Si è celebrato il “rito” della programmazione dei posti per le facoltà di medicina veterinaria.
Il 19 giugno si è svolta la solita riunione in cui sono stati presentati i soliti dati, chiesti alle regioni, per arrivare ai soliti risultati.
Mentre la spending review del Governo annuncia un esubero di 40.000 statali (con prospettive di 200.000, con il coinvolgimento di amministrazioni regionali ed enti locali); mentre la libera professione, popolata di disoccupati e sotto-occupati, esprime fabbisogno ZERO, pare siano richiesti più di 1000 neo-laureati. Di questi 600 nel SSN e quasi altrettanti nella libera professione.
Poco importa se da anni queste stime sono puntualmente disattese: nella sanità pubblica non solo non si parla di assunzioni, ma è ritenuto insostenibile l’esistente; in quella privata i redditi medi sono indecorosi e la professione è popolata di partite iva che si barcamenano nell’impossibilità di un vero posto di lavoro.
Chi fornisce i dati si rende responsabile delle future assunzioni? Non se ne parla nemmeno.
I nostri laureati la cui preparazione costa alla collettività almeno 300.000 € ciascuno, per i 5 anni di università, resteranno senza lavoro, ingannati insieme alle loro famiglie da annunci di prospettive occupazionali del tutto fantasiosi. Oppure andranno all’Estero a fornire supporto a Stati che non hanno speso nulla per prepararli, e versare lì quelle tasse che, comunque, in una vita di lavoro in Italia, non basterebbero -loro malgrado- a “ripagare” allo Stato quanto ha investito nella loro formazione.
Alla riunione partecipano anche alcuni veterinari ma il risultato è una “pacca sulle spalle”, sentiti ma non ascoltati, ed i numeri restano drammaticamente lontani dalla realtà.
Angelo Troi
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