Decreto Politiche agricole 403/2000. Approvazione del nuovo regolamento di esecuzione della legge 15 gennaio 1991, n.30, concernente disciplina della riproduzione animale.
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 15 gennaio 1991, n. 30 [1], recante “Disciplina della riproduzione animale”; Vista la legge 3 agosto 1999, n. 280 [2], recante “Modifiche ed integrazioni” alla suddetta legge, anche in attuazione della direttiva 941/28/CE del Consiglio del 23 giugno …
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ Vista la legge 15 gennaio 1991, n. 30 [1], recante “Disciplina della riproduzione animale”; Vista la legge 3 agosto 1999, n. 280 [2], recante “Modifiche ed integrazioni” alla suddetta legge, anche in attuazione della direttiva 941/28/CE del Consiglio del 23 giugno 1994; Visto il decreto ministeriale 13 gennaio 1994, n. 172 [3], regolamento di esecuzione della predetta legge; Visto il decreto ministeriale 24 aprile 1998, n. 327 [4], con il quale sono state apportate modifiche all’allegato 7 del predetto decreto; Considerato che nel corso degli oltre quattro anni di applicazione del citato regolamento sono emerse alcune problematiche legate a mutamenti verificatisi nel settore della riproduzione animale, sia sotto il profilo normativo, che tecnico-scientifico, che organizzativo; Considerate al riguardo anche le molteplici proposte di modifica richieste dalle regioni e province autonome; Ritenuta quindi la necessità di modificare il testo del già citato regolamento di esecuzione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, ed in particolare, in considerazione della copiosità delle variazioni di sostituire l’intero testo normativo al fine di permettere una più agevole applicazione e consultazione; Sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 gennaio 1991, n. 30 [5], che nella riunione del 25 maggio 1999, ha espresso parere favorevole; Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 [6]; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi, reso nella adunanza del 30 agosto 1999; Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri a norma del citato articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, compiuta con nota n. 22679 del 22 ottobre 1999; ADOTTA il seguente regolamento: Capo I MONTA NATURALE PRIVATA E PUBBLICA PER LA RIPRODUZIONE ANIMALE Articolo 1 Monta naturale privata: requisiti dei riproduttori maschi 1. Il riproduttore animale maschio, per essere adibito alla monta naturale privata, deve soddisfare le seguenti condizioni: a) essere iscritto nella sezione “riproduttori maschi” del libro genealogico o del registro anagrafico della razza di appartenenza o in un registro di suini riproduttori ibridi. L’iscrizione è attestata dal certificato genealogico o anagrafico, rilasciato dall’associazione allevatori o dall’ente che tiene i suddetti libri o registri; b) essere identificato, qualora trattasi di bovini, bufalini, ovini, caprini e suini con le modalità previste dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317 [7], e qualora trattasi di equini, tramite i dati segnaletici e un tatuaggio o altro mezzo idoneo stabilito dalle norme del competente libro genealogico o registro anagrafico. 2. In applicazione a quanto stabilito all’articolo 5, comma 2, lettere a) e b) della legge 15 gennaio 1991, n. 30 [8], gli stalloni non iscritti a libri genealogici o registri ufficialmente istituiti, devono, prima del loro impiego per la fecondazione in monta naturale, essere individuati secondo le norme stabilite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominate regioni, che li hanno autorizzati. 3. Per la specie equina la monta naturale privata è regolata dalle stesse norme che disciplinano la monta naturale pubblica di cui all’articolo 2. Articolo 2 Monta naturale pubblica: autorizzazioni 1. Chiunque intenda gestire una stazione di monta naturale pubblica deve munirsi di apposita autorizzazione rilasciata dalla regione competente per territorio. 2. Le regioni prevedono le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono comunque contenere: a) nome, cognome, dati anagrafici, codice fiscale, partita I.V.A. e residenza del richiedente o denominazione, sede, partita I.V.A. e generalità complete del legale rappresentante, se trattasi di persona giuridica; b) località e ubicazione della stazione; c) l’indicazione dei riproduttori maschi presenti (numero, specie e razza). 3. Al momento del rilascio dell’autorizzazione le regioni attribuiscono alla stazione di monta un codice univoco a livello nazionale. 4. L’autorizzazione ha validità quinquennale, non è cedibile ed è rinnovabile. La regione può revocare l’autorizzazione qualora il gestore della stazione si renda inadempiente agli obblighi previsti dall’articolo 6, oppure vengano meno una o più condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione medesima. 5. Su espressa richiesta, l’autorizzazione a gestire le stazioni di monta pubblica equina può essere estesa anche al prelevamento del materiale seminale dagli stalloni ed alla successiva utilizzazione dello stesso materiale sulle fattrici presenti nella stazione. In tal caso il richiedente, nella domanda, dovrà indicare anche: nome, cognome, dati anagrafici, codice univoco nazionale e indirizzo del veterinario che garantisce la regolarità del prelevamento e dell’utilizzazione del materiale seminale. Articolo 3 Requisiti delle stazioni di monta pubblica 1. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla sussistenza delle seguenti condizioni: a) che la stazione di monta disponga di strutture e ricoveri adeguati per gli animali e di un conveniente luogo per l’accoppiamento con presenza di idonea attrezzatura per la monta; b) che la stazione di monta sia costruita in modo da garantire le necessarie misure di igiene e sanità contro la diffusione delle malattie infettive e parassitarie; c) che il gestore della stazione di monta sia in possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado ad esclusione dei gestori delle stazioni di monta già autorizzati ai sensi della precedente normativa (legge 3 febbraio 1963, n. 127 [9]); d) che il personale impiegato sia qualificato per le specifiche mansioni cui deve essere adibito. 2. In caso di richiesta di poter praticare l’inseminazione artificiale prevista dall’articolo 2, comma 5, l’autorizzazione è subordinata alla sussistenza anche dei seguenti requisiti attestati da apposita certificazione rilasciata dalla azienda sanitaria locale di competenza: a) che la stazione disponga di locali ed attrezzature adeguati al prelievo e alla preparazione del materiale seminale fresco; b) che siano rispettate le prescrizioni emanate dalle competenti aziende sanitarie locali in materia di profilassi e di polizia sanitaria; c) che la regolarità del prelievo e dell’utilizzo del seme fresco sia garantita da un veterinario; d) risponda alle vigenti disposizioni sul benessere degli animali; e) che la stazione disponga di personale idoneo a dette mansioni. Articolo 4 Requisiti dei riproduttori maschi 1. Il riproduttore, per essere adibito alla monta naturale pubblica, deve soddisfare le seguenti condizioni: a) essere iscritto nella sezione “riproduttori maschi” del libro genealogico o del registro anagrafico della razza di appartenenza o in un registro di suini riproduttori ibridi. L’iscrizione è attestata dal certificato genealogico o anagrafico, rilasciato dall’associazione allevatori o dall’ente che tiene i suddetti libri o registri; b) essere identificato, qualora trattasi di bovini, bufalini, ovini, caprini e suini con le modalità previste dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317, e qualora trattasi di equini, tramite i dati segnaletici e un tatuaggio o altro mezzo idoneo stabilito dalle norme del competente libro genealogico o registro anagrafico. Gli stalloni non iscritti ai libri genealogici o ai registri ufficialmente istituiti, devono, prima del loro impiego per la fecondazione in monta naturale, essere identificati secondo le norme stabilite dalle regioni che li hanno autorizzati; c) disporre, ove previsto nel relativo libro genealogico o registro, di un certificato di accertamento dell’ascendenza, basato sull’analisi del gruppo sanguigno o altro metodo adeguato, rilasciato dall’associazione allevatori o dall’ente che tiene il medesimo libro 0 registro; d) essere in possesso delle certificazioni sanitarie, rilasciate dalla azienda sanitaria locale, che attestino i requisiti stabiliti dal Ministero della sanità. Articolo 5 Riproduttori equini di interesse locale 1. L’allevatore o il gestore di una stazione di monta che intende avvalersi della deroga di cui all’articolo 5, comma 2, lettera b) della legge 15 gennaio 1991, n. 30, deve annualmente presentare alla regione apposita domanda contenente l’elenco degli stalloni non iscritti in un libro genealogico o registro ufficiale, che intende impiegare per la monta naturale, specificandone la provenienza, ed allegando, qualora trattasi di animali provenienti dall’estero, copia del certificato genealogico 0 di origine rilasciato da un ente od organizzazione a ciò ufficialmente preposto. Gli stalloni, prima del loro impiego, devono essere identificati secondo le norme della regione che li ha autorizzati. La regione provvederà, tramite propri istituti od organizzazioni di allevatori, ad individuare e registrare detti stalloni. Per ogni stallone riconosciuto idoneo la regione rilascia un attestato di approvazione alla fecondazione. 2. Nell’attestato di approvazione vanno riportati, oltre ai dati segnaletici, il nome, l’eventuale matricola, la data di nascita, gli ascendenti, il Paese di origine, la razza o tipo genetico, nonché la zona di impiego del riproduttore e le indicazioni della stazione di monta. 