amministrativo, tecnico, ecc.). Aria L’inquinamento atmosferico urbano – derivante da traffico veicolare, dai sistemi di riscaldamento o da sistemi di produzione industriale – è un importante fattore di rischio per la salute per il quale non si dispone di valutazioni epidemiologiche esaustive. E’ stato stimato che l’inquinamento atmosferico di tipo urbano riveste un ruolo nell’eziologia del tumore polmonare valutabile in un eccesso di rischio fino al 33% per gli abitanti delle aree metropolitane, indipendentemente dall’abitudine al fumo di tabacco. Persistono, tuttavia, incertezze nelle stime del rischio di tumori potenzialmente attribuibili all’inquinamento. È stata descritta in modo coerente la relazione tra concentrazione ambientale di inquinanti, che si registrano in molte aree italiane, ed aumento della morbosità e della mortalità, specie per cause respiratorie. In particolare, gli inquinanti ambientali provocano un danno respiratorio cronico, inducono un aggravamento dei sintomi di asma bronchiale, aumentano il ricorso all’assistenza sanitaria, compresa l’ospedalizzazione, aumentano la probabilità di morte in soggetti già affetti da patologie invalidanti. Tra i diversi fattori di inquinamento dell’aria meritano attenzione, per il potenziale di rischio per la salute che rappresentano, le polveri, specie le più fini e più facilmente respirabili, l’anidride solforosa, l’ossido di carbonio, gli ossidi di azoto, il benzene e l’amianto nonché l’ozono, inquinante fotochimico il cui impatto sanitario non è ancora stato valutato in modo esaustivo. Infine, va sottolineata l’importanza della qualità dell’aria negli ambienti confinati quale determinante dello stato di salute; in particolare, l’inquinamento da fumo di tabacco e la contaminazione da radon sono trattati nei capitoli specifici (Fumo e Radiazioni). Sulla base di tali considerazioni, pur in presenza di difficoltà nella definizione di obiettivi specifici, è indispensabile indicare alcune azioni prioritarie per il miglioramento della qualità dell’aria atmosferica. Nel triennio 1998-2000, dovranno essere prioritariamente realizzate le seguenti iniziative volte alla riduzione dell’inquinamento atmosferico: – regolamentazione della circolazione e riduzione del traffico veicolare privato nelle aree urbane; – adozione di politiche dei trasporti basate sull’utilizzo di fonti energetiche alternative e riorientamento del traffico commerciale verso il trasporto su rotaia o marittimo; – incremento dell’uso di marmitte catalitiche a tre vie; – sensibilizzazione della popolazione all’uso razionale delle fonti energetiche finalizzate al trasporto e al riscaldamento; – sviluppo di tecnologie per la riduzione delle emissioni industriali, veicolari e domestiche; – controllo rigoroso delle perdite di volatili organici in prossimità dei complessi industriali, in particolare raffinerie e depositi di carburante; – trasformazione dei sistemi di riscaldamento domestico e collettivo al fine di utilizzare combustibili meno inquinanti. Acqua La valutazione degli aspetti di salute legati alla qualità dell’acqua è possibile sulla base di tre indicatori sintetici: la disponibilità in natura di riserve d’acqua destinabili all’uso potabile adeguate per qualità, quantità e accessibilità; l’efficienza e il grado di penetrazione della rete degli acquedotti; le modalità di smaltimento e di depurazione delle acque reflue. Analogamente a quanto avviene per l’aria, le informazioni disponibili sullo stato delle acque sono frammentarie e non sempre affidabili. Nonostante l’elevata capacità dei depuratori attivi in Italia, solo per una parte della popolazione le acque reflue risultano adeguatamente depurate. La quantità di carico non depurato e riversato direttamente nei corpi idrici, equivalente a migliaia di tonnellate di materiale organico raccolto dal Mediterraneo ha un impatto qualitativamente intuibile sull’ecosistema e sulla balneazione delle acque. Un’adeguata disponibilità di acqua potabile è un traguardo da raggiungere per una parte della popolazione, in particolare nelle isole e nel meridione. La presenza, infine, di contaminanti, chimici o biologici, può essere responsabile di condizioni morbose che, in funzione dell’uso finale delle acque, può compromettere lo stato di salute di qualche area di popolazione. Le nuove acquisizioni tecnico scientifiche stanno portando ad una migliore puntualizzazione dei contaminanti da eliminare puntualmente. In funzione di tali considerazioni è possibile individuare i seguenti obiettivi. Entro l’anno 2000, la disponibilità di acqua potabile per abitante dovrà essere incrementata, laddove carente, e dovrà aumentare la percentuale di popolazione servita da acquedotto. