2009: Buona Fortuna! Anche se molte categorie non se ne sono ancora accorte, c’è crisi. Negli ambienti economici si continua a parlare di recessione, blocco delle assunzioni, licenziamenti, spinte deflattive, chiusura di attività. Noi medici veterinari liberi professionisti, siamo particolarmente esposti al rischio di crisi. Siamo infatti tra le categorie professionali …
2009: Buona Fortuna! Anche se molte categorie non se ne sono ancora accorte, c’è crisi. Negli ambienti economici si continua a parlare di recessione, blocco delle assunzioni, licenziamenti, spinte deflattive, chiusura di attività. Noi medici veterinari liberi professionisti, siamo particolarmente esposti al rischio di crisi. Siamo infatti tra le categorie professionali con i redditi più bassi in assoluto, e basta poco per metterci in difficoltà. Non abbiamo tutele di nessun genere, e molti sono coloro che non si iscrivono all’Ordine o si cancellano, perché non possono sostenere la spesa degli oneri previdenziali. Altri cambiano settore di attività, accorgendosi (troppo tardi) di essersi fatti ingannare sulle prospettive occupazionali della veterinaria. La zootecnia, nel nostro Paese, non godeva di buonissima salute prima delle tensioni dei mercati, ed è improbabile che nasconda grandi e inaspettate performance. Lo stesso dicasi del ruolo nell’industria di trasformazione, eroso da sempre nuove figure che continuano a limitare il nostro spazio vitale. Il settore dei piccoli animali, saturo da decenni, sembrava dar spazio a tutti, e molti lettori della palla di vetro pontificavano sulla necessità di aumentare la complessità delle strutture e sull’inadeguatezza del veterinario tradizionale. In realtà, la cura degli animali viene percepita nelle società evolute (per le altre è un problema di pura sussistenza), come un progresso della sensibilità collettiva, ma dietro questo atteggiamento, che vale finché possiamo permettercelo, resta un ordine di priorità ed il nostro servizio è di quelli che passano in secondo piano. Il reddito dei veterinari è tra i primi a risentire della stagnazione dei consumi. Siamo un “indicatore di recessione” ed a giudicare dallo tsunami dei mercati, potremo dirci fortunati se perderemo “solamente” il 30% dei nostri guadagni. Ma questo avrà necessariamente una ripercussione sulla sanità, perché l’animale domestico convive con l’uomo. Chiediamo quindi misure urgenti di riduzione dell’IVA, che attualmente parifica un settore della salute, ad un bene di lusso. Chiediamo che chi si laurea in veterinaria faccia un iter di studio di 5 anni effettivi, e non di quattro scarsi come oggi (più tirocinio) e che l’inserimento nel mondo del lavoro sia posticipato con due anni di pratica post-laurea, con esame di stato finale: la preparazione è competitività. Chiediamo che siano esternalizzate ai liberi professionisti tutte le mansioni che possono svolgere, per avere un apparato più elastico e per dare alla Medicina Pubblica il ruolo di controllo che le compete, uscendo dalla logica auto-referenziale. Chiediamo semplificazione, perché le incombenze burocratiche sono oneri infruttuosi che non possiamo più permetterci: un sistema di Educazione Medica Continua che torni alla ragione, leggi chiare che non si sovrappongano, adempimenti formali ridotti allo stretto necessario. E che Dio ce la mandi buona.
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