Tagli alla sanità: De Biasi, pres. Commissione Sanità spiega la verità
È molto chiaro e diretto l’intervento al Senato del Sen. De Biasi, presidente della Commissione Sanità, riguardo agli annunciati 7 miliardi di tagli alla sanità. Riportiamo qui il testo:
“Signor Presidente, voglio ringraziare le relatrici per il lavoro davvero immenso e difficilissimo, nonché l’intera Commissione bilancio, per aver portato in porto un provvedimento assai complesso. Vorrei ringraziare anche i colleghi della Commissione Sanità che sono intervenuti nel merito e tutti gli sguardi critici che sono intervenuti nel dibattito su questo tema.
In parte, devo dire che è un disagio che noi abbiamo condiviso, perché avremmo certamente preferito un decreto invece che un emendamento; ciò sarebbe stato più logico e su di esso avremmo potuto esprimere un parere. Capisco i problemi che riguardano la struttura dei rapporti con il Parlamento; tuttavia credo che il tema della sanità debba essere un tema quanto mai condiviso.
A questo si è aggiunta purtroppo un’improvvida intervista, di quelle interviste inutili e probabilmente dannose, che fanno dire oggi ai titoli di stampa che in questo provvedimento ci sono sette miliardi di tagli sulla sanità. Non è vero. Cominciamo a dire che non è vero. I cittadini italiani sappiano che quei sette miliardi non sono presenti in questo provvedimento. In questo provvedimento c’è quanto già deciso da tempo dalle Regioni: sulla base di una richiesta del Governo di un taglio di quattro miliardi, le Regioni hanno scelto di operare risparmi per 2,3 miliardi circa nel campo della sanità. Possiamo opinare, ma questa è la realtà e di questo stiamo parlando. I sette miliardi non ci sono, ma penso che ci siano alcuni altri elementi: ad esempio i risparmi nel triennio presenti nel DEF, che ricordo ai colleghi noi abbiamo emendato, chiedendo espressamente che non venissero toccati i campi delle politiche sanitarie e sociali. Io credo che, rispettando quanto detto nel patto per la salute e quanto detto nel DEF, noi ci assestiamo e dobbiamo assestarci nel campo del risparmio, nel triennio, come definito da quei documenti e non da nuove, improvvide, inutili e dannose avventure. Dove è il problema?
Ma dov’è il problema? Ho l’impressione che guardiamo troppo spesso alla sanità e al servizio sanitario nazionale con lo specchietto retrovisore. Guardiamo ad una sanità che non sempre corrisponde al cambiamento della società italiana, alla cronicità che è aumentata e alla longevità che è aumentata anche grazie alla qualità del servizio sanitario nazionale. Quando diciamo che ci vuole un rapporto diverso tra ospedale e territorio in favore del territorio non stiamo dicendo che bisogna chiudere gli ospedali e neanche tanto meno parliamo di “ospedali in rosso”, terminologia uscita su “la Repubblica” domenica scorsa e di cui qualcuno mi dovrà spiegare il significato. Non stiamo parlando di questo perchè siamo consapevoli che la manovra che va fatta è molto seria e deve guardare al futuro. Noi abbiamo di fronte questi problemi: l’invecchiamento della popolazione, la cronicità, i nuovi farmaci, che sono quelli salva vita e cosiddetti innovativi su cui va fatta chiarezza.
Innanzitutto bisogna capire cosa intendiamo per innovatività: è un’innovazione terapeutica o di mercato? In secondo luogo, dobbiamo stabilire come questi farmaci innovativi saranno pagati. Da chi saranno pagati e come saranno erogati? Saranno dati a tutti o no?
Lo dico in un slogan: il nostro universalismo si sostanzia nell’essere tutti uguali di fronte all’aspirina o nell’essere tutti uguali di fronte al cancro? Io penso di fronte al cancro. In questo sta l’universalismo di cui noi stiamo parlando. Non parliamo di un universalismo immobile come Moloch del passato, un egualitarismo inutile, visto e considerato che il 33 per cento degli italiani si paga di tasca sua medicinali e prestazioni e che c’è una diminuzione secca delle persone che vanno a curarsi per via della crisi. Noi ci stiamo avviando ciecamente, se non ci fermiamo e non guardiamo all’innovazione, verso chi vuole una sanità fatta con la terza gamba e magari con le assicurazioni o la sanità integrativa per cui chi può paga e chi non può si arrangia. Noi diciamo: no!
