09/04/2011 Editoriali4 Minuti

Veterinari (non evasori) si muore

Sivelp

 

ARCHITETTI (NON EVASORI) SI MUORE: “Anche mia moglie, architetto, lotta tutti gli anni con gli studi di settore.

Eppure quando fa un piccolo progetto o una piccola ristruttura è tutto tracciato, ma niente, per lo Stato deve aver guadagnato di più anche se ha aperto vani per porte e fatto lavoretti miseri. Eppure lo Stato ha l`elenco dei lavoretti che ha firmato. Ebbene vi dico che in effetti avrebbe dovuto guadagnare di più, buona parte di questi lavoretti poi non gli vengono mai pagati e non ha nessuno strumento per farsi dare i 500 o i 1.000 euro. Cosa fa? Gli fa causa ? Perderebbe dieci volte di più. Eppure noi abbiamo una macchina di 10 anni, compriamo vestiti al mercato e ai grossi magazzini a prezzi bassi ed capitato di dover versare soldi del mio stipendio nel conto aziendale di mia moglie perchè non andasse sotto con le spese d`esercizio. Così i veri architetti evasori che prendono tutti gli appalti di una certa importanza, anche quelli di mia moglie perché in Comune pagano le tangenti, e quindi solo i loro progetti vanno avanti, non fanno nessuna fatica a rientrare negli studi di settore e ad evadere quello che vogliono, mentre mia moglie con la miseria dei lavoretti deve sempre giustificarsi. Voglio vedere come faremo nel 2012 a fare la dichiarazione visto che quest`anno non lavora e l`anno scorso era andata meglio del solito. Dovremo pagare una multa anche se non ha firmato nessun progetto ? Se uno non fa nulla ed è in crisi allora è un evasore ? Per gli studi di settore si.” (Matteo Pietri http://www.beppegrillo.it)

Possiamo dire che condividiamo il contenuto dell`articolo?!

Se vogliamo aggiungere del nostro, sottolineiamo che, benchè la libera professione sia spesso additata come la fonte di tutte le evasioni, benchè ogni tanto torni in auge la proposta scellerata del pagamento esclusivamente con carte di credito, se l`imposizione fiscale fosse trasparente e sopportabile, nessuno sfiderebbe la sorte. Viceversa, capita di dover pagare su redditi mai raggiunti o su fatture mai riscosse, o in percentuale così elevata da non saper più dove prendere quello che ci serve per vivere.

Nella nostra attività poi, chi ha uno stipendio e fa la doppia professione, risulta paradossalmente meno individuabile dal fisco, perchè gli indicatori di reddito sono tutti “coperti” dalla paga. Così subiamo ad un tempo la competizione professionale di coloro che, per ruolo istituzionale, si procurano il cliente con regole diverse dal libero mercato e la concorrenza (sleale) di soggetti per nulla esposti ai controlli fiscali e quindi in grado di trarre reddito anche da tariffe “drogate”, comprese le ONLUS. La percezione del carico fiscale è talmente lontana da chi non ha una partita iva, da pretendere spesso che operiamo a tariffe irrisorie, come se avessimo comunque uno stipendio che corre alle nostre spalle. Chi si affaccia al mondo del lavoro libero professionale scopre spesso in ritardo e con conseguenze devastanti, quanto costa lavorare. Forse si potrebbe proporre un`imposizione fiscale forfetizzata fino ad un certo reddito che, da una parte garantisca entrate certe allo Stato ed una base molto ampia di contribuenti, dall`altra faccia capire a chi apre una partita iva fin dove può arrivare. Troppo spesso, per i redditi bassi, costa di più la contabilità di quanto non ricavi l`Erario dal Contribuente.

Angelo Troi – SIVELP