02/05/2012 Editoriali2 Minuti

La ricerca e gli animali

Sivelp

Cosa può succedere se un farmaco per gli animali non si sperimenta sugli animali?

Potremmo dire che il primo veterinario che lo usa, di fatto sta sperimentando.

 

Ma si tratterebbe di una sperimentazione senza controllo e senza raccolta di dati pianificata, con reazioni avverse valutate non in modo rigoroso ma con una certa empiricità dettata dal contesto.

A volte si scelgono anche oggi realtà in cui determinate condizioni siano presenti in modo particolarmente significativo (ad esempio i canili per gli antiparassitari) ma si tratta sempre di farmaci già testati, il cui utilizzo viene percepito come un aiuto per quegli animali e non certo come sperimentazione.D’altra parte nel nostro Paese, esistono regole precise. Rendere invisa questa necessità scientifica significa semplicemente trasferire altrove la ricerca, in contesti meno avversi ma anche meno controllati, per cui finiremmo per garantire meno gli animali stessi che vorremmo difendere.

Inoltre le terapie che oggi noi applichiamo, in particolare agli animali da compagnia, derivano spesso da protocolli testati per l’umana, di cui è stata verificata l’efficacia negli animali. In qualche modo potremmo pensare che la ricerca sugli animali fatta per l’uomo, che ovviamente è assai più praticata, presenta ricadute terapeutiche valide da destinare agli animali stessi. Sarà meglio tenersi in Italia medici e ricercatori che applicano metodi scientifici con leggi che ne regolano i comportamenti (il benessere animale verificato da veterinari esperti) o lasciare ad altri il problema, al di fuori del controllo delle nostre leggi?

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