In questi giorni è esplosa la polemica contro il voucher (“buono lavoro”) che rappresenta un metodo di pagamento di lavoro accessorio.
A onor del vero non si riesce a capire se è emerso quello che prima era “lavoro nero” – uno degli scopi del voucher- o se il voucher ha sostituito la vera e propria assunzione.
Quello che ci colpisce è che non emergano proteste contro le FaPIVA (“False” Partite IVA).
Nella professione veterinaria ci sono degli evidenti gruppi di interesse che spingono verso l’organizzazione di strutture articolate e complesse; e qui ci sarebbe poco da contestare, se tali strutture riconoscessero lo stipendio dei dipendenti e non trasformassero una professione sanitaria in business commerciale.
Invece il fenomeno FaPIVA è tutt’altro che occasionale e appare persino aggravato da contesti tutt’altro che rari di sfruttamento di laureati, travestiti da “veterinaria gratuita”.
Va detto che la veterinaria può apparire gratis per i cittadini ma ci sono due modi di pagare il veterinario con simili definizioni: se “pubblico” a spese della sanità nazionale (dato rilevabile nei siti delle Aziende Sanitarie – es. retribuzioni 2015), se “privato” -generalmente- non pagato decorosamente.
Le denunce più eclatanti, segnalate nel 2016 al sindacato, riguardano Colleghe letteralmente “mandate a casa” una volta comunicata la futura possibilità concreta di diventare mamme. Cacciate senza alcuna garanzia, nessuna copertura: un comportamento che farebbe rabbrividire in tanti altri contesti e che pure è stato ripreso da chi ha sensibilità.
Sebbene la veterinaria Italiana abbia numeri circa doppi di laureati di altre grandi nazioni, il reddito di categoria è disastroso. Dati 2014 dell’Ente Previdenza e Assistenza dei Veterinari: Dovrebbe stupire, perché l’economia sostiene con propri numeri che il mercato non sia stato ostile nei settori d’alimentazione, farmaci e accessori per animali da compagnia.
Evidenti difficoltà quali la concorrenza pubblico-privato, lo scarso spazio occupazionale rispetto ai numeri dei nuovi veterinari, la pressione dell’opinione pubblica sulla veterinaria gratis (pur condiscendente su alimenti, accessori e farmaci) non sono concretamente comprese, quasi trasformando una facoltà del comparto agricoltura in un moderno sostituto di lauree squisitamente “culturali” del passato, la cui frequenza rappresentava più un qualificante titolo di studio che un sicuro fattore occupazionale.
Più “dietro le quinte”, ci sono gruppi che sfruttano veterinari e recuperano capitali da altre attività quali l’aggiornamento, la sponsorizzazione, la ricerca di consenso del mercato, l’ampliamento delle adesioni, la raccolta fondi di un improbabile “terziario”.
Per i veterinari esistono collaborazioni occasionali o forme di prestazioni di alto livello erogate in maniera non continuativa, ma purtroppo compaiono sempre con maggior frequenza Colleghe e Colleghi, non pagati, celati dietro false partite Iva e mantenuti per anni in strutture che formalizzano a tal punto un vero e proprio sfruttamento di categoria da poter investire continuamente in strumenti aziendali, senza alcun riconoscimento dei professionisti usati e non di rado scaricati.
La crisi italiana dei laureati non tocca unicamente i veterinari; il Presidente dei Giornalisti Enzo Iacopino, nella conferenza di fine anno del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ha richiamato a “retribuire chi lavora”.
In generale abbiamo meno laureati di quella che dovrebbe essere la media dei Paesi Avanzati, eppure li trattiamo male, forse anche perchè li indirizziamo a caso. Non li costringiamo a fare un prestito per studiare, come accade spesso all’estero, tuttavia non riusciamo a garantire loro redditi decorosi (vedi Francia), anzi scappano dall’Italia non per spirito di cittadinanza europea ma per evidenti difficoltà di sopravvivenza.
Il mercato diventa pericoloso e contorce le regole di base se nessuno si accorge delle deviazioni patologiche.
Falsa Partita IVA significa sfruttamento, assenza di garanzie, distruzione dei diritti, distorsione dell’economia, professionalità solo apparente. Abbiamo attività lavorative, inquadrate o meno in un sistema Ordinistico, nelle quali il problema pare non suscitare sgomento.
Un tempo lo studio, la laurea e la formazione post-universitaria erano delle reali garanzie, mentre da noi -oggi- pare scomparsa la connessione al mondo del lavoro. Questo è un costo per tutti, perché il sistema universitario si regge grazie all’economia nazionale. Lo sfruttamento non aiuta nessun italiano, né direttamente né indirettamente.
Speriamo che le False partite IVA trovino una piccola attenzione da parte delle Istituzioni. Un augurio, non una certezza.
Angelo Troi – Segretario SIVeLP