La polemica di questi giorni sul redditometro/spesometro non vede coinvolto il Sindacato dei Veterinari Liberi Professionisti. Attilio Befara -per il Ministero dell`Economia- ha spiegato in modo chiaro: “il redditometro non misura la ricchezza, ma il reddito effettivamente speso, mantenendo insieme ben cento voci di spesa. Le spese veterinarie sono solo una di queste cento voci.” Tra queste cento voci sono inclusi gli aspetti più disparati delle uscite dei cittadini: dall`energia elettrica, alla scuola dell`obbligo, ai contributi previdenziali. Non temiamo che gli animali non siano curati per paura di controlli, perché diamo credito a quanto spiega l`Agenzia delle Entrate sulla raccolta di dati che -in ogni caso- auspichiamo siano gestiti con raziocinio. Non vogliamo che la nostra categoria professionale possa apparire tra coloro che fiancheggiano l`evasione, quindi nessuna obiezione alla trasparenza. Certamente sarebbe auspicabile la detraibilità delle spese veterinarie perché stiamo parlando di sanità. Sicuramente un`imposizione fiscale del 21% rappresenta un costo pesante per la filiera alimentare, in cui la veterinaria svolge un ruolo fondamentale per la sicurezza dei cittadini, e per tutta quella medicina degli animali “non da reddito” che comporta ricadute altrettanto importanti sulla salute pubblica e la lotta alle zoonosi. Un sistema trasparente, che premi la sostenibilità fiscale, determina ulteriori benefici, non ultimo il versamento dei contributi previdenziali e delle imposte collaterali.
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