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alle situazioni in cui la distribuzione, l’erogazione o le caratteristiche (organolettiche, chimiche o biologiche) delle acque ne limitano o ne ostacolano l’uso alimentare e civile, anche attraverso processi di razionalizzazione ed integrazione delle reti (anche accelerando la realizzazione dei bacini ottimali di utenza) che privilegino la tutela della qualità e la lotta alle perdite e agli sprechi. Entro l’anno 2000 dovranno essere incrementate le attività di tutela delle acque dai processi di contaminazione urbana e industriale; in particolare dovrà essere incrementato l’avviamento alla depurazione dei carichi inquinanti depurabili (contaminanti chimici, carico organico, fosforo, ecc.) non depurati e ridotta la quantità dei reflui non depurati riversati direttamente nei corpi idrici. Alimenti Il ruolo esercitato dagli alimenti e dal regime alimentare sullo stato di salute è documentato da numerose osservazioni. Della riduzione del rischio dietetico legato all’adozione di abitudini alimentari basate sull’osservanza dei livelli nutrizionali raccomandati si tratta nel paragrafo relativo all’alimentazione. Appare tuttavia opportuno completare l’analisi con gli aspetti relativi alla qualità degli alimenti. Il processo di salubrità degli alimenti ha inizio al livello della produzione agricola, prosegue nella fase della lavorazione e della trasformazione industriale, in quella della distribuzione e della conservazione e si completa al livello del consumatore, nelle fasi della preparazione, cottura e somministrazione. L’irregolarità o l’inadeguatezza in una qualsiasi delle diverse fasi comporta una maggiore probabilità di rischio per la salute. La possibile presenza negli alimenti di contaminanti di varia natura può avere, infatti, implicazioni sullo stato di salute con effetti negativi che in alcuni casi si possono manifestare a distanza di anni. Effetti negativi a breve termine si verificano a seguito di una contaminazione microbiologica degli alimenti, avvenuta nel corso della produzione o durante la conservazione, che può determinare episodi di tossinfezione alimentare. Per quanto inferiore rispetto alla media europea, il numero di tossinfezioni alimentari è, nel nostro Paese, in continuo aumento. Il 90% di tali tossinfezioni è dovuto alle infezioni da Salmonella e, fra queste, risulta in gran parte responsabile S. enteritidis. Al fine di migliorare la qualità igienica degli alimenti appare fondamentale un’armonizzazione dell’attività di controllo esercitata dalle autorità sanitarie con l’attività di prevenzione derivante dall’autocontrollo svolte sull’intera filiera alimentare, dal produttore al consumatore finale. Per il prossimo triennio, appare realistico indicare i seguenti obiettivi. Entro l’anno 2000 l’incidenza delle malattie causate da e con alimenti dovrà ridursi; contemporaneamente, dovrà essere potenziato il sistema di sorveglianza continua. Nel triennio 1998-2000, dovranno essere privilegiate le attività rivolte alla salvaguardia della sicurezza e integrità dei prodotti alimentari e allo sviluppo della loro qualità complessiva mediante: – l’attuazione e il coordinamento di programmi di verifica della qualità igienico-sanitaria del prodotto; – il monitoraggio della qualità igienico-sanitaria del prodotto somministrato in ambito di ristorazione pubblica e collettiva; – la raccolta sistematica dei dati di contaminazione radioattiva degli alimenti – dopo più di dieci anni dalle ricadute radioattive legate all’incidente di Chernobyl – ai fini della determinazione di un livello zero nel caso di nuovi possibili incidenti su base locale, nazionale o transfrontaliera; – l’attuazione e la verifica dell’attività di autocontrollo da effettuare su tutta la filiera alimentare, ivi compresa la ristorazione; – l’attivazione di sistemi di sorveglianza delle tossinfezioni alimentari con adeguate indagini epidemiologiche su ogni episodio; – la sensibilizzazione degli operatori che partecipano al processo di produzione alimentare rispetto agli effetti delle loro azioni o omissioni sulla qualità degli alimenti; – la formazione ed educazione degli operatori che provvedono alla manipolazione o alla preparazione degli alimenti, soprattutto nell’ambito delle comunità. Radiazioni L’esposizione a sorgenti di radiazioni comporta il rischio di insorgenza di manifestazioni patologiche, sia a breve sia a lungo termine. È opportuno distinguere tra radiazioni ionizzanti (sostanze radioattive e macchine radiogene) e radiazioni non ionizzanti (campi elettromagnetici a bassa e alta