3. La regione provvede annualmente, prima dell’inizio di ciascuna campagna di fecondazione, alla formazione dell’elenco dei cavalli e degli asini stalloni autorizzati alla fecondazione, con l’indicazione, per ognuno di essi, della stazione di monta in cui è previsto l’impiego, del nome, della data di nascita, dell’eventuale matricola, della razza o della produzione tipica, del mantello e della tariffa di accoppiamento. Articolo 6 Obblighi del gestore della stazione di monta pubblica 1. Il gestore della stazione di monta pubblica è tenuto: a) a registrare tutti gli atti fecondativi sugli appositi moduli di avvenuto accoppiamento., forniti dalla regione, nei quali siano comunque indicati: la data di inseminazione, la razza o il tipo genetico e la matricola del riproduttore maschio, l’identificazione, la razza o il tipo genetico della fattrice coperta, nonché le generalità del proprietario della fattrice; b) a disporre di un registro riportante specie, razza o tipo genetico e matricola dei riproduttori maschi presenti nella stazione; c) a rilasciare al proprietario della fattrice copia del certificato di intervento fecondativo; d) a conservare i moduli per almeno tre anni e) ad uniformarsi alle prescrizioni emanate dalle competenti aziende sanitarie locali in materia di profilassi e di polizia sanitaria; f) a denunciare, anche tramite il veterinario, la comparsa nei propri riproduttori di qualsiasi manifestazione sospetta o di qualsiasi malattia infettiva e/o diffusiva; g) a conservare il certificato azienda sanitaria locale rilasciato in base a quanto previsto all’articolo 4, lettera d); h) a rendere pubbliche le tariffe di monta per ciascun riproduttore impiegato nella stazione ed a comunicarle, nei termini stabiliti, alla regione competente; i) a non mantenere nella stazione maschi interi in età da riproduzione non autorizzati o non aventi i requisiti prescritti per essere idonei alla riproduzione, anche se adibiti all’accertamento preliminare del calore nelle fattrici; l) comunicare alla regione competente, nei termini stabiliti dalla stessa, l’elenco dei riproduttori iscritti ai libri genealogici o ai registri ed impiegati; m) non ricoverare nelle stesse strutture di stabulazione, che devono essere nettamente separate le une dalle altre, animali di specie diverse; tuttavia possono essere ammessi gli altri animali domestici assolutamente necessari al normale funzionamento della stazione, sempreché essi non presentino alcun rischio di infezione per gli animali destinati alla fecondazione nella stazione. Ove la stazione sia ubicata in un allevamento con altri animali della stessa specie, i riproduttori maschi devono essere tenuti separati dal resto dell’allevamento; n) non detenere nei locali della stazione, attrezzature atte alla refrigerazione, al congelamento e al trattamento del materiale seminale. Capo II STAZIONI DI INSEMINAZIONE ARTIFICIALE EQUINA PUBBLICA Articolo 7 Inseminazione artificiale pubblica: autorizzazioni 1. Chiunque intenda gestire una pubblica stazione di inseminazione artificiale equina con materiale seminale refrigerato o congelato prodotto dai centri autorizzati deve munirsi di apposita autorizzazione rilasciata dalla regione competente per territorio. 2. Le regioni prevedono le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono comunque contenere: a) nome, cognome, dati anagrafici, codice fiscale, partita I.V.A. e residenza del richiedente o denominazione, sede, partita IVA. e generalità complete del legale rappresentante se trattasi di persona giuridica; b) località e ubicazione della stazione; c) nome, cognome, dati anagrafici, codice univoco nazionale e indirizzo del veterinario che garantisce la regolare operatività della stazione di inseminazione artificiale. 3. Al momento del rilascio dell’autorizzazione le regioni attribuiscono alla stazione di inseminazione artificiale un codice univoco a livello nazionale. 4. L’autorizzazione ha validità quinquennale, non è cedibile ed è rinnovabile. La regione può revocare l’autorizzazione qualora il gestore della stazione si renda inadempiente agli obblighi previsti dall’articolo 9, oppure vengano meno una o più condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione medesima. 5. Le regioni possono rilasciare al medesimo richiedente sia l’autorizzazione a gestire una stazione di monta naturale sia l’autorizzazione a gestire una stazione di inseminazione artificiale con materiale seminale refrigerato o congelato, purché i locali adibiti all’inseminazione artificiale siano nettamente separati da quelli della monta naturale. Articolo 8 Requisiti delle stazioni di inseminazione artificiale 1. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato oltreché alla presenza dei requisiti già previsti all’articolo 3 per le stazioni di monta naturale, anche alla sussistenza delle seguenti condizioni attestate da apposita certificazione rilasciata dalla azienda sanitaria locale di competenza: a) che la stazione disponga di locali e attrezzature adeguate alla conservazione del materiale seminale refrigerato e congelato; b) che la stazione disponga di un locale situato in prossimità degli altri ambienti, ma non comunicante con essi, destinato agli accertamenti relativi allo stato sanitario dell’apparato genitale delle fattrici ed, eventualmente, alla terapia, nonché di locali idonei alla inseminazione; c) che la stazione sia in grado di assicurare una assistenza veterinaria continuativa e qualificata; d) che la stazione risponda alle vigenti disposizioni sul benessere degli animali. Articolo 9 Obblighi del gestore della stazione di inseminazione artificiale 1. Il gestore della stazione di inseminazione artificiale è tenuto a: a) registrare tutti gli atti fecondativi sugli appositi moduli di avvenuta inseminazione, forniti dalla regione, nei quali siano comunque indicati: la data di inseminazione, la razza o il tipo genetico e la matricola del riproduttore maschio, l’identificazione e la razza o il tipo genetico della fattrice coperta, nonché le generalità del proprietario della fattrice; b) rilasciare al proprietario della fattrice copia del certificato di intervento fecondativo; c) conservare i moduli per almeno tre anni; d) uniformarsi alle prescrizioni emanate dalle competenti aziende sanitarie locali in materia di profilassi e di polizia sanitaria; e) comunicare alla regione competente l’eventuale sostituzione del veterinario che garantisce l’operatività della stazione di inseminazione artificiale; f) denunciare, anche tramite il veterinario, la comparsa sulle fattrici di qualsiasi manifestazione sospetta o di qualsiasi malattia infettiva o diffusiva; g) rendere pubbliche le tariffe di inseminazione artificiale per ciascun riproduttore impiegato nella stazione ed a comunicarle, nei termini stabiliti, alla regione competente; h) non mantenere nella stazione maschi in età da riproduzione anche se adibiti all’accertamento preliminare del calore nelle fattrici; i) non ricoverare nelle stesse strutture di stabulazione, che devono essere nettamente separate le une dalle altre, animali di specie diverse; tuttavia possono essere ammessi gli altri animali domestici assolutamente necessari al normale funzionamento della stazione, sempreché essi non presentino alcun rischio di infezione per le fattrici destinate alla fecondazione nella stazione; l) tenere un registro cronologico di carico e scarico del materiale seminale distinguendo quello refrigerato e da quello congelato. Capo III INSEMINAZIONE ARTIFICIALE Articolo 10 Impianti per l’inseminazione artificiale 1. Gli impianti adibiti alla produzione e distribuzione di materiale seminale per l’inseminazione artificiale si distinguono in: a) centri di produzione dello sperma: che provvedono alla raccolta, preparazione, controllo, confezione, conservazione e distribuzione ai recapiti del materiale seminale. Per il solo materiale seminale fresco e refrigerato, considerate le caratteristiche di conservazione, è ammessa la distribuzione diretta alle aziende agricole, ai medici veterinari ed agli operatori pratici di inseminazione artificiale. I centri genetici sono equiparati, limitatamente all’esercizio dell’attività di valutazione genetica, ai centri di produzione dello sperma. Nei centri di produzione di materiale seminale equino è possibile provvedere, previa espressa autorizzazione ai sensi dell’articolo 2, comma 5 e dell’articolo 3, comma 2, anche all’inseminazione delle fattrici con materiale seminale fresco ivi prodotto; b) recapiti: che provvedono alla conservazione e alla ridistribuzione del materiale seminale congelato e degli embrioni congelati forniti, rispettivamente, dai centri di produzione dello sperma e dai centri di produzione degli embrioni, di cui all’articolo 23, comma 1, con i quali sono collegati anche ai fini della responsabilità circa l’impiego del seme e degli embrioni. Articolo 11 Centri di produzione: autorizzazioni 1. 1 centri di produzione dello sperma possono operare esclusivamente previa concessione di un’autorizzazione, rilasciata dalla regione competente per territorio. Le regioni prevedono le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono comunque contenere: a) nome e cognome, dati anagrafici, codice fiscale, partita I.V.A. e residenza del richiedente o denominazione, sede, partita I V.A. e generalità complete del legale rappresentante, se trattasi di persona giuridica; b) nome e cognome, dati anagrafici, codice univoco nazionale ed indirizzo del veterinario responsabile della gestione sanitaria del centro; c) ubicazione e descrizione dei fabbricati ed impianti, corredate da prospetto dei locali e attrezzature, con allegata pianta planimetrica e relativi estremi catastali; d) elenco dei recapiti collegati; e) indicazione dei riproduttori presenti (specie e razza); f) informazioni specifiche sull’organizzazione tecnica e commerciale per la produzione e la distribuzione del materiale seminale. 2. Le regioni attribuiscono a ciascun centro di produzione un numero di codice univoco a livello nazionale. 