(AGI) – Washington – Ricercatori americani sono riusciti a creare le prime 5 mucche geneticamente modificate resistenti alla mastite. Dopo la crisi dell’epidemia del morbo della mucca pazza, sul mercato alimentare ora arriva dunque anche la mucca transgenica. Lo rivela un articolo pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology. La mastite, …
(AGI) – Washington – Ricercatori americani sono riusciti a creare le prime 5 mucche geneticamente modificate resistenti alla mastite. Dopo la crisi dell’epidemia del morbo della mucca pazza, sul mercato alimentare ora arriva dunque anche la mucca transgenica. Lo rivela un articolo pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology. La mastite, un’infezione delle ghiandole mammarie delle vacche, causa ogni anno perdite per miliardi di dollari all’industria dei prodotti caseari. Si tratta di una infezione batterica che causa un’infiammazione e una riduzione nella produzione di latte. “Il problema e’ che con i nuovi sistemi di prelievo automatico del latte dalle mammelle delle mucche e’ molto difficile contenere le infezioni di mastite” spiega Andrew Biggs, veterinario del Vale Veterinary Centre di Tiverton, in Gran Bretagna. “E’ aumentata la produzione, ma con essa anche il contagio da mucca a mucca” aggiunge l’esperto. Solo negli Usa, la mastite causa danni per due miliardi di dollari e per 200 milioni in Gran Bretagna. Uno dei batteri che causa la mastite, lo Staphylococcus aureus, e’ inoltre resistente agli antibiotici: solo nel 15 per cento dei casi i farmaci risultano utili. Per risolvere questo problema, gli scienziati sono ricorsi all’ingegneria genetica, introducendo nel DNA di una mucca di razza Jersey un gene ottenuto dal batterio S. simulans. In questo modo la vacca produce una proteina, la lisostafina, in grado di uccidere l’S. aureus. E’ la prima volta che i ricercatori hanno realizzato delle vacche transgeniche. Fino a oggi c’erano stati tentativi simili, ma con altri animali come i polli. “La mastite – spiega Robert Wall del Dipartimento dell’Agricoltura americano che ha partecipato all’esperimento – rappresentava un bersaglio ideale perche’ i tentativi di selezionare mucche resistenti alla malattia con le normali tecniche di incrocio razziale non aveva dato risultati significativi”. In totale Wall e i suoi colleghi hanno creato cinque mucche transgeniche, tre delle quali hanno mostrato una significativa resistenza all’infezione allo S. aureus rispetto ad altre mucche non transgeniche. Delle ghiandole mammarie contaminate con i batteri della mastite, solo il 14 per cento si sono infettate nelle mucche transgeniche, contro il 71 per cento degli altri animali del gruppo di controllo. Secondo i ricercatori inoltre, la proteina non rappresenta un pericolo per il consumo umano. “Sembra che la lisostafina non danneggi nessun altro tipo di proteina prodotta dai mammiferi e quindi sembra essere del tutto innocua per le mucche e per i consumatori”, ha spiegato Wall. La nascita delle mucche OGM sembra pero’ destare alcune perplessita’ da parte degli esperti. Secondo Biggs infatti difficilmente gli allevatori potrebbero acquistare capi modificati geneticamente, almeno in Gran Bretagna, dove lo scandalo della mucca pazza ha devastato il settore zootecnico. “Certo l’ingegneria genetica potrebbe aiutare a ridurre l’impatto della mastite sui costi di allevamento, ma fintanto che i consumatori continueranno ad essere cosi’ contrari a questo tipo di prodotti credo che la scoperta dei veterinari americani non sia destinata ad un grande futuro” dice ancora Biggs. C’e’ anche un altro aspetto che fa dubitare circa l’arrivo sulle nostre tavole del latte di mucche OGM. Ed e’ legato alla reale possibilita’ di rendere attraverso la bioingegneria le mucche al cento per cento al riparo dall’infezione che causa la mastite. “Al momento – ha spiegato ancora Biggs – la tecnica messa a punto dai genetisti americani si concentra solo su uno degli agenti patogeni che causano la mastite e quindi i vantaggi deriverebbero solo da quel tipo particolare di mastite causata dallo S. aureus, mentre altri agenti patogeni possono comunque sviluppare l’infezione”. L’autore della scoperta, Robert Wall, pero’ non si lascia intimidire dalle critiche. “Questi cinque animali sono solo un primo passo” ha concluso.(AGI) . 051442 APR 05
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