frequenza), in relazione alla diversità delle caratteristiche di natura fisica e delle modalità di interazione con l’organismo vivente. In entrambi i casi, gli effetti sulla salute a lungo termine (sviluppo di neoplasie) rivestono maggiore rilevanza. Radiazioni ionizzanti Le principali fonti di esposizione a radiazioni ionizzanti per la popolazione sono rappresentate da: – la presenza di radon negli ambienti chiusi. Il radon si presenta in forma gassosa e, pertanto, viene inalato: si stima che sia responsabile del 5% – 20% dei tumori polmonari; – l’utilizzazione di radioisotopi o di macchine radiogene in ambito medico. A tale riguardo, la legislazione vigente prevede adempimenti in materia di formazione e qualificazione degli operatori del settore, di controlli di qualità delle apparecchiature, nonché di adeguamento delle apparecchiature stesse a criteri minimi di accettabilità; – la presenza nelle matrici ambientali di radioisotopi artificiali provenienti da impianti nucleari a seguito di incidenti. Al riguardo si evidenzia come in quasi tutte le Regioni sia stato attuato un sistema di controllo della radioattività ambientale. Oltre alla necessità di intensificare la ricerca scientifica nel settore delle radiazioni ionizzanti, gli obiettivi realisticamente perseguibili nel contesto italiano riguardano: – la riduzione del rischio di tumore polmonare derivante dall’esposizione a radon, mediante la riduzione della sua concentrazione nelle abitazioni ed in altri luoghi chiusi. Il problema deve essere affrontato mediante l’individuazione delle situazioni con concentrazione di radon più elevata e delle relative fonti di provenienza, la predisposizione di norme specifiche, lo studio degli interventi correttivi, la corretta informazione della popolazione e la definizione di obiettivi formativi delle categorie professionali interessate; – la riduzione del rischio associato all’esposizione a radiazioni ionizzanti per le persone sottoposte ad indagini cliniche di radiodiagnostica e di medicina nucleare, mediante la riduzione degli esami non necessari (anche con campagne di educazione sanitaria), l’adozione di adeguati programmi di assicurazione di qualità e la sostituzione degli apparati obsoleti; – la raccolta sistematica, per quel che concerne la contaminazione radioattiva di matrici ambientali a seguito di incidenti nucleari, dei dati anche per le finalità illustrate nel precedente capitolo concernente gli “Alimenti”. Radiazioni non ionizzanti In tale ambito rivestono particolare rilevanza: – le radiazioni ultraviolette UV per la loro accertata cancerogenicità e per l’inevitabile esposizione alla sorgente naturale costituita dalla radiazione solare. Tale esposizione comporta infatti il rischio di induzione di tumori cutanei ed altri effetti a breve e lungo termine, in dipendenza della durata dell’esposizione, del momento nella giornata e dell’uso di mezzi protettivi; – i campi elettrici e magnetici a frequenza industriale ed i campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde i quali, a causa della crescente diffusione delle relative sorgenti, costituiscono un rischio di effetti a breve termine connesso con l’esposizione a campi a 50 Hz di intensità molto elevata, attualmente ben documentato. Gli effetti a lungo termine, invece, sono tuttora oggetto di approfondimento scientifico. Oltre alla necessità di intensificare la ricerca scientifica in tale settore, soprattutto per gli effetti a lungo termine, gli obiettivi realisticamente perseguibili nel contesto italiano sono i seguenti: – la riduzione del rischio connesso con l’esposizione alle radiazioni ultraviolette, sensibilizzando la popolazione ad adottare opportune e non onerose modifiche delle abitudini di vita che non impediscono le attività ricreative e sportive all’aperto; – la prevenzione degli effetti a breve termine dei campi a 50 Hz e dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, mediante la definizione normativa di limiti di esposizione, nonché tutela da eventuali effetti a lungo termine sulla base di un principio cautelativo tramite l’adozione di ‘obiettivi di qualità’ da raggiungere in un certo arco di tempo in modo differenziato per diversi scenari di esposizione; – l’informazione corretta e completa della popolazione su tale problematica. Rifiuti La produzione di rifiuti solidi urbani ed il relativo smaltimento rientrano tra le emergenze ambientali dei Paesi a più elevato sviluppo economico. Il rischio per la salute si manifesta quando risultano assenti o inadeguati i processi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti, nonché quando lo smaltimento non rispetta norme sanitarie