3. La regione può revocare l’autorizzazione qualora il centro si renda inadempiente agli obblighi previsti dall’articolo 13, oppure vengano meno una o più condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione medesima. Le regioni comunicano al Ministero delle politiche agricole e forestali e al Ministero della sanità l’elenco dei centri autorizzati e di quelli revocati. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, annualmente, provvede a divulgare l’elenco dei centri di produzione dello sperma operanti, distinti per singola specie. 4. Nell’autorizzazione viene fatto esplicito riferimento alla persona del titolare, al tipo di impianto, alla ubicazione del medesimo ed alle specie trattate. Articolo 12 Requisiti dei centri di produzione dello sperma 1. I centri di produzione dello sperma, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, devono: a) essere posti, in permanenza, sotto la direzione sanitaria di un veterinario responsabile; b) essere in possesso di un certificato della azienda sanitaria locale di competenza, dal quale risulti che sono garantite le necessarie misure di igiene e sanità; c) disporre di: 1) adeguati locali o strutture di stabulazione rispondenti alle disposizioni per il benessere degli animali, con possibilità di isolamento degli animali stessi; 2) un ambiente per il prelievo del materiale seminale, comprendente un locale separato per la pulizia, la disinfezione e la sterilizzazione delle attrezzature; 3) un locale per il trattamento e la confezione del materiale seminale; 4) un locale per la conservazione del materiale seminale; 5) servizi igienici per il personale ed un locale ad uso spogliatoio; d) essere recintati in modo da prevenire qualsiasi contatto con animali che si trovano al di fuori del centro; e) essere strutturati in modo che i locali di stabulazione siano materialmente separati dai locali di trattamento del materiale seminale e che entrambi siano separati dal locale di conservazione del materiale seminale; f) disporre di una sorveglianza che impedisca l’accesso alle persone non autorizzate. Eventuali visite al centro dovranno avvenire nel rispetto delle condizioni stabilite dal veterinario responsabile della gestione sanitaria del centro medesimo; g) disporre di personale tecnicamente competente, adeguatamente addestrato ai procedimenti di disinfezione ed alle tecniche igieniche per il controllo della propagazione delle malattie; h) essere costruiti in modo che i locali di stabulazione degli animali e quelli di raccolta, di trattamento e di immagazzinamento dello sperma possano essere agevolmente puliti e disinfettati; i) disporre di locali o ambienti di isolamento privi di comunicazione diretta con quelli destinati alla normale stabulazione dei riproduttori; l) disporre, qualora si provveda ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera a), alla inseminazione di fattrici con materiale seminale equino fresco, di un locale situato in prossimità degli altri ambienti, ma non comunicante con essi, destinato agli accertamenti relativi allo stato sanitario dell’apparato genitale delle fattrici ed, eventualmente, alla terapia, nonché di locali idonei alla inseminazione. Articolo 13 Obblighi dei centri di produzione dello sperma 1. I centri di produzione dello sperma hanno l’obbligo di: a) vietare il ricovero nella stessa struttura di stabulazione di animali di specie diverse; tuttavia, sono ammessi altri animali domestici assolutamente necessari al funzionamento normale del centro di produzione, sempreché essi non presentino alcun rischio di infezione per gli animali delle cui specie lo sperma deve essere raccolto, e soddisfino le condizioni stabilite dal veterinario responsabile della gestione sanitaria del centro. Qualora il centro sia stato autorizzato a produrre materiale seminale di specie diverse, le rispettive strutture di stabulazione e di prelievo del materiale seminale, nonché le relative attrezzature di raccolta e di trattamento, devono essere nettamente separate; b) allevare esclusivamente riproduttori maschi autorizzati all’inseminazione artificiale o giovani riproduttori ammessi ad una prova di valutazione genetica, anche nel caso di produzione per conto terzi; c) uniformarsi alle prescrizioni emanate dalle competenti autorità sanitarie, in materia di profilassi e polizia veterinaria; d) denunciare la comparsa nei propri animali di qualsiasi malattia infettiva o diffusiva; e) seguire le norme sanitarie in materia di prelievo, preparazione e conservazione del materiale seminale stabilite dal Ministero della sanità; f) comunicare alla regione competente l’eventuale sostituzione del veterinario responsabile della direzione sanitaria dell’impianto; g) rendere pubbliche le tariffe del materiale seminale di ciascun riproduttore e comunicarle tempestivamente alla regione competente; h) annotare su apposito registro, per ciascuno dei riproduttori presenti: specie, razza, data di nascita, identificazione, malattie riscontrate, vaccinazioni praticate e controlli effettuati sul materiale seminale; i) tenere un registro con l’indicazione giornaliera del materiale seminale prelevato da ciascun riproduttore, con l’indicazione delle dosi valide prodotte per ciascuna partita. Per il materiale seminale congelato deve essere indicato, inoltre, il numero identificativo di ciascuna partita; – l) tenere un registro cronologico di carico del materiale seminale prodotto e di scarico del materiale seminale in uscita, distinguendo il materiale seminale fresco da quello refrigerato e da quello congelato. Nello stesso registro deve essere registrato il carico e lo scarico del materiale seminale proveniente da altri centri di produzione; m) distribuire il materiale seminale esclusivamente in fiale o altri contenitori sigillati e riportanti chiare e inamovibili indicazioni sul centro di produzione dello sperma, identificazione della partita (data o giorno progressivo entro anno e anno di raccolta dello sperma), specie, razza o tipo genetico, matricola del riproduttore; n) rilasciare, per ciascuna partita di materiale seminale prodotto od importato, a richiesta degli acquirenti, un certificato attestante, oltre ai dati identificativi della partita medesima, le caratteristiche qualitative rilevate, secondo quanto previsto dall’articolo 37, comma 1; o) rilasciare per ogni atto di vendita di materiale seminale un documento accompagnatorio contenente i dati della partita (specie, razza, matricola del riproduttore maschio e identificazione della partita) cui il materiale seminale appartiene. Il documento non è necessario qualora dette informazioni siano già contenute nella fattura; p) sottostare a tutti gli obblighi e soddisfare tutti i requisiti previsti per i recapiti, nonché disporre della relativa autorizzazione, qualora distribuiscano direttamente materiale seminale; q) detenere o sottoporre annualmente alle valutazioni genetiche previste dai libri genealogici o registri anagrafici un numero di riproduttori maschi delle specie o razze per le quali si richiede l’autorizzazione, non inferiore al 5% del totale dei riproduttori maschi in prova per le medesime valutazioni genetiche nell’anno precedente, salvo diverse disposizioni previste dal libro genealogico o registro anagrafico in ordine alla valutazione genetica. Per i centri di produzione già in possesso di autorizzazione ai sensi della legge 25 luglio 1952, n. 1009 [10], il numero dei riproduttori da sottoporre a valutazione genetica non può comunque essere inferiore al 3% del totale; r) seguire le procedure atte al controllo qualitativo del materiale seminale, così come disciplinato dall’articolo 37. 2. I centri di produzione di materiale seminale possono distribuire dosi eterospermiche di materiale seminale suino fresco o refrigerato ottenute miscelando il materiale seminale di due verri della stessa razza o tipo genetico, purché entrambi in possesso dei requisiti previsti per l’impiego in inseminazione artificiale pubblica. Dette dosi vengono distribuite in contenitori che recano, al posto della matricola del verro, un codice alfanumerico che, in base alle registrazioni del centro di produzione, permette di risalire all’identità dei due verri produttori. Articolo 14 Recapiti: autorizzazioni 1. I recapiti possono operare esclusivamente previa concessione di una autorizzazione rilasciata dalla regione competente per territorio. Ad ogni recapito viene attribuito un numero di codice univoco nazionale. 2. Le regioni possono revocare l’autorizzazione qualora il gestore si renda inadempiente agli obblighi previsti dall’articolo 16, oppure, vengano meno una o più condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione medesima. Le regioni comunicano al Ministero delle politiche agricole e forestali e al Ministero della sanità l’elenco dei recapiti autorizzati e di quelli revocati. Il Ministero delle politiche agricole e forestali annualmente provvede a divulgare l’elenco dei recapiti operanti. 