In questo periodo dell’anno siamo alle prese con le denuncie dei redditi. Tra i meccanismi contorti che affliggono il popolo delle partite iva, uno dei più odiosi è la “ritenuta d’acconto”,
cioè quel versamento che i nostri clienti “sostituti d’imposta” devono fare all’erario in nostra vece, di solito entro il 16° giorno del mese successivo al pagamento. Se questa procedura può essere vantaggiosa per lo Stato quando si tratta di cifre consistenti (incassa prima), è estremamente complessa da applicare per prestazioni minori.
Esemplifichiamo: una pensionata con una piccola stalla di caprette è inquadrata come azienda agricola e come tale dovrà versare all’erario, entro la data prevista, il 20% della parcella del veterinario. Dovrà poi fargli avere documentazione che certifichi il versamento, ed il veterinario dovrà conservare tale documento per la rendicontazione in denuncia dei redditi e quindi trasmetterlo al commercialista. In parallelo dovrà certificare di aver versato, conservare la documentazione ed inviare a sua volta questa a chi tiene la contabilità. Stesso meccanismo per un Collega che dovesse visitare il cane di un’azienda qualsiasi, anche in questo caso, soggetta alla procedura. Per piccole cifre come la visita da poche decine di euro, è più costosa la burocrazia cui la ritenuta d’acconto ci costringe, che l’importo da versare. Inoltre vi è una certa distorsione laddove vi sono soggetti che non sono tenuti ad applicarle, e questo può concretamente costituire un motivo di esclusione dal mercato del libero professionista, in certe realtà. Pagare le tasse è un dovere, farlo in modo semplice dovrebbe essere un diritto.
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