rigorose. La potenzialità degli impianti autorizzati per un idoneo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è insufficiente rispetto alle necessità; notevoli disomogeneità sono presenti sul territorio. Sebbene il maggior rischio ambientale dello smaltimento in discarica sia rappresentato dal rilascio di sostanze chimiche potenzialmente inquinanti, non insignificanti appaiono le emissioni globali di ossido di azoto e di composti organici volatili di difficile contenimento per i processi chimici, fisici e biologici che si susseguono in modo incontrollato. Per gli impianti di incenerimento il comparto maggiormente coinvolto è l’aria e, per fenomeni di “fall-out”, il suolo. Desta preoccupazione la produzione di rifiuti speciali (in particolare di quelli pericolosi) per i quali una costante attività di monitoraggio ambientale è richiesta al fine di evitare fenomeni di disseminazione non controllata. Tenuto conto dell’estrema complessità del problema, delle difficoltà nell’identificazione del rischio attribuibile alla tossicità o all’esposizione ad ogni singolo agente e nella definizione di obiettivi specifici, appare possibile proporre alcune linee di intervento mirate alla prevenzione dei danni: – ridurre i rifiuti urbani solidi da avviare a smaltimento (attraverso la raccolta differenziata, il recupero di materiali riutilizzabili e la trasformazione in prodotti combustibili); – incrementare la qualità della sicurezza dei processi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti; – incrementare la raccolta differenziata in contenitori T/F (Toxic/Flammable) di prodotti tossici e/o pericolosi e attivare servizi mobili e centri di raccolta fissa sul territorio; – incrementare le attività di monitoraggio e di tutela ambientale relative all’individuazione delle discariche abusive e attivare operazioni di bonifica ambientale; – incrementare la capacità di smaltimento dei rifiuti industriali; – favorire l’innovazione aziendale e tecnologica per minimizzare la formazione di rifiuti. Obiettivo IV Rafforzare la tutela dei soggetti deboli. Garanzie di assistenza per i deboli I soggetti che non dispongono di adeguate abilità sociali sono spesso portatori di bisogni complessi e chiedono al sistema sanitario capacità di fare sintesi sui loro problemi e di agire in modo unitario per soddisfarli. Sono soggetti deboli tutti coloro che, trovandosi in condizioni di bisogno, vivono situazioni di particolare svantaggio e sono costretti a forme di dipendenza assistenziale e di cronicità. Sono ad alto rischio i disabili con un reddito al di sotto della soglia di povertà che necessitano di un intervento programmato, continuativo e integrato. Particolare attenzione va anche riservata all’anziano disabile e alle persone nella fase terminale della vita. Obiettivo fondamentale del Psn 1998-2000 è introdurre nel sistema sanitario condizioni di maggiore equità nella erogazione dei servizi alle diverse categorie di popolazione in condizione di bisogno. In particolare, va evitato il rischio di assecondare aree privilegiate di bisogno e di utenza, quando non giustificato da necessità assistenziali e da priorità etiche, evitando vantaggi competitivi per chi sa meglio rappresentare i propri bisogni. A tal fine va incrementato l’utilizzo di metodi di valutazione interprofessionale del bisogno e va incentivato l’orientamento a formulare diagnosi globali, evitando di settorializzare gli interventi. Gli standard di struttura vanno correlati a standard di processo idonei a garantire qualità di assistenza ed esigibilità dei diritti dei soggetti svantaggiati. Per una maggiore tutela dei soggetti deboli, le Regioni evidenziano le condizioni di grave emarginazione presenti nel territorio ed elaborano progetti finalizzati a contrastare le diseguaglianze di accesso ai servizi. Il distretto e l’integrazione tra le professioni sono condizioni operative necessarie per produrre diagnosi e valutazioni multidimensionali, selezionando risposte appropriate con riferimento alle diverse condizioni di bisogno. A questo scopo la personalizzazione degli interventi deve tenere conto del livello di non autosufficienza e della non disponibilità di risorse (economiche, personali, familiari, comunitarie o di altra natura). Va inoltre perseguita una sistematica riduzione degli sprechi di risorse derivanti dalle cronicità evitabili, adottando soluzioni che rispondano a criteri di efficacia, economicità e umanizzazione. Anche per questo, i ricoveri nelle strutture sono giustificabili solo quando non siano praticabili altre forme di intervento di natura ambulatoriale, intermedia e domiciliare. In questa sezione sono