3. Le regioni prevedono le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono comunque contenere: a) nome e cognome, dati anagrafici, codice fiscale, partita I V.A. e residenza del richiedente, o denominazione, sede, partita I.V.A. e generalità complete del legale rappresentante se trattasi di persona giuridica; b) ubicazione e descrizione dei fabbricati e relativi estremi catastali; c) elenco dei centri nazionali di produzione dello sperma, dei centri di produzione degli embrioni e dei gruppi di raccolta degli embrioni dai quali provengono rispettivamente il materiale seminale e gli embrioni distribuiti; d) indicazioni specifiche sulla organizzazione della distribuzione. Articolo 15 Requisiti dei recapiti I recapiti, al fine del rilascio dell’autorizzazione, devono: a) essere diretti da un esperto zootecnico in possesso di un diploma di scuola media superiore o diploma di laurea ad indirizzo agrario o zootecnico, fatti salvi i recapiti già in possesso di autorizzazione regionale ai sensi della legge 25 luglio 1952, n. 1009; b) disporre di appositi locali dotati di aspiratori dei fumi di azoto, pareti lavabili e servizi igienici, nonché di contenitori idonei alla conservazione del materiale seminale ed embrioni confezionati. Articolo 16 Obblighi dei recapiti 1. I recapiti hanno l’obbligo di: a) detenere e distribuire materiale seminale ed embrioni provenienti esclusivamente dai centri nazionali di produzione dello sperma o di embrioni con i quali sono collegati. Il passaggio di materiale seminale o di embrioni tra recapiti è consentito solo se entrambi i recapiti interessati risultano formalmente collegati con il centro di produzione nazionale di origine del materiale riproduttivo scambiato; b) tenere un registro cronologico di carico per il materiale seminale disponibile da cui risulti la relativa provenienza e di scarico per quello distribuito, da cui risultino gli allevamenti acquirenti o i nominativi degli operatori che l’hanno acquistato o ricevuto in deposito per l’impiego esclusivo in azienda; c) comunicare trimestralmente alla regione il numero di dosi di materiale seminale ed embrioni, distinte per riproduttore, distribuite ai vari allevamenti e agli operatori identificati dal relativo codice; d) rendere pubblico il prezzo a dose di materiale seminale per ciascun riproduttore e comunicarlo alla regione; e) distribuire materiale seminale ed embrionale esclusivamente a: allevatori o loro delegati, direttamente o a domicilio, operatori di cui agli articoli 21 e 31, altri recapiti collegati funzionalmente allo stesso centro secondo quanto previsto alla lettera a); f) rilasciare, per ogni atto di vendita di materiale seminale congelato o di embrioni, un documento accompagnatorio contenente i dati relativi a specie, razza e matricola del riproduttore maschio cui il materiale seminale appartiene. Il documento non è necessario qualora dette informazioni siano già contenute nella fattura. Qualora il trasferimento del materiale seminale o degli embrioni avvenga fra recapiti collegati ai sensi della lettera a), dovranno essere fornite le indicazioni previste per i centri all’articolo 13, comma 1, lettera o); g) divulgare e mettere a disposizione dei veterinari, dei tecnici e degli allevatori le pubblicazioni ufficiali aggiornate delle associazioni nazionali allevatori di specie e razza, relative alle valutazioni genetiche dei riproduttori italiani, nonché gli elenchi dei riproduttori esteri approvati per l’uso in Italia; h) consentire il libero accesso nei locali del recapito al personale incaricato della vigilanza, il quale può effettuare le verifiche ed i controlli del materiale seminale a qualsiasi titolo commercializzato. Articolo 17 Impiego dell’inseminazione artificiale nell’ambito aziendale: suini 1. Negli allevamenti suinicoli è consentito il prelievo e la preparazione di materiale seminale proveniente dai riproduttori maschi presenti in azienda per l’esclusiva inseminazione delle scrofe dell’azienda medesima. 2. Condizioni per l’impiego dell’inseminazione artificiale nell’ambito aziendale sono: a) che l’azienda disponga di locali ed attrezzature adeguati per il prelievo, la preparazione e la conservazione del materiale seminale, fresco o refrigerato; b) che i riproduttori maschi presenti nell’allevamento risultino idonei per la monta naturale; c) che siano rispettate le prescrizioni emanate dalle competenti aziende sanitarie locali in materia di profilassi e di polizia sanitaria; d) che l’azienda disponga di personale di cui all’articolo 21. 3. L’azienda ha l’obbligo di comunicare tempestivamente alla regione competente lo svolgimento di detta attività. Le regioni, con riferimento alle dimensioni dell’allevamento, possono prevedere che la responsabilità sanitaria sia assicurata da un veterinario. Articolo 18 Inseminazione artificiale: requisiti dei riproduttori maschi 1. II riproduttore maschio, per essere adibito alla produzione di materiale seminale da utilizzare in inseminazione artificiale, deve soddisfare le seguenti condizioni: a) essere iscritto nella sezione “riproduttori maschi” del libro genealogico o del registro anagrafico della razza di appartenenza o in un registro dei suini riproduttori ibridi. L’iscrizione è attestata dal certificato genealogico o anagrafico, rilasciato dall’associazione degli allevatori o dall’ente che tiene i suddetti libri o registri; b) aver superato con esito positivo le valutazioni genetiche, per l’ammissione alla inseminazione artificiale, programmate ed organizzate dalle associazioni degli allevatori o dall’ente competente che tiene il libro o registro, o essere stato ammesso ad una prova di valutazione genetica, qualora trattasi di un giovane riproduttore. In questo ultimo caso, l’utilizzazione del materiale seminale è consentita nei limiti quantitativi necessari per la realizzazione, da parte dell’associazione degli allevatori o dell’ente competente, delle prove medesime; c) essere identificato, qualora trattasi di bovini, bufalini, ovini, caprini e suini con le modalità previste dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996. n. 317, e qualora trattasi di equini. tramite i dati segnaletici e un tatuaggio o altro mezzo idoneo stabilito dalle norme del competente libro genealogico o registro anagrafico; d) disporre di un certificato di accertamento dell’ascendenza basato sull’analisi del gruppo sanguigno o altro metodo adeguato, rilasciato dall’associazione degli allevatori o dall’ente competente che tiene il libro genealogico .o il registro; e) essere in possesso delle certificazioni sanitarie, rilasciate dalle aziende sanitarie locali, che attestino i requisiti stabiliti dal Ministero della sanità; f) essere sottoposto, almeno due volte l’anno, agli accertamenti sanitari effettuati a cura delle aziende sanitarie locali, che attestino l’assenza di malattie infettive e diffusive, a norma delle vigenti disposizioni di polizia veterinaria e delle ordinanze emanate dal Ministero della sanità; g) provenire da un centro genetico o da altro centro di produzione di pari livello sanitario, oppure essere risultato negativo, prima dell’ammissione al centro, alle prove stabilite dal Ministero della sanità ed effettuate durante Nsolamento di almeno trenta giorni in appositi locali adibiti a quarantena. Articolo 19 Inseminazione artificiale: altri requisiti 1. La raccolta del materiale seminale deve essere effettuata esclusivamente all’interno degli appositi locali del centro di produzione dello sperma. Il riproduttore maschio, durante la permanenza nel centro di produzione dello sperma, non può essere adibito alla monta naturale. 2. I giovani riproduttori maschi in attesa dell’esito della valutazione genetica non possono essere spostati dal centro di produzione dello sperma senza preventiva comunicazione all’azienda sanitaria locale competente e, prima di essere riammessi al centro, devono essere sottoposti nuovamente agli accertamenti sanitari previsti per essere adibiti alla inseminazione artificiale. Articolo 20 Inseminazione artificiale per le razze autoctone e per i tipi etnici a limitata diffusione 1.Le regioni, previa comunicazione al Ministero delle politiche agricole e forestali, possono autorizzare, su specifica richiesta dei centri di produzione dello sperma, la raccolta del materiale seminale di riproduttori maschi di razze autoctone e tipi etnici a limitata diffusione, iscritti nell’apposito registro anagrafico, direttamente nelle aziende che li ospitano. L’utilizzo dell’inseminazione artificiale è coordinato dall’Associazione italiana allevatori nel quadro dell’attività di recupero e potenziamento promossa per tali razze e tipi etnici dal Ministero delle politiche agricole e forestali o dalle regioni. Articolo 21 Pratica della inseminazione artificiale 1. I veterinari e gli operatori pratici che intendono esercitare l’attività di inseminazione artificiale devono essere iscritti in appositi elenchi tenuti dalla competente regione, che attribuirà a ciascun iscritto uno specifico codice univoco identificativo. Le regioni prevedono le modalità per la presentazione delle domande di iscrizione che devono comunque contenere le seguenti indicazioni: a) ambito territoriale in cui si intende praticare l’inseminazione artificiale; b) impianti a cui si ricorre per la fornitura del materiale seminale; c) dichiarazione relativa allo svolgimento dell’attività nel proprio o altrui allevamento (per i soli operatori pratici); d) iscrizione all’albo professionale (per i veterinari). Gli operatori pratici di inseminazione artificiale devono allegare alla domanda medesima autocertificazione relativa al possesso dell’attestato di idoneità rilasciato ai sensi dell’articolo 2 della legge 11 marzo 1974, n. 74 [11] , nonché alla sottoscrizione di convenzioni con i centri di produzione, o con i recapiti a questi ultimi collegati. 2. La regione può sospendere o revocare l’iscrizione nei suddetti elenchi, previo parere di una apposita commissione regionale nella quale siano rappresentate anche le categorie interessate, qualora il veterinario 0 l’operatore pratico di inseminazione artificiale si renda inadempiente agli obblighi previsti dal presente regolamento. 3. I veterinari e gli operatori pratici di inseminazione artificiale hanno l’obbligo di: a) rifornirsi di materiale seminale esclusivamente presso i recapiti autorizzati; b) mantenere in buono stato di conservazione il materiale seminale; c) utilizzare esclusivamente materiale seminale di riproduttori approvati per l’inseminazione artificiale; d) certificare l’intervento di inseminazione artificiale, su appositi moduli forniti dalle regioni. L’obbligo di certificazione dell’intervento di inseminazione artificiale non sussiste per l’inseminazione artificiale suina effettuata con seme fresco o refrigerato. 