1. MERCATO DEL LAVORO. Nella nostra professione vi è un soprannumero di offerta, e la domanda tende a ridimensionarsi. Occorre orientare le scelte formative verso soluzioni occupazionali favorevoli, perché è strategico per l’intera società investire dove vi sono reali prospettive. Il dato sul reddito medio lordo di alcune categorie, riportato da Repubblica …
1. MERCATO DEL LAVORO. Nella nostra professione vi è un soprannumero di offerta, e la domanda tende a ridimensionarsi. Occorre orientare le scelte formative verso soluzioni occupazionali favorevoli, perché è strategico per l’intera società investire dove vi sono reali prospettive. Il dato sul reddito medio lordo di alcune categorie, riportato da Repubblica a metà agosto, fotografa una realtà sconcertante: 16.800 euro per i veterinari, 63.000 per i medici. In questo quadro pesa anche il modo in cui i veterinari si collocano nel mondo del lavoro. Sempre più spesso sono costretti ad aprire una loro partita Iva e prestarsi come “consulenti” dove, in realtà, lavorano a tempo pieno. Associazioni di vario genere si stanno dotando di strutture sanitarie in cui il medico veterinario è una pedina. Non vi può essere sanità se non vi è indipendenza. Viene meno il principio stesso del controllo delle malattie infettive e la possibilità di vigilanza nei confronti di chi ha mezzi, deontologia ed etica, ben diversi da quelli del medico veterinario. 2. ORDINI PROFESSIONALI. L’Antitrust accusa gli Ordini di non consentire una concorrenza di mercato ed essi si proclamano al servizio dei cittadini. Per praticare tale servizio, chiedono maggiori poteri disciplinari. Non è inopportuno interrogarsi se abbia senso che una categoria di professionisti mantenga un organismo di controllo composto dagli stessi professionisti. Vogliamo limitare l’esercizio della professione a chi commette reati gravi? Basta fare una legge che lo preveda. Abbiamo decine di Organi di Controllo nel nostro Paese, per ogni sfaccettatura del nostro agire, spesso pure in parziale o totale sovrapposizione; sicuramente l’ultima esigenza che percepiamo è quella di nuovi controllori. Tanto più se inesperti in procedure legali ed amministrative, parte del mondo che disciplinano, e dunque potenzialmente esposti ad attacchi, errori, ritorsioni. 3. RIDUZIONE DEGLI ADEMPIMENTI. La libera professione costa troppo. Ogni anno siamo chiamati a nuovi obblighi che solo apparentemente incidono marginalmente sull’attività. Quando li sommiamo, ci rendiamo conto che di fatto annullano i nostri margini reddituali. Gestire una struttura sanitaria per animali diventa sempre più difficile e costoso, in termini di adeguamento a tutte le norme vigenti. Incendi, rifiuti, sicurezza, radiologico, assicurazioni, contabilità, privacy…; un crescendo asfissiante di adempimenti spesso favorito da componenti interne alle categorie professionali, non ingenuamente consapevoli del profitto che ricavano da corsi e certificazioni. Senza che siano abolite obsolete procedure come la ritenuta d’acconto, assurda specialmente per importi minori, o tanti adempimenti cartacei. 4. EDUCAZIONE MEDICA CONTINUA. Nata per valutare in modo oggettivo la formazione dei pubblici, l’aggiornamento obbligatorio si trasforma in un pachiderma burocratico e affamato di risorse. La centralizzazione del sistema ha prodotto l’ennesimo ente inutile. Un libero professionista non può impiegare decine di giornate all’anno in aggiornamento. L’obbligo deve limitarsi a poche nozioni indispensabili e generali, mentre la preparazione scientifico-professionale non può essere vincolata ai famigerati crediti. Siamo giunti al paradosso di eventi congressuali non accreditati perché i costi sono insopportabili ed i benefici irrisori. Siamo di fronte ad un esperimento fallito e la crisi non ci permette di perseverare nell’errore. 5. VETERINARIA PUBBLICA. I tagli alla spesa sanitaria non devono toccare la veterinaria pubblica, strategica nella Sanità, ma le scarse risorse impongono una spesa oculata e razionale. Potenziare il ruolo della veterinaria nella prevenzione è strategico, anche perché dotata di una preparazione di base fortemente orientata all’igiene pubblica, alle malattie infettive, al mondo emergente delle zoonosi. Indispensabile favorire i controlli -dalle produzioni, al randagismo- in un’ottica di prevenzione e non di repressione. Altrettanto indispensabile prevedere un rapporto esclusivo con il SSN. Stiamo assistendo a tagli di servizi sanitari per i cittadini; non vi sono giustificazioni per ambulatori veterinari pubblici ed assistenza zooiatrica. Un veterinario pubblico è pagato come un medico, le strutture dei liberi professionisti sono diffuse su tutto il territorio e possono erogare prestazioni a costi molto inferiori. La veterinaria pubblica è controllore del libero professionista, della sua attività, dell’uso dei farmaci e delle strutture in cui esercita, siano esse allevamenti zootecnici o ambulatori. Questo implica un conflitto di interessi. Conflitto estremamente pericoloso se si verificasse in ambito di sicurezza alimentare e controllo delle zoonosi. Se costruiremo un sistema separato ma complementare, in cui la medicina pubblica supervisiona e quella privata opera sul campo, probabilmente elimineremo anche fenomeni sgradevoli come il randagismo che, anziché essere affrontato con le verifiche sui possessori di animali, si preferisce rimediare con gli ambulatori per animali vaganti e senza padrone, quando il danno è ormai fatto.
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