30/07/2013 News9 Minuti

Sterilizzazione chimica dei cervi. Lo stato dell’arte.

Sivelp

Partendo dal presupposto che nessun farmaco è attualmente registrato in Italia per la sterilizzazione permanente di Ungulati domestici o selvatici, e quindi occorrerebbero anni di sperimentazione sulle specie target per avere risposte applicabili nella pratica, riportiamo un recente articolo sullo stato del’arte dell’opzione chimica del controllo riproduttivo di popolazioni di cervi in natura.

“I metodi contraccettivi hanno un ruolo nella gestione della popolazione di cervo?” Ovvero-“Perché non usiamo il controllo delle nascite mediante farmaci sul cervo?”

Queste sono domande che sorgono frequentemente da parte del pubblico trattando le problematiche di gestione dei cervi.

Molte comunità sono alle prese con problemi che riguardano le varie specie di cervi, che si concretizzano con l’interazione cervo-uomo. Un numero in continuo aumento di individui causa crescenti problemi. In particolare: malattia di Lyme [Borreliosi: trasmessa dalle zecche in aree densamente popolate dai cervi, loro habitat ideale. Ndt], incidenti tra cervi ed autoveicoli e devastazione ambientale dovuta a un eccessivo depauperamento delle risorse boschive.

La possibilità di manipolare la fertilità nelle specie animali selvatiche si concretizza a partire all’incirca dal 1985, con la sterilizzazione, i farmaci contraccettivi e, più recentemente i vaccini che impediscono il concepimento. La vaccinazione contro il concepimento è nota come immuno-contraccezione [processo che blocca i meccanismi regolatori della riproduzione con l’inoculazione di GNRH – l’Ormone per il rilascio delle Gonadotropine LH ed FSH-, adiuvato dal batterio Mycobacterium a. geneticamente modificato (OGM) per indurre immunità nei confronti del proprio GNRH naturale e sopprimere in tal modo l’attività riproduttiva naturale. Ndt]. Il primo vaccino immuno-contraccettivo sviluppato richiede due trattamenti prima che i livelli di anticorpi siano abbastanza alti da risultare efficaci, ed è necessario un richiamo annuale. I trattamenti farmacologici dovranno essere somministrati da tiratori appositamente formati ed i cervi già trattati devono essere contrassegnati in modo tale da rendere possibile l’identificazione, per le successive dosi di richiamo. Nei cervi che vivono in natura (non allevati) è necessario catturare e sedare ciascun cervo. Così, mentre il vaccino potrebbe costare fino a $ 10 a dose, l’anestesia costa generalmente da $ 500 a $ 1000 per colpo. [E deve essere messa in conto l’elevata possibilità di reazioni avverse, anche letali, in ruminanti selvatici, Ndt]

Un metodo che richiede meno manodopera, quindi più economico per trattare gli animali, potrebbe essere quello di somministrare un farmaco per bocca tramite un prodotto alimentare, ad esempio sotto forma di un sale da leccare. Tuttavia i farmaci contraccettivi non sono ancora specie-specifici e potrebbero essere assunti da qualsiasi animale selvatico che vive nei boschi. Le sostanze medicinali finirebbero per entrare nella catena alimentare con conseguenze incalcolabili su più specie, compreso l’uomo. Così l’ipotesi di un “contraccettivo orale” è attualmente inapplicabile.

Inoltre, i vaccini iniettabili sono ancora disponibili solo per somministrazioni a livello di ricerca (sperimentazione sugli animale) e devono essere approvati dalle Autorità preposte sia al controllo del farmaco, che al successivo utilizzo su specie in natura. Le prime sperimentazioni su animali sono state condotte nell’ Assateague Island nel 1994 con lo scopo dimantenere sotto controllo la popolazione di cavalli selvaggi, ed è stato utilizzato con successo in elefanti in Africa ed in una varietà di animali negli zoo.

Il National Wildlife Research Center ha successivamente condotto altre ricerche con il vaccino sul cervo dalla coda bianca e sul coyote. Tutti gli studi di contraccezione con cervi richiedono rigidi protocolli e l’approvazione delle condizioni di studio da parte del Dipartimento per le Risorse Naturali (DNR). Un articolo nel numero di ottobre 2007 del Smithsonian Magazine tratta tutte le questioni concernenti la sovrappopolazione e descrive gli studi sperimentali condotti al National Zoo di Washington DC.