4. Ciascuna dose di materiale seminale deve essere usata per una sola fattrice. È vietata la suddivisione delle singole dosi ed il conseguente utilizzo per più di una fecondazione. Articolo 22 Materiale seminale nell’allevamento 1. L’allevatore può detenere nella propria azienda materiale seminale esclusivamente per l’inseminazione delle fattrici del proprio allevamento. Detto materiale seminale deve essere conservato in un locale separato da quelli che ospitano animali o prodotti zootecnici e deve essere accompagnato dal documento di cui all’articolo 16, comma 1, lettera f). 2. L’allevatore può rifornirsi di materiale seminale congelato esclusivamente presso un recapito, e di materiale seminale fresco o refrigerato sia presso un recapito, sia presso un centro di produzione. 3. Alla inseminazione artificiale deve comunque provvedere un veterinario o un operatore pratico, ai sensi dell’articolo 21. Capo IV EMBRIONI Articolo 23 Organizzazione per la raccolta e produzione di embrioni ed oociti 1. Le organizzazioni per la raccolta e produzione di embrioni ed oociti si distinguono in: a) gruppi di raccolta: costituiti da uno o più tecnici o da un gruppo organizzato di tecnici che, sotto la direzione di un veterinario responsabile, provvedono, anche per conto terzi, alla raccolta, al trattamento ed alla conservazione degli embrioni di animali di interesse zootecnico, con esclusione degli embrioni concepiti tramite fecondazione in vitro; provvedono altresì al trasferimento di detti embrioni su fattrici riceventi; b) centri di produzione: costituiti da strutture di laboratorio e da personale qualificato che provvedono al prelievo di oociti di animali di interesse zootecnico, alla loro fecondazione in vitro, alla coltura degli embrioni ottenuti, agli eventuali trattamenti, nonché al congelamento, conservazione e alla distribuzione degli embrioni prodotti tramite i recapiti di cui all’articolo 10, lettera b). Articolo 24 Gruppi di raccolta: autorizzazioni 1. I gruppi di raccolta degli embrioni possono operare esclusivamente previa concessione di una autorizzazione rilasciata dalla regione competente per territorio. Le regioni prevedono le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono comunque contenere: a) nome, cognome, dati anagrafici, codice fiscale, partita I.V.A. e residenza del richiedente o denominazione, sede, partita I.V.A. e generalità complete del legale rappresentante se trattasi di persona giuridica; b) nome e cognome, dati anagrafici, codice univoco nazionale ed indirizzo del veterinario responsabile della gestione sanitaria della raccolta, del trattamento e della conservazione degli embrioni; c) indicazione delle specie trattate; d) indicazione delle attrezzature utilizzate; e) ubicazione e descrizione dei locali del laboratorio stabile con il quale si è collegati ai sensi dell’articolo 26, comma 1, lettera d). 3. Le regioni attribuiscono ad ogni gruppo di raccolta un numero di codice univoco a livello nazionale. 4. La regione può revocare l’autorizzazione qualora il gruppo di raccolta si renda inadempiente agli obblighi previsti dall’articolo 28, oppure vengano meno una o più condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione medesima. Le regioni comunicano al Ministero delle politiche agricole e forestali ed al Ministero della sanità l’elenco dei gruppi di raccolta autorizzati e di quelli revocati. Articolo 25 Centri di produzione: autorizzazioni 1. I centri di produzione di embrioni possono operare esclusivamente previa concessione di una autorizzazione rilasciata dalla regione competente per territorio. Le regioni prevedono le modalità di presentazione delle domande di autorizzazione, che devono comunque contenere: a) nome, cognome, dati anagrafici, codice fiscale, partita I V.A. e residenza del richiedente o denominazione, sede, partita I.V.A. e generalità complete del legale rappresentante se trattasi di persona giuridica; b) nome e cognome, dati anagrafici, codice univoco nazionale ed indirizzo del veterinario responsabile della gestione sanitaria del centro; c) indicazione delle specie trattate; d) informazioni specifiche sull’organizzazione tecnica e commerciale; e) modalità di certificazione degli embrioni prodotti; f) ubicazione e descrizione dei fabbricati, degli impianti, locali ed attrezzature ed allegata pianta planimetrica. Le regioni attribuiscono ad ogni centro di produzione un numero di codice univoco a livello nazionale. 2. Le regioni possono revocare l’autorizzazione qualora il centro di produzione si renda inadempiente agli obblighi previsti dall’articolo 29, oppure, vengano meno una o più condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione medesima. Le regioni comunicano al Ministero delle politiche agricole e forestali e al Ministero della sanità l’elenco dei centri di produzione autorizzati e di quelli revocati. Il Ministero delle politiche agricole e forestali annualmente provvede a divulgare l’elenco dei centri operanti, distinti per singola specie. Articolo 26 Requisiti dei gruppi di raccolta 1. I gruppi di raccolta degli embrioni, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, devono: a) operare stabilmente sotto la direzione di un veterinario responsabile della gestione tecnico-sanitaria del prelievo, del trattamento e dell’immagazzinaggio degli embrioni; b) disporre di strutture di laboratorio fisse o mobili che consentano l’esame, il trattamento ed il confezionamento degli embrioni e comprendano almeno un’area di lavoro, un microscopio ed un impianto criogemco; c) disporre, ove usufruiscano di un laboratorio stabile: 1) di un locale destinato al trattamento degli embrioni, adiacente, ma fisicamente separato, dal luogo di accoglimento degli animali donatori; 2) di un locale o di un ambiente per la pulizia e la sterilizzazione degli strumenti e del materiale utilizzato per il prelievo degli embrioni; d) disporre, ove usufruiscano di un laboratorio mobile, di una parte del veicolo appositamente attrezzata e composta da due aree distinte: una per l’esame ed il trattamento degli embrioni, l’altra per depositarvi le attrezzature ed i materiali che sono stati in contatto con gli animali donatori. Il laboratorio mobile deve sempre essere collegato con un laboratorio stabile, in modo che siano assicurate la sterilizzazione delle attrezzature e la fornitura dei liquidi e degli altri prodotti necessari per il prelievo ed il trattamento degli embrioni; e) essere in possesso di un certificato dell’azienda sanitaria locale di competenza, dal quale risulti che sono garantite le necessarie misure di igiene e sanità, così come previsto dall’allegato A della direttiva del 25 settembre 1989, n. 89/556/CEE [12]. Articolo 27 Requisiti dei centri di produzione degli embrioni 1. I centri di produzione degli embrioni, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, devono: a) operare stabilmente sotto la direzione di un veterinario responsabile della gestione tecnico-sanitaria del prelievo e del trattamento degli oociti, nonché del trattamento e della conservazione degli embrioni prodotti con fecondazione in vitro; b) essere in possesso di un certificato dell’azienda sanitaria locale di competenza dal quale risulti che sono garantite le necessarie misure di igiene e sanità, così come previsto dall’allegato A della direttiva 25 settembre 1989, n. 89/556/CEE; c) disporre di personale tecnicamente competente, adeguatamente addestrato ai procedimenti di disinfezione ed alle tecniche igieniche per il controllo della propagazione delle malattie; d) disporre di locali per il trattamento degli embrioni privi di comunicazione diretta con quelli destinati alla eventuale stabulazione di animali; e) essere costruiti in modo tale che i locali di trattamento ed immagazzinamento degli embrioni e di eventuale stabulazione di animali possano essere agevolmente puliti e disinfettati; f) non utilizzare un laboratorio situato in una zona dichiarata infetta dalle competenti autorità sanitarie; g) disporre, ove usufruiscano di un laboratorio mobile, di una parte del veicolo appositamente attrezzata e composta da due aree distinte: una per l’esame ed il trattamento degli embrioni, l’altra per depositarvi le attrezzature ed i materiali che sono stati in contatto con gli animali donatori. Il laboratorio mobile deve sempre essere collegato con un laboratorio stabile, in modo che siano assicurate la sterilizzazione delle attrezzature e la fornitura dei liquidi e degli altri prodotti necessari per il prelievo ed il trattamento degli embrioni. Articolo 28 Obblighi peri gruppi di raccolta di embrioni 1. I gruppi di raccolta di embrioni hanno l’obbligo di: a) uniformarsi alle prescrizioni emanate dalle competenti autorità sanitarie in materia di profilassi e polizia veterinaria; b) seguire le norme sanitarie in materia di raccolta, trattamento e immagazzinaggio degli embrioni stabilite dal Ministero della sanità; c) comunicare alla regione competente l’eventuale sostituzione del veterinario responsabile della direzione sanitaria del gruppo; d) tenere un registro di carico e scarico per gli embrioni raccolti, impiantati e immagazzinati sia presso lo stesso gruppo di raccolta, sia presso (allevamento delle donatrici; e) conservare gli embrioni esclusivamente in fiale o altri contenitori sigillati e riportanti chiare ed inamovibili indicazioni su: numero di codice del gruppo di raccolta, data di raccolta degli embrioni, specie, razza o tipo genetico, matricola dei donatori. In caso di più embrioni in un singolo contenitore, gli embrioni medesimi debbono provenire tutti dallo stesso intervento fecondativo; f) rilasciare, per ogni atto di raccolta per conto terzi o di vendita di embrioni, un documento accompagnatorio dell’embrione contenente i dati identificativi della partita: specie, razza, numero di identificazione, o matricola