considerati alcuni particolari gruppi di soggetti deboli: gli stranieri immigrati, i tossicodipendenti, i malati mentali, i bambini e gli adolescenti, gli anziani che presentano specifiche esigenze di tutela e i malati terminali. Per quanto riguarda la salute dei soggetti di cui a specifici progetti obiettivo, Linee guida e documenti di approfondimento, si rinvia a quanto contenuto nei singoli documenti oggetto di definizione in altra sede e sinteticamente richiamati nei paragrafi successivi. Stranieri immigrati Gli extracomunitari regolarizzati presenti nel nostro Paese sono, secondo dati del Ministero degli Interni aggiornati al 1997, poco meno di un milione di unità, di cui il 10% proveniente da paesi sviluppati e il resto da paesi in via di sviluppo e dall’Europa dell’Est. Nell’ultimo decennio, il numero di immigrati legali è aumentato ad un ritmo di circa l’8% all’anno; nell’ultimo anno l’incremento è stato del 13%. La componente migratoria irregolare e clandestina, spesso a maggior rischio per la salute, è stimabile tra le 200 e le 300 mila unità. Numerosi fattori epidemiologici e condizioni socioeconomiche rendono lo stato di salute degli immigrati stranieri meritevole di una particolare tutela. Oltre alle condizioni che minacciano la salute di tutti i soggetti deboli e che colpiscono in modo particolare questa fascia di popolazione (alimentazione, abitazione, lavoro e socialità inadeguati e insicuri), si devono tener presenti fattori peculiari che svolgono un ruolo particolare nei conf ronti della salute degli immigrati legati al quadro epidemiologico del paese di origine e ad aspetti culturali (difficoltà di comunicazione e di inserimento sociale), psicologici (lontananza dagli affetti, mancanza di supporto psico-familiare, rischio di fallimento del progetto migratorio) e di discriminazione nell’accesso ai servizi. Il fenomeno migratorio interessa principalmente persone selezionate, di età giovanile e in buona salute. Mentre dunque il rischio infettivo per la popolazione italiana per trasferimento di agenti infettanti da paesi ad alta endemia è ridotto e controllabile, specifici problemi originati nel paese di partenza possono trovare nel paese di destinazione condizioni di aggravamento che interessano soprattutto la popolazione di recente immigrazione. Un esempio è rappresentato dalla tubercolosi, in quanto gli immigrati provengono frequentemente da paesi in via di sviluppo e da zone ad alta prevalenza tubercolare. Mentre il rischio di evoluzione della malattia è elevato per gli immigrati, il rischio di contrarla è – per la popolazione italiana – minimo, anche per le diverse condizioni di vita. Atteggiamenti e comportamenti nei confronti dei servizi sanitari derivanti dalle tradizioni culturali dei paesi di origine, oltre che dalle forme di accoglienza nel nostro Paese, possono influenzare l’efficacia e la tempestività della risposta assistenziale, riducendo l’effettiva accessibilità ai servizi da parte delle popolazioni immigrate. Il Psn 1998-2000 pone i seguenti obiettivi da raggiungere entro il triennio. L’accesso all’assistenza sanitaria deve essere garantito a tutti gli immigrati, secondo la normativa vigente, in tutto il territorio nazionale. Secondo quanto previsto dall’Obiettivo II del Psn, la copertura vaccinale garantita alla popolazione italiana deve essere estesa alla popolazione immigrata. Nel triennio 1998-2000 dovranno essere sviluppate le seguenti attività rivolte allo sviluppo di politiche intersettoriali di salvaguardia della salute degli immigrati: – sviluppo di strumenti sistematici di riconoscimento, monitoraggio e valutazione dei bisogni di salute degli immigrati, anche valorizzando le esperienze più qualificate del volontariato; – formazione degli operatori sanitari finalizzata ad approcci interculturali nella tutela della salute; – organizzazione dell’offerta di assistenza volta a favorire la tempestività del ricorso ai servizi e la compatibilità con l’identità culturale degli immigrati. Tossicodipendenze Il settore delle tossicodipendenze attraversa una fase di profonda evoluzione, per quanto riguarda sia il contesto epidemiologico sia la riorganizzazione dell’assistenza. Ai tradizionali problemi di valutazione legati al carattere illegale e, comunque, sommerso delle abitudini di consumo, si aggiungono quelli relativi alle nuove tipologie delle sostanze immesse sul mercato e ai conseguenti mutamenti della popolazione destinataria degli interventi di prevenzione e dei trattamenti. Sono prevedibili mutamenti nello scenario degli attori coinvolti, tanto a livello istituzionale quanto nel settore privato (non profit e profit) e del