WASHINGTON – A marzo la dottoressa Diane Levitan aprirà una clinica-albergo modello a Westbury, Stato di New York, con tutto il necessario per Tac, risonanza magnetica, radio e chemioterapia, chirurgia e via di seguito, e con camere da letto dove gli accompagnatori dei pazienti potranno trascorrere le notti durante il ricovero …
WASHINGTON – A marzo la dottoressa Diane Levitan aprirà una clinica-albergo modello a Westbury, Stato di New York, con tutto il necessario per Tac, risonanza magnetica, radio e chemioterapia, chirurgia e via di seguito, e con camere da letto dove gli accompagnatori dei pazienti potranno trascorrere le notti durante il ricovero dei loro cari. Niente di speciale? No, se la dottoressa Levitan non fosse un veterinario e la clinica-albergo modello non fosse destinata ai «pet» o animali domestici, con camere riservate ai padroni. Invece è così: lei è un luminare della terza età di cani e gatti, e il suo ospedale con pensione è il simbolo della passione che gli Usa nutrono per loro. Il fenomeno è nuovo. L’Associazione nazionale dei veterinari riferisce che negli Stati Uniti vivono oltre 60 milioni di cani e oltre 70 milioni di gatti, il 17% circa nella terza età (più di 8 anni per i cani e più di 11 per i gatti). Come gli esseri umani, anche i vecchi animali hanno bisogno di assistenza. Così per Fido e Fuffy lavorano industrie alimentari, mediche e farmaceutiche. Si va da pannolini per «pet» incontinenti, a letti ortopedici costruiti con materiali scoperti dalla Nasa; dal Rymadyl contro l’artrite, all’Anipryl per la demenza senile. C’è anche il «pet Prozac», versione ad hoc del calmante più usato dagli psichiatri. Le case produttrici sono colossi come Pfizer e Bayer. Insomma, il detto «vita da cani» cambia significato. Qualche esempio. Richard Turner, direttore di una società high-tech di New York, ha rischiato di perdere un maltese di 14 anni per una deficienza renale: lo ha salvato facendolo curare in clinica per settimane. Gli è costato 5 mila dollari (o euro), ma il cane è guarito. Michael Lopez, parrucchiere per signora, ha evitato che il suo labrador di 11 anni perdesse l’uso degli arti pagando 100 dollari (o euro) al giorno per dargli assistenza settimanale a domicilio (iniezioni, agopuntura, massaggi e medicine). Non si lamentano della spesa: per loro la perdita del cane sarebbe stata inestimabile. E pensare che secondo Johnny Hoskins, un veterinario che prepara un rapporto sulla terza età dei «pet», «solo 15 anni fa i padroni avrebbero posto fine alle sofferenze degli animali con un’iniezione letale, pensando di non potere fare nulla». Ma cosa rende così importanti i «pet» in una società in cui 40 milioni di persone sono senza assicurazione medica e assistenza sanitaria di Stato e non hanno i soldi per curarsi? Jim Humphrey, un veterinario che presenta un programma tv alla Cbs, dice che il numero di persone sole è aumentato perché la famiglia si è frammentata e nelle metropoli parte della popolazione è nomade ed è difficile allacciare rapporti: «Così il pet sostituisce figli, compagni, amici. La sua devozione è straordinaria e l’attaccamento dura fino alla morte».
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