Nei programmi del SIVELP per il prossimo triennio c’è anche la lotta agli elenchi di veterinari “autorizzati”.
Perché? Semplice: perché come Medico Veterinario, ciascuno di noi, è in possesso un’abilitazione all’esercizio della professione.
IN NOME DELLA LEGGE – IL MINISTRO DELL’UNIVERSITÀ —CONFERISCE A ROSSI MARIO L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI VETERINARIO E RILASCIA IL PRESENTE DIPLOMA A TUTTI GLI EFFETTI DELLA LEGGE.
L’accesso alla professione è garantito da quel titolo, e quel titolo ci abilita ad esercitare in qualsiasi ambito, in nome della legge. Chiunque alzi steccati ulteriori per dire che il veterinario non può operare in determinati settori, limita il valore dell’abilitazione, come se tagliasse ogni volta un pezzo di quel documento rilasciato in nome della legge. Quindi un Sindacato che tutela il lavoro si oppone nettamente a simili iniziative. Avere autorizzazioni può sembrare un vantaggio per chi le acquisisce, in base a principi corporativistici, ma in realtà il veterinario non “guadagna” nulla, anzi perde una parte della propria possibilità di accedere al mercato del lavoro. Le obiezioni che si possono fare sono numerose. In primo luogo vi è lo scontro evidente con una politica europea che si muove in direzione nettamente opposta: più volte è stata messa in discussione la stessa esistenza degli Ordini Professionali, visti come ostacolo al libero mercato. Abbiamo infatti un’autorità di vigilanza -l’Antitrust_ che è garante di questo diritto fondamentale. Inoltre bisogna valutare se chi limita il valore del nostro titolo di studio è abilitato a farlo da una legge dello Stato, perché il diritto ad esercitare ci deriva da un’abilitazione ministeriale. Dobbiamo inoltre valutare i costi per il veterinario di questi ulteriori, inutili, adempimenti. Infatti si prospetta una serie perpetua di formalità per mantenere l’etichetta e quindi questo non rappresenta un particolare irrilevante. Sarebbe anche opportuno valutare “se” e “quali” interessi si vanno eventualmente a favorire. In particolare se sussiste un reale interesse pubblico o piuttosto un vantaggio di una possibile lobby dei corsifici, che potrebbe essere ben radicata nelle stanze dei bottoni e di cui la maggior parte dei veterinari ignora gli enormi interessi. Infine una considerazione dire quasi “deontologica”: in un momento di crisi, palese e conclamata, non ci pare di sentire il bisogno di creare difficoltà a chi esercita la professione, né sotto il profilo dei costi, né -tantomeno- nell’erigere steccati con il risultato di escludere qualcuno da un mondo professionale in difficoltà. Per questo il Sindacato dei liberi professionisti si opporrà; per questo chi condivide, è invitato ad aderire alla protesta.
Angelo Troi – Segretario
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