volontariato, che rendono ancora più importante una chiara definizione dei rapporti e degli obiettivi da condividere. E’ inoltre necessario evitare la contrapposizione fra i diversi livelli di intervento e le differenti strategie di prevenzione (primaria e secondaria). La specifica disamina della complessità esistente, come pure la elaborazione di linee di indirizzo per la soluzione dei vari problemi, rendono necessaria la elaborazione di un Progetto obiettivo al quale è demandata la definizione di dettaglio. Oltre al miglioramento dei livelli di conoscenza del fenomeno e, in particolare, della definizione locale dei problemi e dei bisogni, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua come prioritari i seguenti obiettivi: Riduzione della mortalità e della morbosità legate alla tossicodipendenza e/o all’abuso di sostanze, con particolare riferimento alla mortalità da episodi acuti e alla patologia infettiva. Aumento della percentuale di consumatori in contatto con il sistema di assistenza, con particolare riferimento ai giovani con problemi collegati alle “nuove droghe”, e diminuzione della durata media di uso di sostanze prima del contatto (reclutamento precoce degli utenti). Aumento della quota di soggetti che, dopo il contatto con il sistema di assistenza, iniziano e completano i trattamenti previsti e recuperano un accettabile livello di integrazione sociale (con particolare riferimento al reinserimento lavorativo). Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio sono: – definizione, sperimentazione e introduzione di modelli organizzativi del sistema di assistenza finalizzati all’aumento dei livelli di integrazione delle strutture pubbliche coinvolte e tra queste e le realtà del privato non profit e del volontariato; – impostazione di piani regionali e locali per il contrasto della tossicodipendenza con risorse di tipo sociale e sanitario; – introduzione nella routine gestionale di percorsi formativi e di strumenti di valutazione dei risultati e della qualità dei servizi; – ottimizzazione delle collaborazioni interistituzionali, con particolare riferimento al campo della prevenzione primaria; – attivazione e standardizzazione di sistemi di sorveglianza e/o di adeguati flussi informativi riguardo alla prevalenza dei vari tipi di consumo (con particolare riferimento alle forme nuove più pericolose). Salute mentale La complessa problematica della tutela della salute mentale richiede l’elaborazione di uno specifico progetto obiettivo al quale è demandata la definizione di dettaglio degli obiettivi e delle linee di intervento. Di seguito sono richiamati solo alcuni aspetti di carattere generale. Per il triennio di validità del Piano sanitario nazionale sono indicati i seguenti obiettivi prioritari: Migliorare la qualità della vita e l’integrazione sociale dei soggetti con malattie mentali. Ridurre l’incidenza dei suicidi nella popolazione a rischio per problemi di salute mentale. Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio di validità del Piano sono: – completamento su tutto il territorio nazionale del modello organizzativo dipartimentale; – stretta integrazione delle strutture operative coinvolte in modo tale che la presa in carico del paziente sia chiaramente evidenziata nella sua globalità anche per gli aspetti riguardanti le risorse impiegate; – riconversione delle risorse recuperate dalla chiusura dei manicomi, destinandole alla realizzazione di condizioni abitative adeguate (residenziali e diurne) e alle attività dei dipartimenti di salute mentale; – riqualificazione e formazione del personale sanitario, in particolare di quello già operante negli ex ospedali psichiatrici; – realizzazione di interventi per la tutela della salute mentale in età evolutiva; – adozione di programmi di aiuto alle famiglie con malati mentali, per sostenere i gravi carichi assistenziali che esse affrontano quotidianamente. Fasi della vita e salute Nel ciclo di vita delle persone devono essere considerate con particolare attenzione le fasi nelle quali i cambiamenti psicofisici e relazionali sono molto accentuati e nelle quali, quindi, maggiormente si concentrano rischi e potenzialità da considerare con interventi mirati di prevenzione e promozione della salute. Le fasi cui il Piano sanitario nazionale 1998-2000 dedica specifica attenzione sono quella della procreazione, dell’età evolutiva e dell’età anziana, nonché quella delle persone nella fase terminale della vita. Gli interventi che prevengono e contrastano il complessivo ambito delle patologie dell’età evolutiva sono chiamati a svolgere un ruolo strategico. Anche in questo modo trova significativa applicazione il