Questo è contenuto nel patto per la salute; questo è contenuto nel provvedimento. Quando si dice sui giornali che le Regioni sono in rivolta, vorrei che fosse chiaro che stiamo parlando – lo dico con grande franchezza e amarezza – della manovra del Veneto, della Liguria e della Lombardia che intendono farsi una sanità per conto loro a spesa del resto d’Italia. Questo non è tollerabile perché noi siamo un servizio sanitario nazionale e tale deve continuare ad essere, pure con tutti i cambiamenti che vanno operati.
In questo contesto, se il tema è l’innovazione, io dico che il punto politico è uno solo e, cioè, se questi risparmi sono una conversione di spesa che resta nell’ambito della sanità o se serve ad altro. Io su questo sono pronta a spendermi in una battaglia. Io non sono d’accordo con l’idea che la sanità dia soldi ad altro perché la sanità ha già subito tagli molto pesanti e contribuire al taglio delle tasse significherebbe di fatto privare i cittadini, gli operatori, i medici e i professionisti – perché non ci sono solo i cittadini ma anche l’intero mondo dei lavoratori della sanità – di opportunità professionali e di opportunità di cura. Allora, questo deve essere molto chiaro e sono felice che la signora Ministro abbia corretto il tiro e oggi abbia detto chiaramente che ogni euro risparmiato in sanità deve rimanere nell’ambito della stessa sanità mettendo a posto ciò che non va bene.
Ci sono cose che non vanno bene e lo sappiamo perfettamente. Ne è una prova il fatto che le Regioni, ognuna per conto proprio, stanno mettendo a posto i conti e guardate che la difformità delle Regioni nell’erogazione del servizio sanitario nazionale rischia di diventare una disuguaglianza troppo pesante perché un Governo progressista possa sostenerla. Quindi, stiamo attenti anche a questo punto.
Infine, del tema che riguarda la medicina difensiva si è molto parlato, e pregherei di non esagerare con le cifre e di non sparare a caso miliardi su miliardi, anche perché i medici italiani non sono degli assassini. Vorrei che fosse chiaro anche questo. I medici italiani e i professionisti della sanità italiana lavorano con passione e competenza. Sono i migliori del mondo e ce li rubano ogni volta che vanno all’estero.
Pensiamoci quando ragioniamo sulla sanità italiana. La medicina difensiva va messa a posto? Sì. Perché è un grande spreco? Sì. Ci vuole una legge? Sì. L’Italia è l’unico Paese in Europa che non ha una legge sulla responsabilità in campo medico? Sì. La Camera ha incardinato anche questo provvedimento e noi chiederemo, in clima di leale collaborazione, che si velocizzi al massimo l’approvazione di questo provvedimento perché è urgente.
Così come è urgente il riconoscimento delle professioni sanitarie, se non vogliamo andare in Europa con l’abusivismo professionale. Questo lo dico alla nostra Commissione bilancio, perché sveltisca i lavori che sono fermi da un anno sul disegno di legge n. 1324. Si parla dell’appropriatezza. La responsabilità in campo medico è l’appropriatezza. Dobbiamo decidere cosa intendiamo per appropriatezza. Ci sarà un decreto ad hoc su questo e deve esserci una lista molto chiara di cosa significhi appropriatezza, per fare in modo che il cittadino non cada nella trappola. Ma che non cada nella trappola, non del medico, ma del fai da te e dell’autoprescrizione, del decidere di fare alcune analisi totalmente inutili e alcune TAC molto costose. E ci sono dei DRG che, soprattutto in questo campo, significano una bella remunerazione, soprattutto per il privato. Stiamo attenti. L’appropriatezza è un valore, che riguarda anche il farmaco.
Per concludere, per non guardare nello specchietto retrovisore, c’è un solo modo, quello di collaborare. Lo dico al Governo, lo dico alla signora Ministra e ai rappresentanti del Governo che sono qui oggi. Signora Ministra, lei coinvolga maggiormente il Parlamento. Troverà una Commissione disponibile, attenta e competente e un Parlamento desideroso di capire e di scegliere: sul tavolo farmaceutico che si aprirà a settembre, sull’appropriatezza e sul suo decreto, sulla riforma dell’AIFA, dell’Istituto superiore di sanità e di AGENAS e, perché no, anche sulla spending review. Abbiamo cose interessanti da suggerire al Commissario”.