nel caso degli equini, della donatrice e del riproduttore maschio; g) rilasciare, a richiesta degli acquirenti, per ciascun embrione o gruppo di embrioni di un medesimo contenitore, un certificato attestante, oltre i dati identificativi dell’embrione o degli embrioni medesimi, le caratteristiche qualitative rilevate secondo quanto previsto dall’articolo 37, comma 2; h) certificare, su appositi moduli forniti dalle regioni, l’intervento di trasferimento embrionale, indicando la data, specie, razza o tipo genetico e matricola dei donatori, specie, razza o tipo genetico e matricola, se presente, della ricevente, nonché generalità del proprietario della stessa; i) non operare in zona dichiarata infetta dalla competente autorità sanitaria; l) provvedere alla sterilizzazione delle attrezzature che vengono a contatto con gli embrioni o con gli animali donatori durante la raccolta, nonché, prima dell’uso, dei contenitori per il magazzinaggio e il trasporto. Articolo 29 Obblighi per i centri di produzione di embrioni 1. I centri di produzione di embrioni hanno l’obbligo di: a) uniformarsi alle prescrizioni emanate dalle competenti autorità sanitarie in materia di profilassi e polizia veterinaria; b) seguire le norme sanitarie in materia di raccolta, trattamento e immagazzinaggio degli oociti e degli embrioni stabilite dal Ministero della sanità; c) comunicare alla regione competente l’eventuale sostituzione del veterinario responsabile della direzione sanitaria del centro; d) annotare, su apposito registro dei prelievi, per ciascuna donatrice di oociti: specie, razza, codice di identificazione e, se trattasi di animale vivo, stato sanitario riscontrato al momento del prelievo; e) tenere un apposito registro di laboratorio con l’indicazione giornaliera delle fecondazioni in vitro effettuate, con l’indicazione degli embrioni prodotti e del materiale seminale utilizzato; f) tenere un registro di carico degli embrioni prodotti e di scarico degli embrioni in uscita; g) rilasciare, per ogni atto di raccolta per conto terzi o di vendita di embrioni, un documento accompagnatorio dell’embrione contenente i dati identificativi della partita: specie, razza, numero di identificazione, o matricola nel caso degli equini, della donatrice e del riproduttore maschio; h) distribuire gli embrioni esclusivamente in fiale o altri contenitori sigillati e riportanti chiare ed inamovibili indicazioni su: codice di identificazione del centro di produzione di embrioni, data di raccolta degli embrioni, specie, razza o tipo genetico, matricola del padre e della madre. In caso di più embrioni in un singolo contenitore, gli embrioni medesimi debbono provenire tutti dallo stesso intervento fecondativo; i) rilasciare, a richiesta degli acquirenti, per ciascun embrione o gruppo di embrioni di un medesimo contenitore un certificato attestante, oltre i dati identificativi dell’embrione o degli embrioni medesimi, le caratteristiche qualitative rilevate secondo quanto previsto dall’articolo 37, comma 2; l) sottostare a tutti gli obblighi e soddisfare tutti i requisiti previsti per i recapiti, nonché disporre della relativa autorizzazione, qualora distribuiscano direttamente embrioni; m) provvedere alla sterilizzazione delle attrezzature per l’asportazione ed il trasporto delle ovaie. Dette attrezzature devono essere usate esclusivamente per tale scopo. Articolo 30 Requisiti degli embrioni 1. Gli embrioni, esclusi quelli concepiti tramite fecondazione in vitro, devono: a) provenire dalla fecondazione di un oocita di femmina iscritta al libro genealogico, o registro anagrafico, con materiale seminale di riproduttore autorizzato alla inseminazione artificiale; tale requisito non è richiesto per le razze autoctone ed i tipi etnici a limitata diffusione, presi in considerazione nel quadro dell’attività di recupero e potenziamento promossa dal Ministero delle politiche agricole e forestali o dalle regioni; b) provenire da animali donatori che soddisfino i requisiti sanitari stabiliti dal Ministero della sanità. 2. Gli oociti per la successiva fecondazione in vitro debbono: a) provenire da femmina o gruppi di femmine iscritte nei libri genealogici o registri anagrafici, o da femmina non iscritta ai suddetti libri o registri, purché di razza chiaramente riconoscibile; b) essere fecondati in vitro con materiale seminale di riproduttore autorizzato alla inseminazione artificiale; tale requisito non è richiesto per le razze autoctone ed i tipi etnici a limitata diffusione; c) essere prelevati da donatrici provenienti da allevamenti situati in zone non dichiarate infette dalle competenti autorità, e, comunque, da donatrici macellate per cause diverse da quelle di profilassi. 3. La certificazione dell’origine degli embrioni raccolti o prodotti provenienti da femmine iscritte nei libri genealogici o nei registri anagrafici è disciplinata dal competente libro o registro. Articolo 31 Pratica dell’impianto degli embrioni 1. I veterinari che intendono praticare l’impianto embrionale devono essere iscritti negli appositi elenchi tenuti dalla competente regione, che attribuisce a ciascun iscritto un codice identificativo. 2. Le regioni devono prevedere le modalità di presentazione delle domande di iscrizione, che devono comunque contenere: a) eventuali recapiti a cui si ricorre per la fornitura del materiale embrionale; b) iscrizione all’albo professionale. 3. Le regioni possono sospendere o revocare iscrizione nei suddetti elenchi qualora il veterinario autorizzato all’impianto embrionale risulti inadempiente agli obblighi previsti dal presente regolamento previo parere di un’apposita commissione regionale di cui all’articolo 21, comma 2. 4. I veterinari hanno l’obbligo di: a) rifornirsi di embrioni esclusivamente presso i recapiti autorizzati; b) mantenere in buono stato di conservazione gli embrioni; c) certificare su appositi moduli forniti dalle regioni, l’intervento di impianto embrionale. Articolo 32 Embrioni nell’allevamento 1. L’allevatore può conservare, per l’utilizzazione nella propria azienda, embrioni prelevati nell’azienda medesima dai gruppi di raccolta di cui all’articolo 23 o acquistati presso un recapito. 2. Gli embrioni devono essere conservati in un locale separato da quelli che ospitano animali o prodotti zootecnici e devono essere accompagnati dal documento di cui all’articolo 16, comma 1, lettera f) e di cui all’articolo 28, comma 1, lettera f). 3. All’impianto embrionale deve comunque provvedere un veterinario ai sensi dell’articolo 31. 4. L’allevatore può cedere ad altro allevatore embrioni prelevati dai propri animali e conservati nella propria azienda, purché accompagnati dai documenti previsti all’articolo 28, lettera f). Capo V CERTIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI FECONDATIVI E DEGLI IMPIANTI EMBRIONALI Articolo 33 Certificazione degli interventi fecondativi 1. Gli interventi fecondativi effettuati in stazioni di monta naturale pubblica o mediante l’inseminazione artificiale e gli impianti embrionali sono certificati su appositi modelli rilasciati dalle regioni, predisposti dal Ministero delle politiche agricole e forestali, uniformi per tutto il territorio nazionale e contenti i seguenti dati: a) specie, razza, nome e codice di identificazione del riproduttore maschio; indicazioni della partita e del centro di produzione di provenienza, nel caso di utilizzo di materiale seminale; b) identificazione della fattrice, qualora trattasi di bovini, bufalini, ovini, caprini e suini con le modalità previste dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317, e qualora trattasi di equini, sulla base delle modalità previste dalle norme del competente libro genealogico o registro anagrafico; c) data dell’intervento fecondativo; d) nome, cognome, sottoscrizione e indicazione del codice del responsabile della certificazione. 2. Responsabile della certificazione e della registrazione dei dati è: a) il veterinario o l’operatore pratico che ha eseguito l’intervento, nel caso dell’inseminazione artificiale; b) il veterinario nel caso di impianto embrionale; c) il gestore della stazione, nel caso della monta naturale pubblica; d) l’allevatore, solo nel caso della monta naturale privata e per le fattrici vendute gravide. 3. Tutti gli atti fecondativi effettuati in monta naturale privata saranno registrati su un apposito registro aziendale, che deve contenere il codice attribuito all’azienda, la data di monta e codice identificativo del riproduttore fecondatore. Ove venga praticata la monta brada, vanno riportate, al posto della data di monta, le date di entrata e di uscita del maschio o della fattrice dal gruppo di monta, nonché i codici identificativi di tutti i maschi inclusi nel gruppo di monta medesimo. Per le fattrici vendute gravide l’allevatore rilascia un certificato di atto fecondativo. Per gli allevamenti iscritti o sottoposti ai controlli funzionali la documentazione corrispondente rilasciata dal libro genealogico o dal registro anagrafico può sostituire il registro aziendale. 4. Le regioni possono richiedere la certificazione degli interventi fecondativi di cui ai commi 1, 2 e 3 anche per la monta privata. 5. Le regioni possono consentire la sostituzione dei certificati di cui al comma 1 e del registro aziendale di cui al comma 3 con opportuna documentazione riepilogativa, nell’ambito di allevamenti sottoposti a controllo ufficiale della produttività e iscritti nei rispettivi libri genealogici, registri anagrafici o in piani regionali di assistenza tecnica in zootecnia. Tale documentazione riepilogativa dovrà consentire il flusso delle informazioni di cui all’articolo 35. Articolo 34 Moduli e registri 1. I moduli per la certificazione degli interventi fecondativi e degli impianti embrionali di cui all’articolo 33 devono essere conformi ai modelli tipo predisposti dal Ministero delle politiche agricole e forestali. 