concetto generale di patto di solidarietà per la salute, cui si ispira il Piano sanitario nazionale, individuando nelle generazioni più giovani i destinatari di una peculiare attenzione nel quadro di una alleanza tra le età della vita. Infanzia e adolescenza La progressiva riduzione della mortalità infantile (dall’8 per mille nel ’91 al 7,4 per mille nel ’93) come pure di quella perinatale (dall’11 al 9,3 per mille) ha seguito in Italia una tendenza analoga a quello di altri paesi dell’Europa occidentale. Il divario tra Centro-Nord e Sud è tuttavia ancora rilevante: nel 1993, la mortalità infantile è stata del 5,7 per mille nelle Regioni del Centro-Nord e dell’8,7 per mille al Sud, con tassi che in alcune regioni sono più del doppio rispetto ad altre. L’obiettivo fissato nel precedente piano di portare il tasso di mortalità perinatale sotto il 10 per mille in tutte le regioni non è stato raggiunto in alcune regioni nelle quali vanno intensificati gli sforzi per migliorare la qualità dei servizi materno infantili. L’aumento del peso relativo di bambini portatori di disabilità a seguito di patologie congenite o acquisite, grazie anche al miglioramento degli interventi in fase perinatale, richiede al sistema sanitario maggiore capacità di intervento precoce di natura intensiva e riabilitativa. Particolare attenzione deve essere dedicata alle situazioni di abbandono, trascuratezza e deprivazione di cure primarie nella prima infanzia, così come alle anomalie e ai disturbi dello sviluppo in età evolutiva. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi di carattere generale: – ridurre la mortalità perinatale e infantile almeno all’8 per mille in tutte le regioni; – prevenire i comportamenti a rischio in età pre-adolescenziale e adolescenziale con riferimento alle lesioni accidentali gravi, alle autolesioni e alla dipendenza; – prevenire le cause di disabilità mentale, sensoriale e plurima; – prevenire i casi di disagio psichico e sociale dovuto a problematiche scolastiche, familiari e relazionali, anche in riferimento ad abusi e maltrattamenti; – promuovere la procreazione cosciente e responsabile, tutelando le gravidanze a rischio e fornendo un adeguato sostegno alle famiglie; – favorire programmi di prevenzione e controllo delle malattie genetiche; – monitorare lo stato di salute dell’infanzia, della pre-adolescenza e dell’adolescenza nella dimensione fisica, psichica e sociale, anche avvalendosi dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia. Gli obiettivi di Piano saranno articolati in uno specifico Progetto Obiettivo materno-infantile in corso di elaborazione, nel quale saranno sviluppate anche le azioni dirette alla tutela della salute della donna, in tutte le fasi della vita e negli ambienti di vita. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 prevede la predisposizione e l’adozione di Linee guida per la salute riproduttiva. È da privilegiare e sviluppare nei piani regionali e locali l’attività dell’area pediatrica per garantire a livello sanitario e socio-assistenziale, intra ed extraospedaliero, ogni forma di tutela della salute infantile fino al termine dello sviluppo, mediante le seguenti azioni: – assicurare interventi preventivi e diagnostici di provata efficacia in epoca pre e perinatale;- attuare interventi per la promozione della salute in età pre-adolescenziale e adolescenziale; – razionalizzare l’ospedalizzazione in età pediatrica, tenendo conto delle particolari esigenze della fascia di età cui si rivolge, coordinando e integrando l’assistenza con l’offerta di servizi distrettuali e valorizzando il pediatra di famiglia; – potenziare i servizi extraospedalieri, specie quelli a ciclo diurno, preposti al recupero dei disturbi neuropsicopatologici e delle limitazioni funzionali; – migliorare la qualità umana dei servizi rivolti all’infanzia anche mediante l’utilizzo appropriato di tecnologie biomediche; – predisporre Linee guida per la gravidanza, il parto, le cure ospedaliere pediatriche, la pediatria di famiglia e di comunità; – integrare i servizi materno-infantili con quelli socio-assistenziali ed educativi, anche tenendo conto di quanto previsto nel Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Anziani Il processo di invecchiamento della popolazione è destinato a protrarsi nel prossimo futuro. Secondo le previsioni elaborate dall’Istat, nel 2020 il 23% della popolazione italiana avrà più di 65 anni e la speranza di vita alla nascita sarà di 78,3 anni per gli uomini e di 84,6 anni per le donne. In termini relativi, aumenteranno soprattutto i grandi vecchi con età superiore agli 80 anni. Una quota significativa di anziani