08/03/2013 News2 Minuti

Cinghiali “radioattivi” e cesio-137

Sivelp

Qualche reminescenza di chimica nucleare ambientale.

Il cesio-137 è un elemento radioattivo che si produce in caso di reazioni nucleari, principalmente per fissione dell’uranio. Il suo tempo di dimezzamento fisico è di poco superiore ai 30 anni (1.1×104 giorni), mentre l’emivita biologica è di circa 70 giorni. Nell’organismo si distribuisce in modo analogo al potassio. Si trova quindi nella muscolatura, in particolare in quella striata. L’elemento è solubile in acqua e si diffonde agevolmente per ruscellamento. Abbiamo avuto dei picchi di CS-137 al suolo in Italia nel 1963 in seguito ad esperimenti nucleari in atmosfera (circa 3000 Bq/m quadrato) e poi nel 1986, dopo Cernobyl con concentrazioni vicine ai 10.000 Bq/m quadrato); un altro picco in atmosfera si è registrato nel giugno 1998 in seguito ad un incidente industriale in Spagna. La ricaduta è stata minima e le concentrazioni al suolo non hanno raggiunto i 10 Becquerel per metro quadrato dal 1992 al 2002 (anni di monitoraggio resi noti da ISPRA). Le concentrazioni rilevate nei cinghiali, dei quali si analizzano muscoli come la lingua ed il diaframma, raggiungerebbero valori fino a 5621 Bq/kg di campione analizzato, mentre i limiti previsti dall’art 3 reg CEE 737/90 sono di 600 Bq/Kg di radioattività massima cumulata. Sarebbero stati rilevati congiuntamente ad una ricerca sui parassiti della specie selvatica. Per dare un  idea delle proporzioni, consumare 2 etti di carne con 4000 Bq/kg equivale a 0,01mSv (Millisievert). Il sievert (Sv) misura il danno da radiazioni sull’organismo: l’esposizione ad 1Sv provoca una lieve alterazione temporanea dell’ emoglobina. Il danno è proporzionale al tempo di esposizione. La radioattività di base in Italia è valutata  sui 3 mSv/anno.
Ovviamente il primo passaggio sarebbe ora quello di analizzare altre specie con comportamento alimentare diverso, per stabilire se il problema è correlabile alle abitudini del cinghiale. Da qui si potranno ricavare le prime ipotesi sulle origini del problema e valutare se l’intervento deve riguardare principalmente i soggetti interessati, altre specie, l’intera zona o un sito specifico e limitato.

Angelo Troi SIVELP – veterinario, dr in scienze e tecnologie ambiente e natura

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