2. I registri di carico e scarico di cui all’articolo 13, comma 1, lettera 1), all’articolo 16, comma 1; lettera b), all’articolo 28, comma 1, lettera d) e all’articolo 29, comma 1, lettera f), devono contenere le indicazioni minime stabilite dal Ministero delle politiche agricole e forestali. 3. I modelli per la certificazione degli interventi fecondativi e di impianto embrionale di cui all’articolo 33 sono addebitati al richiedente al prezzo stabilito periodicamente dalla regione che lo ha rilasciato, tenuto conto dei costi di stampa, predisposizione, distribuzione ed elaborazione. 4. L’allevatore della fattrice conserva l’apposita parte del modulo di registrazione dell’intervento fecondativo o di trasferimento di embrioni fino allo svezzamento o alla vendita del redo. I restanti moduli e registri devono essere conservati per i due anni successivi a quello di riferimento. Articolo 35 Flusso delle informazioni 1. Il responsabile della certificazione e della registrazione dei dati degli interventi fecondativi o di impianto di embrioni deve trasmettere la parte di modulo all’uopo predisposta all’associazione provinciale allevatori competente per territorio entro sessanta giorni dalla data di compilazione. 2. Ciascuna associazione provinciale allevatori provvede: all’inserimento su supporto meccanografico dei dati degli interventi fecondativi o degli impianti di embrioni, alla loro elaborazione distinta per allevamento, riproduttore, responsabile della certificazione, alla trasmissione trimestrale dei dati elaborati: alle regioni competenti per territorio, all’Associazione italiana allevatori, all’associazione nazionale allevatori o ad altro ente che tiene il libro genealogico o registro anagrafico di specie o razza. 3. I dati aggregati a livello regionale sono inviati ogni anno, entro centoventi giorni successivi, al Ministero delle politiche agricole e forestali che provvederà, direttamente o tramite l’Associazione italiana allevatori, alle successive elaborazioni e divulgazioni. 4. I centri di produzione dello sperma, i recapiti, i gruppi di raccolta di embrioni ed i centri di produzione di embrioni devono trasmettere alle regioni competenti per territorio, relativamente a ciascun semestre dell’anno ed entro i trenta giorni successivi, i dati desunti dai rispettivi registri di carico e scarico di cui all’articolo 34. 5. Ciascuna regione provvede all’aggregazione dei dati trasmessi dai centri e recapiti di cui al comma 4 ed invia, entro i novanta giorni successivi, le elaborazioni relative a ciascun semestre al Ministero delle politiche agricole e forestali, che curerà tramite l’Associazione italiana allevatori la successiva elaborazione e divulgazione. Capo VI VIGILANZA E CONTROLLI Articolo 36 Vigilanza 1. La vigilanza sulla regolare applicazione della legge 15 gennaio 1991, n. 30 e del presente regolamento di esecuzione è affidata, secondo le rispettive competenze, al Ministero delle politiche agricole e forestali, al Ministero della sanità, alle regioni, alle aziende sanitarie locali competenti per territorio ed a chiunque spetti di farla osservare. 2. I titolari di allevamenti, di stazioni private e pubbliche di fecondazione, di stazioni di inseminazione artificiale, di centri di produzione dello sperma, di recapiti, di centri di produzione di embrioni e di gruppi di raccolta, devono: a) consentire il libero accesso agli impianti e ai locali di allevamento al personale incaricato della vigilanza per l’effettuazione delle verifiche e dei controlli; b) presentare tutti i documenti e fornire le informazioni richieste dall’autorità competente. Articolo 37 Controlli di qualità 1. I centri di produzione dello sperma provvedono ad effettuare analisi di qualità per ogni partita di materiale seminale prodotto, introdotto o importato, con riferimento, dopo scongelamento, almeno ai seguenti parametri: concentrazione totale, percentuale di motilità progressiva degli spermatozoi e numero di spermatozoi progressivamente mobili. Gli esiti di dette analisi sono mantenuti in appositi archivi per dieci anni. 2. I centri di produzione e i gruppi di raccolta di embrioni, limitatamente agli embrioni congelati ed immagazzinati, provvedono a riportare su apposito registro i seguenti dati: stadio di sviluppo dell’embrione, classe qualitativa, informazioni sulla curva di congelamento e sul metodo di scongelamento. 3. Le regioni e il Ministero delle politiche agricole e forestali provvedono, tramite l’Istituto sperimentale italiano “Lazzaro Spallanzani” alla effettuazione di analisi sulle partite di materiale seminale a qualsiasi titolo distribuito, al fine della verifica del rispetto dei requisiti di cui al comma 1. Detto Istituto opera sulla base di direttive tecniche emanate, con apposito provvedimento, dal Ministero delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministero della sanità. 4. I centri di produzione dello sperma trasmettono settimanalmente all’Istituto sperimentale italiano “Lazzaro Spallanzani” l’elenco comprensivo del numero di dosi del materiale seminale congelato prodotto, introdotto o importato attraverso di essi, suddiviso per riproduttore e partita. Articolo 38 Controlli sanitari 1. Le aziende sanitarie locali competenti per territorio, avvalendosi della collaborazione tecnico-scientifica degli istituti zooprofilattici, al fine di verificare il rispetto delle necessarie norme di igiene e sanità, effettuano, almeno una volta all’anno,, una visita alle stazioni di fecondazione pubblica, ai recapiti ed agli allevamenti suinicoli che praticano l’inseminazione artificiale nell’ambito aziendale, e almeno due volte all’anno ai centri di produzione di materiale seminale, ai gruppi di raccolta di embrioni ed ai centri di produzione di embrioni. 2. Su richiesta dei gestori delle stazioni di monta e dei centri di produzione di sperma, le aziende sanitarie locali competenti per territorio devono procedere alla visita ed agli accertamenti dello stato sanitario dei riproduttori nelle stazioni e centri medesimi, per constatare l’assenza di malattie infettive e diffusive a norma delle vigenti disposizioni di polizia veterinaria e delle ordinanze emanate dal Ministero della sanità. Articolo 39 Divieto di commercializzazione e obbligo di distruzione di materiale seminale ed embrionale difforme 1. È vietatala distribuzione e commercializzazione delle partite di materiale seminale, embrioni o altro materiale riproduttivo che: a) a seguito delle analisi a campione eseguite dall’Istituto sperimentale italiano “Lazzaro Spallanzani”, non risultino conformi a quanto previsto dalle direttive tecniche emanate dal Ministero delle politiche agricole e forestali ai sensi dell’articolo 37, comma 3; b) non abbiano i requisiti sanitari previsti dalle vigenti disposizioni di legge; c) provengano da riproduttori privi dei requisiti genetici o sanitari previsti; d) provengano da riproduttori maschi risultati negativi a seguito di prove di valutazione genetica o, comunque, radiati dalla corrispondente sezione del libro genealogico. 2. La distruzione delle dosi di materiale seminale e di embrioni che è obbligatoria, deve avvenire, rispettivamente presso i centri di produzione dello sperma e presso quelli degli embrioni, alla presenza dei rappresentanti della regione competente per territorio e dell’associazione allevatori o di altro ente che tiene il libro genealogico o il registro anagrafico della razza o specie interessata. 3. I recapiti che intendono distruggere dosi di materiale seminale ed embrioni devono darne comunicazione alla regione competente per territorio, che attesta l’avvenuta distruzione, ed al centro di produzione che li ha forniti. Gli allevatori e gli operatori che intendono distruggere del materiale seminale o embrionale devono darne comunicazione alla regione competente per territorio, che attesta l’avvenuta distruzione, ed al recapito o al gruppo di raccolta fornitori. I centri di produzione, i recapiti ed i gruppi di raccolta devono apporre specifiche annotazioni di tale distruzione sul registro di scarico. Capo VII IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE DI BESTIAME E MATERIALE DA RIPRODUZIONE Articolo 40 Requisiti del bestiame e del materiale seminale e controlli 1. Gli scambi di bestiame da riproduzione, nonché di materiale seminale e di embrioni avvengono nel rispetto dei requisiti genealogici ed attitudinali richiesti dalla normativa comunitaria. 2. Le importazioni di bestiame da riproduzione, nonché di materiale seminale e di embrioni originari o provenienti da paesi terzi avvengono nel rispetto, dei requisiti genealogici ed attitudinali richiesti dalla normativa comunitaria a condizione che gli organismi ufficiali del paese esportatore, autorizzati a tenere il libro genealogico o un registro anagrafico di specie o razza, risultino iscritti nell’apposito elenco redatto dall’Unione europea. I paesi terzi esportatori devono comunque assicurare condizioni di reciprocità agli animali riproduttori, materiale seminale, ovuli ed embrioni originari dei paesi dell’Unione europea. 3. In materia di requisiti dei riproduttori e del loro materiale da riproduzione, paesi e organismi ufficiali che tengono i libri genealogici autorizzati e documentazione necessaria per importazione ed esportazione, si applicano le disposizioni previste del decreto del Ministro dell’agricoltura e delle foreste 11 gennaio 1988, n. 97 [13], e successive modifiche e integrazioni. 4. Il controllo zootecnico in frontiera presso i competenti uffici doganali è esercitato dal Ministero delle politiche agricole e forestali che si avvale dei funzionari appositamente designati dalle regioni. 