30/05/2013 Editoriali4 Minuti

Presidente Napolitano cita Economist che titola ‘Una generazione senza lavoro”

Sivelp

 Nella Veterinaria giovani e pensionati sono spesso accomunati dal problema dei senza lavoro, sotto-occupati nascosti dietro una partita iva.  Se ne accorgono tutti, tacendo colpevolmente sulle difficoltà nel mantenere i requisiti per poter praticare la professione: iscrizione all’Albo, alla Federazione, aggiornamento dei crediti formativi, costi per gestione contabile e adempimenti fiscali, ed a breve, assicurazione di responsabilità professionale obbligatoria…

Si tace perché consapevoli che se ci fossero controlli seri pochi potrebbero continuare ad esercitare. Forse -lo preciso, forse- si tace anche per poter impunemente continuare a chiedere nuovi requisiti come l’iscrizione ad elenchi e libelli dal dubbio valore legale che intanto consentono di incantare degli inesperti con la speranza di un angolino ancor più protetto della professione e dei fin-troppo-esperti con la certezza di nuovi corsi e crediti.

Il fenomeno si affianca a quello, altrettanto drammatico, dell’impossibilità di uscire dal mondo del lavoro. Tanti liberi professionisti in età da pensione, i quali giunti al traguardo della vita lavorativa con la prospettiva di un assegno mensile del tutto inadeguato, optano giocoforza per restare. Restare con la partita iva; continuare a lavorare non per piacere, ma per necessità. Sommando il problema di un soprannumero in entrata con l’assenza di uscita dal nostro mondo del lavoro. Aggiungendo disagio sociale a disagio sociale.

Come affrontare questa situazione che riguarda squisitamente chi non è dipendente, circa 3/4 dei veterinari italiani? La realtà delle pensioni inadeguate, se ci fermiamo a riflettere, non è destinata a venir meno. Le generazioni precedenti hanno vissuto gli anni del boom economico, della scarsa concorrenza e di un fisco meno vampiro dell’attuale. Oggi la crisi, l’ingresso sempre più tardivo nella realtà occupazionale, i margini ridotti di reddito rispetto al fatturato totale non sono elementi confortanti sulle prospettive pensionistiche. Lo Stato deve rendersi conto che avere dei pensionati con assegni inadeguati equivale a dover potenziare il welfare e l’assistenza; soccorrendo all’incapacità reddituale del singolo e drenando risorse altrove.

Soluzioni da proporre al legislatore?

  1. Si potrebbe pensare di permettere la scelta volontaria di posticipare la pensione utilizzando come contributi aggiuntivi “a cumulo”, le mensilità non riscosse, senza ulteriori versamenti. Giova per tesaurizzare rapidamente contributi utili ad aumentare il futuro assegno.

  2. Disincentivare chi resta a lavorare pur avendo una pensione consistente (es. sopra i 2000€ mensili), in modo da lasciare più mercato ai giovani.

  3. Sostenere il reddito di chi non ha le protezioni sociali del dipendente pubblico, con una rigida separazione dei rispettivi mercati del lavoro, in modo da consentire più versamenti contributivi a chi oggi ne può versare troppo pochi.

  4. Portare nelle casse previdenziali di categoria – nel nostro caso l’ENPAV- anche quei contributi di dipendenti non-pubblici che oggi vanno all’INPS, in modo da favorire la regolarizzazione delle cd. false partite iva con un controllo interno alla professione.

  5. Indirizzare  con responsabilità i giovani e le famiglie nelle scelte occupazionali, introducendo strumenti “scientifici” come l’analisi di mercato per l’orientamento ad un mondo del lavoro con prospettive concrete.

“Una generazione senza lavoro”, con l’attuale andamento negativo delle nascite, determina se possibile ripercussioni ancora maggiori che in passato sulla collettività. Prevedere e prevenire rappresenta un traguardo imprescindibile per la tenuta del sistema sociale.

Angelo Troi

 

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