La rappresentanza carpita. Considerazioni a margine di un editoriale di Claudio Magris.
Sul Corriere della Sera (06/02/2014) Claudio Magris cita l’articolo 20, comma 2, della Costituzione che sancisce il diritto di far parte, ma anche di non far parte di associazioni.
“Rifiuto di iscrivermi al partito invisibile”-scrive a proposito dei network del web- “C’è un Partito Invisibile che vorrebbe far indossare a tutti la stessa camicia, come un tempo la camicia nera, e lo fa in modo subdolo e insidioso”. Mutatis mutandis l’articolo ben si attaglia a molte associazioni e rappresentanze della società civile, che vantano numeri significativi di rappresentanti e poi, a ben vedere, non ne hanno affatto, oppure rappresentano interessi diversi da quelli dell’associazione. Pensiamo a chi è in pensione, che non lavora più, e spesso viene “usato” per rappresentare i lavoratori attivi, quelli che tutte le mattine devono presentarsi a guadagnarsi la giornata. Una rappresentanza vera richiede una scelta consapevole e la possibilità di partecipare in modo democratico. Invece capita che realtà molto simili a quelle di cui parla Magris, si arroghino il diritto di rappresentare una categoria senza che agli iscritti sia data possibilità di scelta (se iscriversi o meno). Tanto meno che si capisca come si finanzia la sua attività, non avendo quote di iscrizione.
Funziona così: immaginiamo un medico veterinario interessato alla cura delle pantegane, che intenda partecipare a qualche evento formativo sull’argomento. L’evento costerebbe una certa cifra ma se si iscrive alla Società dei Veterinari Panteganisti, può partecipare al corso per un corrispettivo significativamente minore, per cui gli conviene l’iscrizione. E fin qui è tutto normale, anzi è pure virtuoso, perché si crea una Società Scientifica. Ma a questo punto scatta un altro meccanismo. Immaginiamo che l’iscrizione alla Società dei Veterinari Panteganisti comporti, in automatico, l’iscrizione all’Associazione Nazionale dei Veterinari Amanti dei Ratti. Un meccanismo automatico, obbligatorio, gratuito ma senza alcuna possibilità di recesso. Associazione politica, che dice di rappresentare tutti i veterinari che si occupano della materia. Non solo. Entra in altre associazioni di rappresentanza a loro volta riconosciute che, inconsapevoli del meccanismo di reclutamento, ne accettano tranquillamente i numeri. E nessuno si pone il problema di chi mantiene il baraccone, visto che non si versa nulla. Avrà qualche società di servizi che retribuisce i vertici o pubblicizzerà derattizzanti, magari perdendo una parte dell’indipendenza necessaria per la vantata rappresentanza della categoria? Nel frattempo il Collega è diventato un numero, il cui novero tra gli iscritti/rappresentati è a totale discrezione dell’Associazione, perchè avendolo iscritto “per forza”, non gli rende certo conto di nulla. Potrebbe accadere che, se un giorno dovesse rinunciare al rinnovo dell’iscrizione alla società culturale, il suo nome non avrebbe più diritto ai servizi, ma continuerebbe a rimanere nei numeri vantati. Chi può dire che esista una revoca per un iscrizione di cui non esiste esplicita adesione?
Ovviamente è un caso di pura invenzione, tuttavia non ci sono garanzie reali per rendere cogente l’applicazione dell’ Articolo 20, comma 2, della Costituzione. Ha ragione Claudio Magris (a parte -forse un refuso- che sarebbe riferito piuttosto all’art 18 del testo costituzionale). Il Partito Invisibile, a volte addirittura fin troppo visibile, esiste in tante forme ed in diverse realtà e le Istituzioni dovrebbero prenderne atto ed esercitare qualche forma di tutela.
Ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è -probabilmente- del tutto casuale.
Angelo Troi – SIVeLP
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