Fiamme Gialle smascherano 3300 dipendenti pubblici con lavoro nero. E in veterinaria?
Un interessante articolo del CORRIERE DELLA SERA, a firma di Fiorenza Sarzanini, descrive il mondo sommerso (ma non troppo) del doppio lavoro dei dipendenti pubblici. Si tratta di una piaga che porta loro 20 milioni di euro di guadagni ed aggrava lo Stato di un danno stimato in …
Un interessante articolo del CORRIERE DELLA SERA, a firma di Fiorenza Sarzanini, descrive il mondo sommerso (ma non troppo) del doppio lavoro dei dipendenti pubblici. Si tratta di una piaga che porta loro 20 milioni di euro di guadagni ed aggrava lo Stato di un danno stimato in 55 milioni di euro. Nonostante il dipendente pubblico goda di garanzie -reddito e stabilità del posto di lavoro- inimmaginabili per molti altri lavoratori, evidentemente non c`è limite al peggio. Nella medicina veterinaria il doppio lavoro, sia esso autorizzato o del tutto abusivo, preclude a priori la possibilità di un serio esercizio dell`attività di controllo. Il veterinario dipendente del SSN ha infatti in una qualifica di pubblico ufficiale, che comporta competenze sia sugli animali da reddito che su quelli da compagnia. Supervisiona allevamenti, ambulatori, farmaci etc., gestiti dai liberi professionisti, ed entra in possesso di informazioni su possibili clienti, trovandosi potenzialmente in condizione di “offrire” la propria assistenza libero professionale. Gli stessi elenchi di possessori di animali, come le relative anagrafi, potrebbero essere sfruttati a questo scopo, non diversamente dal proprietario di animali che ricorre all`Azienda Sanitaria per compiti esclusivi e finisce per ritrovarsi tra i clienti di chi esercita il doppio lavoro. Il ruolo di controllore rende più “agevole” il rapporto col cliente, spesso fiducioso -a torto o a ragione- in un trattamento di favore o una sorveglianza meno severa. Sia che parliamo della cosiddetta “assistenza zooiatrica”, sia che il dipendente sfrutti un prestanome per mascherare l`attività, si tratta comunque di condotte che espongono a dei rischi. Quali? In primo luogo la credibilità di un sistema di sanità pubblica e quindi le basilari garanzie di cittadini e consumatori. Infatti sono spesso coinvolti allevamenti o filiere di trasformazione, dove la sicurezza degli alimenti è lo scopo stesso della presenza del medico veterinario. Ci sono poi rischi per le malattie infettive, anche trasmissibili all`uomo, e fenomeni come il randagismo nei quali la netta separazione dei ruoli rappresenta il pre-requisito per non avere sovrapposizioni di interessi. Poi troviamo le lungaggini burocratiche che rendono più appetitosa la scorciatoia del ricorso al dipendente, e le prestazioni invisibili al fisco. Si altera anche il mercato, viziato da comportamenti che non lo vedono uguale per tutti. In ultima analisi il danno è dello Stato, come ben evidenzia l`articolo, costretto a rincorrere l`efficienza in un sistema privo dei presupposti ed a sopportare i costi di minore produttività e di inaccettabili compromessi. Un interessante articolo d”>www.corriere.it/economia/11_dicembre_27/Consulenze-Incarichi-Privati-Doppio-Lavoro-degli-Statali-starzanini_fd675950-3051-11e1-8f40-f15d26f90444.shtml”>articolo del CORRIERE DELLA SERA, a firma di Fiorenza Sarzanini, descrive il mondo sommerso (ma non troppo) del doppio lavoro dei dipendenti pubblici. Si tratta di una piaga che porta loro 20 milioni di euro di guadagni ed aggrava lo Stato di un danno stimato in 55 milioni di euro. Nonostante il dipendente pubblico goda di garanzie -reddito e stabilità del posto di lavoro- inimmaginabili per molti altri lavoratori, evidentemente non c`è limite al peggio. Nella medicina veterinaria il doppio lavoro, sia esso autorizzato o del tutto abusivo, preclude a priori la possibilità di un serio esercizio dell`attività di controllo. Il veterinario dipendente del SSN ha infatti in una qualifica di pubblico ufficiale, che comporta competenze sia sugli animali da reddito che su quelli da compagnia. Supervisiona allevamenti, ambulatori, farmaci etc., gestiti dai liberi professionisti, ed entra in possesso di informazioni su possibili clienti, trovandosi potenzialmente in condizione di “offrire” la propria assistenza libero professionale. Gli stessi elenchi di possessori di animali, come le relative anagrafi, potrebbero essere sfruttati a questo scopo, non diversamente dal proprietario di animali che ricorre all`Azienda Sanitaria per compiti esclusivi e finisce per ritrovarsi tra i clienti di chi esercita il doppio lavoro. Il ruolo di controllore rende più “agevole” il rapporto col cliente, spesso fiducioso -a torto o a ragione- in un trattamento di favore o una sorveglianza meno severa. Sia che parliamo della cosiddetta “assistenza zooiatrica”, sia che il dipendente sfrutti un prestanome per mascherare l`attività, si tratta comunque di condotte che espongono a dei rischi. Quali? In primo luogo la credibilità di un sistema di sanità pubblica e quindi le basilari garanzie di cittadini e consumatori. Infatti sono spesso coinvolti allevamenti o filiere di trasformazione, dove la sicurezza degli alimenti è lo scopo stesso della presenza del medico veterinario. Ci sono poi rischi per le malattie infettive, anche trasmissibili all`uomo, e fenomeni come il randagismo nei quali la netta separazione dei ruoli rappresenta il pre-requisito per non avere sovrapposizioni di interessi. Poi troviamo le lungaggini burocratiche che rendono più appetitosa la scorciatoia del ricorso al dipendente, e le prestazioni invisibili al fisco. Si altera anche il mercato, viziato da comportamenti che non lo vedono uguale per tutti. In ultima analisi il danno è dello Stato, come ben evidenzia l`articolo, costretto a rincorrere l`efficienza in un sistema privo dei presupposti ed a sopportare i costi di minore produttività e di inaccettabili compromessi.
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