I risultati di tutti questi studi nei cervi hanno dimostrato che il metodo è applicabile unicamente a mandrie d’allevamento. Secondo gli studiosi, la difficoltà di somministrare più volte il vaccino allo stesso animale allo stato brado, con i relativi richiami, richiede un enorme dispendio di tempo e risorse e diviene quindi economicamente assai impegnativo. Il farmaco più promettente nel 2007, SpayVac ™ è stato ritirato dagli studi a causa di mancanza di prove sperimentali. Il fallimento del farmaco nel New Jersey e Ohio, secondo funzionari della società, determinato dalla necessità di modificare il farmaco secondo le regole imposte dagli enti di controllo statunitensi, ha causato il venir meno dell’interesse economico nella prosecuzione del progetto.

L’ultimo farmaco immuno-contracettivo in fase di studio, GonaCon, ha una certa efficacia nel tempo, ma con una risposta positiva limitata al 50% nel secondo anno di applicazione sperimentale. Questo, purtroppo, lascia alle cerve una fertilità sufficiente a mantenere positiva la curva di crescita della popolazione e non comportare, in natura, alcun calo nel numero di cervi sul lungo periodo.

Una singola dose iniettata di GonaCon ha mantenuto sterili alcune femmine per un massimo di 5 anni in studi di laboratorio. Durante studi sul campo in New Jersey e Maryland, utilizzando cervi selvatici in ambienti semichiusi (parzialmente recintati), il vaccino ha dimostrato un efficacia del 67-88% nel prevenire la gravidanza il primo anno, e del 47-48% nel secondo anno. L’efficacia contraccettiva può essere estesa nel tempo con la somministrazione di una seconda dose. Sulla base dei dati disponibili, non è ancora stata chiarita la frequenza di richiami vaccinali necessari a mantenere la sterilità negli anni successivi.

GonaCon non è stato testato su grandi popolazioni in libertà. (…) GonaCon è disponibile sul mercato USA a partire dal gennaio 2010; tuttavia, l’uso potrebbe essere ritardato in attesa di ulteriori approfondimenti. Infatti l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) si limita ad approvare le molecole sulla base delle loro sicurezza ambientale e sulle specie non-target, ma non sulla loro efficacia come farmaco di controllo della popolazione. Quindi l’approvazione EPA e la relativa registrazione non deve essere interpretata come un’approvazione del suo uso per controllare popolazioni di cervi. Gli esperimenti hanno provato un’ efficacia reale solo su gruppi di cervi trattati in un recinto o in areali parzialmente isolati, e non sulla capacità riproduttiva di una popolazione in libertà, dove alcuni individui potrebbero non essere affatto raggiunti dal trattamento.

Perché il controllo delle nascite non può essere applicato su cervi in libertà?

La contraccezione può anche non essere affatto efficace nel ridurre il numero di animali, o persino lasciarlo del tutto invariato. I cervi vivono fino a 15 anni e continueranno a causare danni boschivi, a diffondere la malattia di Lyme e provocare incidenti stradali per anni, sebbene resi temporaneamente sterili. Secondo gli organismi di controllo statunitensi la difficoltà di trattare un numero sufficiente di cervi in una foresta è grandissima: si dovrebbe trattare una percentuale altissima di animali (90%), improponibile per grandi numeri!(…)
Vanno poi considerati anche effetti indesiderati sul comportamento dei cervi, sulla loro struttura sociale ed alcuni effetti sanitari a lungo termine, come anomalie ovariche e del ossee midollo. Fino a quando non si svilupperanno sostanze per il controllo delle nascite specie-specifici e che agiscano per ingestione, in modo da essere aggiunti agli alimenti, il costo del trattamento di ogni femmina sarà troppo elevato, anche oltre i $ 1100 dello SpayVac ora accantonato.

Altri approcci che sono stati presi in considerazione, comprendono la sterilizzazione chirurgica o chimica di maschi adulti e dominanti che vengono poi mantenuti all’interno della popolazione. Il metodo è stato sperimentato in alcune zone, ma la stessa ricercatrice che lo ha praticato , Uma Ramkrishnan, ammette che “la sterilizzazione deve essere vista solo come una soluzione a lungo termine ed è improbabile che possa essere più efficace della caccia” e che con le popolazioni in ambiente aperto , non sarebbe mai stato possibile catturare e trattare tutti i cervi uno ad uno cosicché il metodo non potrebbe funzionare nella pratica. (tradotto liberamente da  Angelo Troi DVM – Dr. in Scienze ambiente natura) #veterinari

ARTICOLO ORIGINALE

Nessun tag disponibile per questo articolo.