5. I centri di produzione nazionali, ciascuno per le razze o specie per le quali opera, devono conservare, anche per conto terzi, il materiale seminale congelato e di embrioni congelati di origine o provenienza dall’Unione europea o da paesi terzi, dal momento dell’arrivo in Italia e per il solo tempo necessario all’effettuazione degli accertamenti qualitativi di cui all’articolo 37. Di tali accertamenti gli stessi centri sono responsabili. Capo VIII NORME FINALI Articolo 41 1. Ai sensi dell’articolo 1 della legge 15 gennaio 1991, n. 30, le regioni provvedono, entro sei mesi dalla emanazione del presente regolamento, all’eventuale adeguamento della propria normativa in materia. Articolo 42 1. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali sono predisposti i moduli tipo per la certificazione degli interventi fecondativi e di impianto embrionale di cui all’articolo 6, comma 1, lettera c), all’articolo 9, comma 1, lettera b), all’articolo 21, comma 3, lettera d), all’articolo 28, comma 1, lettera h) e all’articolo 31, comma 4, lettera c), nonché le indicazioni minime che devono essere contenute nei registri di carico e scarico di cui all’articolo 13, comma 1, lettera 1), all’articolo 16, comma 1, lettera b), all’articolo 28, comma 1, lettera d) e all’articolo 29, comma 1, lettera f). 2. Con decreto del Ministero della sanità sono stabiliti requisiti sanitari di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), all’articolo 13, comma 1, lettera e), all’articolo 18, comma 1, lettera e), all’articolo 28, comma 1, lettera b), all’articolo. 29, comma 1, lettera b) e all’articolo 30, comma 1, lettera b). Articolo 43 1. Sono abrogate le norme regolamentari incompatibili con il presente regolamento e, in particolare, le disposizioni del decreto ministeriale 13 gennaio 1994, n. 172, e successive modifiche. Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare Roma, 19 luglio 2000 Il Ministro della sanità VERONESI Il Ministro delle politiche agricole e forestali PECORARO SCANIO Visto, il Guardasigilli: FASSINO Note: [1] La legge 15 gennaio 1991 n. 30, recante “Disciplina della riproduzione animale” è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 29 gennaio 1991. [2] La legge 3 agosto 1999, n. 280 in Gazzetta Ufficiale n. 189 del 13 agosto 1999, reca “Modifiche ed integrazioni alla legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante “Disciplina della riproduzione animale’ , anche in attuazione della direttiva 94/28/CE del Consiglio del 23 giugno 1994”. [3] II decreto ministeriale 13 gennaio 1994, n. 172, in Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 1994 reca: “Regolamento di esecuzione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante “Disciplina della riproduzione animale”. [4] Il decreto ministeriale 24 aprile 1998, n. 327, in Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 1998, reca: “Regolamento recante modificazioni al regolamento di esecuzione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante Disciplina della riproduzione animale”, adottato con decreto ministeriale 13 gennaio 1994, n. 172″. [5] Il testo vigente dell’articolo 8 della citata legge 15 gennaio 1991, n. 30, è il seguente: ” Il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede ad emanare di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di cui all’art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, apposito regolamento di esecuzione ai sensi dell’art. 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di: a) istituzione ed esercizio delle stazioni di monta naturale e degli impianti per l’inseminazione artificiale, nonché di requisiti sanitari che devono possedere i riproduttori per essere ammessi ad operare nelle stesse stazioni ed impianti; b) requisiti sanitari per prelievo, conservazione, impiego e distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli ed embrioni; c) certificazione degli interventi fecondativi e raccolta-elaborazione dei dati riguardante la riproduzione animale; d) requisiti e controlli tecnico-sanitari per l’importazione ed esportazione dei riproduttori, del relativo materiale di riproduzione, nonché di ovuli ed embrioni”. [6] Il testo dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) è il seguente: ” (Regolamenti). – 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione”. [7] L’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317 (“Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 92/102/CEE relativa alla identificazione e alla registrazione degli animali” in Gazzetta Ufficiale n. 138 del 14 giugno 1996) recita: ” (Identificazione degli animali) 1. Gli animali delle specie bovina, bufalina, suina, ovina e caprina devono essere contrassegnati nell’azienda di origine, a cura e spese del detentore, con un marchio recante il loro codice di identificazione che deve contenere la sigla IT che individua lo Stato italiano, il codice aziendale di cui all’art. 2 e il numero progressivo assegnato all’animale, ove previsto; per le specie bovina e bufalina, il numero progressivo deve essere preceduto da una lettera corrispondente all’anno di nascita, secondo la progressione indicata nell’allegato I. 2. Le caratteristiche dei marchi di identificazione e il sito dove apporli sono stabiliti, per la specie ivi indicata, negli allegati I, II, III. 3. 1 marchi auricolari utilizzati nelle aziende devono essere di materiale inalterabile, leggibili per l’intera vita dell’animale e utilizzabili una sola volta; marchio e tatuaggio, in ogni caso, devono essere di natura tale da rimanere sull’animale senza comprometterne il benessere. 4. Il marchio di identificazione può essere rimosso o sostituito previa autorizzazione del servizio veterinario dell’unità sanitaria locale competente; qualora diventi illeggibile o venga perso, il detentore procede alla sostituzione con un altro marchio recante un nuovo codice di identificazione trascrivendolo sul registro di cui all’art. 3, in modo da stabilire un nesso con il marchio precedente.”. [8] L’articolo 5, comma 2 della legge 15 gennaio 1991, n. 30, così come modificato dall’art. 3 della legge 3 agosto 1999, n. 280 recita: “Art. 5 – 1. (Omissis).2. In deroga a quanto stabilito dal comma 1, in presenza di specifiche esigenze locali, le regioni e le province autonome possono autorizzare: a) l’impiego di soggetti maschi della specie bufalina, nonché limitatamente al periodo di due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di soggetti maschi della specie suina non iscritti ai rispettivi libri genealogici per la fecondazione in monta naturale esclusivamente di fattrici allevate nella stessa azienda del riproduttore maschio; b) l’impiego per la riproduzione in monta naturale di cavalli ed asini stalloni, con esclusione di cavalli da corsa e per sport equestri, che rispondano per razza e produzione tipica alle esigenze ed all’indirizzo zootecnico locale e per i quali non siano stati istituiti il libro genealogico od il registro anagrafico”. [9] La legge 3 febbraio 1963, n. 127 recante “Norme per l’esercizio delle stazioni di fecondazione equina”, in Gazzetta Ufficiale n. 59 del 2 marzo 1963, è stata abrogata dall’art. 8 della legge 3 agosto 1999, n. 280 [10] La legge 25 luglio 1952, n. 1009 (Norme per la fecondazione artificiale degli animali), in Gazzetta Ufficiale n. 180 del 5 agosto 1952, è stata abrogata all’art. 8 della legge 3 agosto 1999, n. 280. [11] L”articolo 2 della legge 11 marzo 1974, n. 74 (Modificazioni ed integrazioni della legge 25 luglio 1952, n. 1009 e del relativo regolamento sulla fecondazione artificiale degli animali) in Gazzetta Ufficiale n. 80 del 26 marzo 1974 prevede che: ” Gli enti locali e gli enti di sviluppo, nonché i consorzi, le cooperative, gli istituti e le organizzazioni che esplicano attività in campo zootecnico con particolare riguardo al settore della fecondazione animale, qualora intendano organizzare corsi, della durata di tre mesi, per operatori pratici nel campo della fecondazione artificiale presso centri di fecondazione, facoltà universitarie, istituti zooprofilattici o zootecnici specializzati, devono essere autorizzati dal Ministero della sanità che approva i programmi dei corsi stessi. Gli allievi che hanno frequentato uno dei corsi autorizzati ai sensi del precedente comma conseguiranno l’idoneità dopo aver superato una prova teorico-pratica a giudizio di una commissione presieduta dal veterinario provinciale e composta dall’ispettore agrario, da un rappresentante dell’ordine dei veterinari della provincia sede di esame, da un rappresentante dell’associazione allevatori e da un rappresentante dell’ente che organizza il corso. Fa parte della commissione suddetta anche un veterinario direttore o responsabile di un impianto di fecondazione artificiale. La commissione prevista dai precedenti commi è nominata dalla giunta regionale o rispettivamente dalla giunta delle province autonome di Trento e Bolzano”. [12] La direttiva 89/556/CEE del 25 settembre 1989 (in Gazzetta Ufficiale della Comunità europea n. L 302 del 19 ottobre 1989) stabilisce le condizioni di polizia sanitaria per gli scambi intracomunitari e le importazioni da Paesi terzi di embrioni di animali domestici di specie bovina. [13] Il decreto ministeriale n. 97 dell’11 gennaio 1988 (in Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 1988) reca: “Norme per l’importazione e l’esportazione del bestiame da riproduzione di razza pura nonché dal materiale seminale ed ovuli fecondati provenienti parimenti da bestiame da riproduzione di razza pura”. [14] L’articolo 1 della legge 15 gennaio 1991, n. 30, stabilisce che, in attuazione delle direttive comunitarie, la presente legge individua, ai sensi e per gli effetti dell’art. 117 della Costituzione, i principi fondamentali relativi al settore della riproduzione animale, ferme restando le funzioni trasferite alle regioni in materia. Inoltre, nei limiti in cui attuino la normativa comunitaria, le disposizioni della presente legge costituiscono altresì, per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
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