27/01/2011 Editoriali3 Minuti

Tirocinio post-laurea: parliamone!

Sivelp

Il laureato in legge, prima di diventare avvocato, deve fare due anni di praticantato che gli permetteranno di sostenere l`esame d`accesso alla carriera forense.

 

Il corso di laurea in Medicina Veterinaria prevede invece la possibilità di ingresso diretto alla professione attraverso la porta dell’Esame di Stato, porta quasi sempre aperta, che dunque è un filto più teorico che altro.

C’è poi il modo reale, quello vero della professione, dove è indispensabile una preparazione pratica, che quasi tutti noi abbiamo dovuto sostenere prima di poter pretendere di avere dei clienti.

Formalizzare questo percorso propedeutico è un interesse di tutti.

In primo luogo dei clienti, perché vedrebbero un professionista più preparato e capace, a conoscenza di quel mondo del lavoro che, giocoforza, non può essere “trasmesso” dalla sola frequentazione accademica. Poi per il neo-laureato, che si troverebbe a fare pratica senza “gentili concessioni”. Avrebbe la possibilità di un tempo di preparazione ben definito, oltre il quale pretendere una remunerazione congrua e professionalmente dignitosa. Infine per i medici veterinari che attualmente rischiano molto ad accogliere un neo-laureato che ha bisogno di pratica. Non è infatti prevista in modo compiuto la presenza di figure di questo genere nel contesto lavorativo, e questo comporta varie difficoltà sotto il profilo dell`inquadramento fiscale, assicurativo e retributivo. Tutti si sono arrangiati fino ad oggi con funambolici espedienti, mentre sarebbe interesse comune avere un quadro normativo di riferimento chiaro. Istituire il tirocinio darebbe anche maggiore dignità alla libera professione perché il titolo di studio mantiene tutta la sua valenza per coloro che desiderano intraprendere la carriera accademica, per la quale già esistono dei meccanismi di accesso intermedio (la figura del ricercatore), e per chi entrerà nel Pubblico, dove è indispensabile la specializzazione.

Infine potrebbe rappresentare un vantaggio per l`Università la quale, sollevata dal peso della pratica (spesso inutile in assenza di conoscenze che sono tra loro complementari), tornerebbe a quei cinque anni di formazione approfondita che davano al laureato italiano una certa credibilità internazionale, apprezzata all`estero quando servivano figure con una visione ampia della materia ed una solida preparazione di base. Una risposta originale e coraggiosa alle commissioni di controllo europee che hanno spesso chiesto più pratica, obbligando a ridurre la teoria e quindi, in definitiva, lo studio.

SIVeLP, come Sindacato, si è fatto interprete presso le Istituzioni della proposta; ora serve quell`unità di intenti che permetta al legislatore di tradurla in un provvedimento il più possibile condiviso, nell`interesse dell`intera categoria.

Angelo Troi – SIVeLP

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