13/07/2014 Editoriali6 Minuti

Farmaco veterinario: più mercato = meno costi?

Sivelp

Siamo sicuri che obbligando a ricettare il farmaco veterinario, anche per gli animali da compagnia, si ottenga una riduzione dei costi, a beneficio dei proprietari e dei loro animali?

Dieci anni fa l’Unione europea adottava la direttiva che ancor oggi regolamenta il farmaco veterinario.

L’Europa si propone di favorire la circolazione dei presidi veterinari, consapevole dell’esistenza di un mercato ridotto che richiede seri investimenti. Per questo armonizza la legislazione e gli adempimenti, permettendo -in sostanza- di vendere in un altro paese quanto è stato autorizzato in altra regione dell’Europa. Da noi, la norma è stata ripresa dal d.lgs. 193/2006, tuttavia l’interpretazione pare restrittiva, costringendo il veterinario a prescrivere prodotti veterinari, invece che permettere il ricorso libero ai principi attivi, come invece succede in medicina umana. Anche dove non vi sono motivi legati alla sicurezza alimentare, come per gli animali da compagnia, si applicano sanzioni e vincoli. I vincoli generano controlli, i controlli costano (fondi pubblici) e richiedono controllori, mentre le sanzioni ostacolano, di fatto, terapie che potrebbero/dovrebbero avere come scopo la gestione dell’animale migliore possibile.

Con interpretazione assai peculiare, si è ritenuto che negli obbiettivi della direttiva europea vi fosse quello di ampliare il ricorso al farmaco veterinario attraverso una “forzatura” del mercato, che ne garantirebbe maggior diffusione, grazie ad una specie di protezione dei margini di redditività. In pratica: più mercato (del farmaco veterinario), sarebbe in automatico uguale a costi minori.

Vero o falso? Se osserviamo l’andamento dei prezzi è evidente che il mercato tende a diminuire i prezzi quando è libero. Le tariffe telefoniche sono un esempio lampante di costi elevatissimi in regime di monopolio, e progressiva riduzione con il mercato libero e la concorrenza. Naturalmente se il controllo della concorrenza è reale, motivo per cui esistono in molti paesi le autorità Antitrust. Da queste considerazioni appare evidente che un mercato chiuso non genera riduzione dei prezzi e non dovremmo aspettarci alcun beneficio per i consumatori e per lo Stato, il maggior “proprietario” di cani in Italia.

Altrettanto evidente è che l’Unione Europea non propone la soluzione “più mercato vincolato, meno costi”.

Tra i principi ispiratori della direttiva 2004/28/CE si legge:

2)La legislazione comunitaria finora adottata ha contribuito in misura considerevole alla realizzazione della circolazione libera e sicura dei medicinali veterinari e all’eliminazione degli ostacoli al commercio di tali prodotti. Tuttavia, tenuto conto dell’esperienza acquisita, risultata evidente la necessità di nuove misure per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione ancora esistenti.

(8)Il settore dei medicinali veterinari è contraddistinto da talune caratteristiche molto specifiche. I medicinali veterinari per animali destinati alla produzione di alimenti possono essere autorizzati solo a condizioni che garantiscano l’innocuità degli alimenti per i consumatori in relazione agli eventuali residui di tali medicinali

(9) I costi di ricerca e sviluppo per soddisfare i requisiti più rigorosi di qualità, sicurezza e efficacia dei prodotti veterinari comportano una progressiva riduzione del numero dei prodotti autorizzati destinati alle specie e indicazioni terapeutiche che rappresentano nicchie limitate del mercato.

(11) In talune circostanze, soprattutto per determinati tipi di animali di compagnia, la necessità di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale veterinario secondo le disposizioni comunitarie è chiaramente non proporzionata. Inoltre l’assenza di autorizzazione all’immissione in commercio nella Comunità di un medicinale ad azione immunologica non dovrebbe ostacolare i movimenti internazionali di taluni animali vivi per i quali vanno adottate misure sanitarie obbligatorie a questo scopo. Occorre anche adattare le disposizioni relative all’autorizzazione o all’uso di tali medicinali per tener conto delle misure di lotta contro alcune malattie animali infettive a livello comunitario

(17) Qualora nel settore veterinario non esistano medicinali autorizzati per una determinata specie o un determinato morbo, è indispensabile agevolare la possibilità di utilizzare altri prodotti esistenti, salvaguardando comunque la salute dei consumatori nel caso di medicinali da somministrare ad animali destinati alla produzione di alimenti. In particolare, i medicinali dovrebbero essere usati solo in condizioni che garantiscano l’innocuità degli alimenti per i consumatori in relazione agli eventuali residui di medicinali.

(18) Occorre altresì stimolare l’interesse dell’industria farmaceutica veterinaria per alcuni settori dei mercati, allo scopo d’incoraggiare lo sviluppo di nuovi medicinali veterinari. Si dovrebbe pertanto armonizzare il periodo di protezione amministrativa dei dati rispetto ai medicinali generici.

Sicuramente invece, consentendo al veterinario di ricettare i farmaci ispirandosi a scienza e coscienza, si avrebbe maggiore concorrenza ed accesso più facile alle cure. Di certo tutta la burocrazia, i costi dei controllori e dei controlli che riguardano le ricette di cani, gatti e canarini verrebbe meno con risparmio immediato per la Sanità!

Angelo Troi

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