18/11/2011 Editoriali2 Minuti

“Striscia” e le vacche a terra

Sivelp

Qualche giorno fa “Striscia la Notizia”, trasmissione di Canale 5, ha fotografato l’ennesimo abuso ai danni di animali. Trasporto di bovini non deambulanti diretti al macello. Subito si è espressa la disapprovazione generale nei confronti del veterinario che ha “dato il permesso” di caricare sul camion quei capi, e …

Qualche giorno fa “Striscia la Notizia”, trasmissione di Canale 5, ha fotografato l’ennesimo abuso ai danni di animali. Trasporto di bovini non deambulanti diretti al macello. Subito si è espressa la disapprovazione generale nei confronti del veterinario che ha “dato il permesso” di caricare sul camion quei capi, e non saremo certo noi a difendere simili comportamenti. Sono tuttavia necessarie alcune precisazioni. Se un’azienda agricola invia dei bovini in quelle condizioni al macello, non significa che tali animali vadano destinati al consumo umano. La scelta non spetta mai al libero professionista. In ogni caso è richiesta la certificazione di un veterinario dipendente pubblico e non vi è alcun automatismo tra l’invio del capo al macello e la destinazione al libero consumo delle carni. In genere i macelli non accettano trasporti di quel genere, tanto che il camion in questione era diretto ben lontano da dove gli animali sono stati raccolti, quindi è ragionevole pensare che vi fosse dall’altra parte qualcuno disposto a non vedere in che modo erano trasportati i capi, probabilmente conosciuto per la disponibilità in tanti casi simili a quello intercettato dal programma di Stoppa. E non poteva certo trattarsi di un libero professionista. Il problema delle vacche non deambulanti si è molto aggravato con l’avvento delle cosiddette “stalle libere” perché gli animali sono più soggetti a traumi di quando vivevano a posta fissa. I collassi dovuti alla carenza di calcio sono recuperabili con terapie adeguate, in un’ampia percentuale di casi, ed occorre dare all’allevatore la possibilità di spostare l’animale per fornirgli le cure adeguate (ad esempio con una “barella zootecnica” che eviti sofferenze all’animale), riservando l’eutanasia ai casi non recuperabili. Solamente un’accorta politica di gestione del destino delle carcasse, che non costituisca un costo improponibile per l’allevatore, potrà portare alla scomparsa del fenomeno.

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