soffre di patologie croniche, spesso multiple, e di disabilità che ne limitano l’autosufficienza. Il 52% degli uomini e il 61% delle donne dichiarano almeno due malattie croniche in atto, il 44% e il 51%, rispettivamente, ne dichiarano almeno tre (Istat, 1994). Tra essi, i malati di Alzheimer costituiscono una popolazione di 500.000 soggetti particolarmente esposti a condizioni di deterioramento della qualità della vita per sé stessi e per i familiari, sui quali ricade gran parte del peso assistenziale. Nel 1994 i disabili di 60 anni e più non istituzionalizzati ammontano a oltre due milioni, pari al 17% degli ultrasessantenni (Istat, 1997). La disabilità accompagna soprattutto le età avanzate e condiziona fortemente la vita degli ultraottantenni. Si passa infatti dal 6% di disabili a 60-64 anni, al 47% a 80 anni e più. Il 10% degli uomini e il 31% delle donne di 60 anni e più vivono soli. I disabili che vivono soli sono 618.000. Sono anziani oltre un terzo delle 6.690.000 persone che vivono in condizioni di povertà. Le politiche sanitarie nei confronti della popolazione anziana devono prevedere interventi integrati per la prevenzione e il recupero della compromissione fisica e del deficit funzionale e, quindi, anche dello svantaggio sociale che ne può derivare. I programmi di intervento si qualificano, quindi, come programmi ad elevata integrazione sociosanitaria, improntati ad una visione positiva dell’età anziana, tramite la rimozione delle barriere che impediscono l’apporto attivo degli anziani autosufficienti alla vita sociale. Va inoltre promossa una cultura dei servizi che recuperi l’anziano come soggetto sociale in una società integrata e solidale. Agli anziani è garantita l’assistenza sanitaria, senza limiti di durata, nelle sedi più appropriate e privilegiando il domicilio. L’area degli anziani sarà oggetto di uno specifico progetto obiettivo, in via di definizione in altra sede, al quale si rimanda. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone i seguenti obiettivi di carattere generale: – promuovere il mantenimento e il recupero dell’autosufficienza nell’anziano; – adottare politiche di supporto alle famiglie con anziani bisognosi di assistenza a domicilio (anche a tutela della salute della donna, sulla quale ricade nella maggior parte dei casi l’onere dell’assistenza); – promuovere l’assistenza continuativa e integrata (intra ed extra-ospedaliera) a favore degli anziani; – favorire l’integrazione interna al sistema sanitario e fra questo e l’assistenza sociale. Gli interventi da compiere prioritariamente nel triennio di validità del Psn sono: – adeguare il numero di posti letto ospedalieri dedicati alla lungodegenza riabilitativa allo standard di 1 posto letto per mille abitanti; – garantire nei distretti la presenza delle unità di valutazione geriatrica (Uvg), atte a fornire analisi globale del bisogno dell’anziano e favorire un’assistenza personalizzata e continuativa; – sviluppare le forme alternative al ricovero, mediante l’assistenza domiciliare integrata (Adi), quella semiresidenziale e l’ospedalizzazione a domicilio, favorendo l’integrazione fra le diverse forme di intervento; – realizzare le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) previste nella legge finanziaria n. 67 del 1988. Assistenza alle persone nella fase terminale della vita Le persone affette da patologie evolutive irreversibili per le quali non esistono trattamenti risolutivi, necessitano di una assistenza finalizzata al controllo del dolore, alla prevenzione e cura delle infezioni, al trattamento fisioterapico e al supporto psicosociale. Oltre al paziente, l’attenzione deve essere dedicata ai familiari, prima e dopo il decesso del malato. In questi casi, un’assistenza di buona qualità deve offrire la possibilità di trascorrere l’ultima parte della vita in famiglia, o, quando questo non è possibile, in strutture di ricovero adeguate alla natura dei problemi. Obiettivo del Piano sanitario nazionale 1998-2000 è migliorare l’assistenza erogata alle persone che affrontano la fase terminale della vita. A tal fine sono da privilegiare le azioni volte: – al potenziamento dell’assistenza medica e infermieristica a domicilio; – all’erogazione di assistenza farmaceutica a domicilio tramite le farmacie ospedaliere; – al potenziamento degli interventi di terapia palliativa e antalgica; – al sostegno psicosociale al malato e ai suoi familiari; – alla promozione e al coordinamento del volontariato di assistenza ai malati terminali; – alla realizzazione di strutture residenziali e diurne (hospice), autorizzate e accreditate.

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